Un colpo al cerchio e uno alla botte per la tv del d.g. Luigi Gubitosi: canone e spot le permettono di ingrossare le tasche e di mantenersi su una posizione lontana anni luce dalla maggior parte delle altre emittenti pubbliche europee, anche se potrebbero esserci cambiamenti in vista.
In Europa le tv di stato hanno fatto “testa o croce” e rinunciato alle tasse o alla pubblicità (solo per citare alcuni esempi, in Gran Bretagna, Francia e Germania gli introiti delle televisioni statali derivano dal pagamento di un canone annuo, Olanda e Portogallo hanno invece abolito la tassazione e vivono di sola pubblicità). E’ evidente però che lo stesso non si possa dire per la società presieduta da Anna Maria Tarantola. “Tra le emittenti pubbliche dei principali paesi europei, Rai è quella che dipende maggiormente dalla risorsa pubblicitaria, anche se, a causa soprattutto della grave crisi economica, negli ultimi due anni vi è stata una significativa riduzione degli introiti (più del 20% dal 2011 al 2012)” sottolineano gli autori della ricerca “Il servizio pubblico. pluralismo, democrazia e media”, curato da Focus in Media, Osservatorio della Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con Centre for Media and Communication Studies dell’Università Luiss, che ha confrontato ben 28 differenti servizi pubblici tv europei. Ma al momento in Italia né gli spot né il canone sembrano essere a rischio di estinzione: come ricorderanno i lettori, negli scorsi mesi si era soltanto accennato ad un recupero forzoso che passasse attraverso la riduzione dell’evasione fiscale della tassa tanto odiata, nonché della possibilità – subito smentita – di legare il canone alla bolletta dell’energia elettrica (nessun tentativo dunque di adeguarsi o perlomeno avvicinarsi ai modelli delle emittenti europee). La doppietta canone-spot pare non essere la sola anomalia rilevata dalla ricerca curata da Focus in Media: è stata infatti marcata la presenza della forte governance, in cui la società civile non viene minimamente rappresentata, a favore soltanto di una pesante presenza del mondo politico. “La tv pubblica italiana è la tv dei partiti e dà poco spazio ai cittadini, la cui rappresentanza si ferma al livello degli Organi di Consultazione (come il Consiglio degli Utenti). Nel resto dell’Europa, in molti paesi, emerge il ruolo significativo delle parti sociali che possono influenzare sia le nomine dei vertici aziendali, sia controllarne l’operato” riporta la ricerca. “La Rai non è di Renzi, non è del governo e neppure della Rai stessa: la Rai è dei cittadini”: e allora che fare? Una pioggia di proposte on line, ipotesi, idee, riflessioni volte a capire come ridefinire la governance e riformare la tv di stato che potrebbero passare da un “grande referendum”, come dichiarato dall’annuncio del Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, riportato ieri dal quotidiano Il Messaggero: “Sul futuro della Rai dobbiamo aprire una grande consultazione in tutto il Paese. Stiamo lavorando per trovare la formula più adatta per consentire la più ampia partecipazione. Un confronto che deve avvenire – scrive ancora il quotidiano – al di fuori dei soliti convegni paludati e inconcludenti, fuori dal recinto dei partiti e della politica, oltre gli specialismi e gli interessi corporativi degli addetti ai lavori". In più, è ritenuto anacronistico, prosegue il Messaggero, mantenere all’epoca di internet “tre canali generalisti più una quantità assurda di canali di nicchia”. La riforma a cui pensa Giacomelli, a due anni dal rinnovo della convenzione Stato-Rai che scade a maggio 2016 e non sarà più di vent’anni ma di dieci (questa sembra finora l’unica cosa certa), si ispira al modello della Bbc: la tv britannica, ricordiamo ai nostri lettori, è slegata dal controllo dei partiti, ha un canone più caro rispetto a quello italiano, ma pagato da – quasi – tutti. Inoltre sta studiando la possibilità di spedire online una delle sue reti per risparmiare 100 milioni di sterline l’anno. Se è vero che in cima al programma del nuovo governo Renzi ci sono idee e progetti per la revisione del canone e il ripensamento della struttura organizzativa dell’emittente statale, c’è da giurare che per gli italiani la proposta più gettonata sarà una sola: l’abolizione totale dell’imposta. (V.R. per NL)