Tv. Al Jazeera, maxi-taglio personale: a casa 500 dipendenti

Al Jazeera dovrà rinunciare a 500 dipendenti, l’11% di tutto l’organico della tv qatariota: i tagli del personale andranno a colpire in prevalenza il quartier generale di Doha, più che i 70 uffici di corrispondenza distribuiti in giro per il mondo.

Secondo la nota ufficiale, l’annuncio rientra nel macro-piano di riorganizzazione che “punta a migliorare il nostro business e di conseguenza mantenere una posizione di leadership”. I motivi del ridimensionamento andrebbero ricercati nel “cambiamento del panorama globale dell’industria dei media”, a dire delle fonti ufficiali del Qatar. Spiegazione che non desta grande sorpresa se consideriamo che anche altri titani dell’informazione come The Guardian e Bbc si stanno attivando per fare un po’ di economia. Ma è già preannunciato che a fine aprile anche Al Jazeera America chiuderà i battenti con un taglio di 700 posti di lavoro e a fronte di un investimento complessivo di oltre 2 mld di dollari (pari a oltre 1,8 mld di euro). Secondo quanto riporta il Pew research center (Centro di ricerca Pew statunitense), il fatturato di Al Jazeera America non è riuscito a superare i 100 mln di dollari (quasi 84,5 mln di euro), mandando in frantumi l’obiettivo dei medio-orientali di accantonare la terribile forza icastica di Osama Bin Laden dagli occhi degli Americani. Esiste però un altro network arabo (sempre collegato alla famiglia araba del Qatar) che non solo non è in procinto di chiudere, ma che anzi ha mire espansionistiche e, a gennaio 2015, si è allargato alla tv creando un canale ad hoc, in aggiunta al sito web e a un quotidiano già esistenti: si tratta di Araby al Jadeed, nato nel 2014. Quindi, alle radici del programma di contenimento costi previsto da Al Jazeera non c’è solo il precario stato di salute dell’informazione internazionale quanto piuttosto le difficoltà specifiche dell’Emirato e l’evoluzione dei suoi interessi transnazionali. Le difficoltà si traducono, per fare un esempio, nella caduta del prezzo del petrolio (come sottolineato da più analisti), visto che lo stesso stato qatariota ha dichiarato un deficit 2015 di quasi 98 mld di dollari (87,4 mld di euro), peraltro dopo aver già tagliato le spese ministeriali. Gli interessi internazionali del Qatar che mutano, invece, sono collegati tra l’altro al nuovo corso imposto dal giovane emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani che i media descrivono come meno incline a concedere libertà di stampa. In aggiunta il Qatar costituisce un solido alleato dell’Arabia Saudita dove, anche lì, è stato designato il successore dell’attuale re Salman bin Abd al-Aziz al Saud: si attendono pertanto novità ai vertici del potere e, in generale, la politica internazionale non segue sempre le linee contemplate dallo storico partner americano. Adesso non resta che vedere quanto il network di Al Jazeera sia ancora funzionale agli scopi del Qatar in una regione dagli assetti velocemente variabili. Per l’Emirato, comunque, si prospettano anche buone notizie che attendono al business dei media: il gruppo Vivendi di Vincent Bolloré è pronto a versare sul piatto ben 1,5 mld di euro distribuiti nel quinquennio, pur di assicurare al suo Canal+ l’esclusiva di BeIn Sports (che in Francia trasmette il campionato di calcio transalpino, il basket Usa e il torneo di Wimbledon). Potrebbe essere l’estremo tentativo di Bolloré (impegnato in Italia sui dossier Telecom e Mediaset) di accaparrarsi nuovi abbonati per la sua pay tv. Alla qatariota BeIn resterà la possibilità di agganciare in maniera autonoma nuovi sottoscrittori, allo stesso prezzo di sempre (14 euro al mese); in caso di abbonamento congiunto Canal+/BeIn, invece, i ricavi verranno ripartiti tra le due emittenti. (S.F. per NL)

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