Si discute in queste settimane dell’annosa questione del pagamento del canone RAI, la contrastata tassa di possesso, sistematicamente evasa con mille artifizi.
Eppure, senza sfruttare la bolletta dell’energia elettrica, il modo di poter risolvere tutto ciò ci sarebbe stato: ritornare a qualche decennio fa. Allora esisteva l’obbligo per i rivenditori di apparecchi radiotelevisivi di registrare su apposito registro i nominativi degli acquirenti di tali apparecchi; documento sempre a disposizione per un controllo da parte degli organi preposti (addirittura occorreva un’apposita autorizzazione, rilasciata dai Direttori dei Circoli delle Costruzioni del Ministero PP.TT. ai tecnici riparatori di apparecchi radiotelevisivi, a conferma che quanto presente in laboratorio non era di loro proprietà). Adesso sarebbe ancora più semplice, posto che non occorrerebbe alcun registro: basterebbe una semplice comunicazione, in via telematica e gestita dai sistemi automatici di fatturazione, all’Agenzia delle Entrate, o all’URAR, dove tenere il database e poter effettuare controlli incrociati su chi ha acquistato un televisore (o comunque un apparecchio atto a ricevere programmi televisivi) e chi ha pagato la tassa di possesso. D’altra parte, quando si acquista un autoveicolo vengono richieste le generalità dell’acquirente e se non si paga la tassa di circolazione arriva subito il sollecito da parte dell’ufficio controllore: quando c’è un passaggio di proprietà oppure un’alienazione del mezzo, il pagamento viene trasferito ad altro soggetto oppure viene interrotto in quanto il mezzo è da considerarsi non più in circolazione. Tutto comunque viene registrato. Perché allora non farlo anche per tutti gli apparecchi di cui sopra? Acquistando un televisore, le generalità del compratore (codice fiscale) confluirebbero in quel database e dalle fatture di acquisto dei rivenditori, dedotta la giacenza di magazzino, si potrebbe facilmente controllare quanti televisori sono stati venduti e se tutti i nominativi sono stati inviati nell’elenco sopra accennato. Controlli che potrebbero essere effettuati sia dalla G.d.F che dai funzionari tecnici degli Ispettorati Territoriali del MiSE (tra l’altro uno dei miei compiti era – in qualità di Responsabile della Sorveglianza del Mercato in materia di marchio CE – la verifica della conformità degli apparecchi radio alla normativa europea, ndr). Poichè ogni apparecchio radiotelevisivo viene identificato con un numero di matricola, non vedremmo più televisori abbandonati nei pressi dei cassonetti dell’immondizia, in quanto dal numero di matricola si potrebbe risalire facilmente al negoziante o al titolare dell’apparecchio. Tutto questo comporterebbe del tempo, ma sarebbe un buon inizio. D’altra parte, l’addebito sulla bolletta Enel, oltre ad essere alquanto difficoltoso in quanto il libero mercato dell’energia elettrica comporterà non pochi problemi organizzativi, sarà sicuramente oggetto di ricorsi alla giustizia amministrativa. Peraltro, abbiamo perso una grandissima occasione, costituita dal passaggio al digitale terrestre. Durante quel periodo transitorio tutti sono stati obbligati a cambiare il televisore, oppure a dotarsi di apposito decoder. Sarebbe bastato disporre l’invio dei nominativi degli acquirenti agli uffici preposti e il problema sarebbe stato risolto. (Claudio Di Colo – già funzionario con incarichi dirigenziali del Ministero delle Comunicazioni – per NL)
P.s. Questa proposta l’avevo già suggerita agli organi superiori, senza averne mai avuto una risposta: sarei stato felicissimo di aver ottenuto anche un riscontro negativo. Ma niente, nemmeno quello…