Pausa di riflessione quanto mai conveniente (per tutti), dopo il duro richiamo dell’UE di cui avevamo dato conto (nel silenzio generale) qualche giorno fa su queste pagine.
Il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha infatti discusso e definito (nella sua riunione del 6 agosto scorso) i criteri generali per la fissazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri. Tali criteri, spiega Agcom in una nota, "sono stati individuati a conclusione di un lungo e accurato lavoro istruttorio, sulla base di una proposta del relatore Francesco Posteraro, che ha tra l’altro tenuto nel massimo conto – in applicazione del dovere di leale cooperazione di cui all’articolo 4(3) del Trattato sull’Unione Europea – le osservazioni formulate nei giorni scorsi dalla Commissione europea". In realtà, come si può leggere dalla nota della Commissione Europea che abbiamo pubblicato quasi in forma solitaria, più che di osservazioni sarebbe opportuno parlare di veri e propri richiami all’ordine. Infatti, le tariffe per l’utilizzazione dei canali per la radiodiffusione televisiva terrestre fissate da Agcom, secondo la Commissione, avrebbero favorito gli operatori nazionali esistenti (che avrebbero pagato meno di oggi per lo svolgimento della loro attività) penalizzando pesantemente i network provider locali e i cd. "nuovi entranti" (che difficilmente sarebbero riusciti a stare sul mercato). Nel merito, la Commissione Europea, temendo un consolidamento del duopolio in pendenza della chiusura della procedura d’infrazione avviata a seguito del caso Europa 7, il 18 luglio 2014 aveva inviato ad Agcom e al Ministero dello Sviluppo Economico una nota dal tono inequivocabile sia su tale argomento (con particolare riferimento all’assegnazione di uno dei tre lotti del dividendo digitale interno all’unico richiedente, il gruppo Cairo) che, appunto, sulla vicenda "canoni" (qui il testo integrale). Raccogliendo le doglianze degli operatori di rete locali, Bruxelles aveva, senza mezzi termini, bacchettato nuovamente le autorità italiane, che, scrivevamo, avrebbero dovuto prendere atto delle vincolanti indicazioni comunitarie (impartite sulla base del principio di "leale cooperazione" che vincola gli stati membri dell’UE) disponendo gli adeguamenti alle indicazioni sovranazionali, pena l’apertura di nuove procedure per la verifica di eventuali infrazioni al diritto europeo. L’Autorità ha quindi deciso, opportunamente, "di non procedere per il momento all’approvazione della delibera, alla luce dell’intendimento del Governo, comunicato dal Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico, di adottare modifiche al vigente assetto legislativo della materia nel prossimo mese di settembre". La decisione dell’Autorità, tiene a precisare l’ente, "è stata assunta nello spirito di leale collaborazione che caratterizza, nel rispetto della reciproca indipendenza, i rapporti con gli Organi costituzionali". (M.L. per NL)