I 5 secondi più importanti per la sopravvivenza di uno spot secondo la logica dello skip intro di YouTube.
L’era della TV 4.0 è già attuale e i vari protagonisti cercano di capire cosa questo comporterà, da un lato, nell’offerta televisiva e dall’altro per quanto riguarda gli adattamenti (enormi) che dovrà fare il mondo dell’advertising, soprattutto verso la riduzione della durata dei comunicati appunto nella logica skip.
Le nuove opportunità e le diverse modalità offerte dal Web, destabilizzano ancora di più il quadro generale.
I modelli e gli schemi utilizzati che fino a ora sono stati, per buona parte, piuttosto grossolani, risulteranno preistorici.
Ne parliamo con Felice Tommaso Di Salvo, esperto di strategie e tecniche di comunicazioni con esperienze professionali significative in Mediaset, RAI, Telecom Italia e Moove.
“E’ stato lasciato molto spazio e responsabilità alla creatività senza supportarla più di tanto con le moltissime altre implicazioni che fanno il successo di una campagna (ma anche di un programma)”, spiega Di Salvo.
“Giusto per fare un esempio basico – continua il comunicatore – uno degli approcci più consolidati nell’ambito delle analisi fatte da aziende ed agenzie, è stato quello di affidarsi a test preliminari, quasi sempre basati su story-board o rubamatic. Il tutto come se poi, durante lo shooting, non potessero intervenire fatti e situazioni talmente importanti, da vanificare la ricerca fatta “a monte”: quale storyboard può considerare, per es. gli aspetti non verbali degli attori durante le riprese? Poi ci sono i post-test, ma a cose fatte gli interventi sono praticamente impossibili e poco utili anche per le campagne che seguiranno. Ecco che ogni volta i risultati sono arrivati come un’incognita a volte piacevole, altre molto deludente. E’ vero che forse non esiste lo spot perfetto, ma certamente non dovrebbero nemmeno esisterne, come ancora troppi se ne vedono, fatti piuttosto male e con troppa approssimazione. Per contro, pochissimi altri, riescono ad essere talmente accattivanti da creare un effetto di attesa proprio di “quello spot”, anche se non sempre con una adeguata memorizzazione del prodotto pubblicizzato. Un caso per tutti: il famoso “Buonaseraaaaa!”. Tutti lo ricordavano e il “tormentone” era entrato nel linguaggio comune…. ma quasi nessuno sapeva che il prodotto fosse la Fiat Punto”, osserva Di Salvo.
Su tali temi, senza la pretesa di esaurire l’argomento, forniamo alcuni spunti di riflessione.
Il primo riguarda necessariamente la modalità stessa di utilizzazione del medium.
La TV ha caratteristiche di fruizione che potremmo definire “orizzontali” (quelle del web sono invece “verticali”, come tratteremo in un prossimo articolo).
L’utente ha davanti a sé una panoramica di proposte fra cui scegliere. Anche una volta fatta la scelta, all’arrivo dello spazio pubblicitario, può facilmente cambiare canale e vedere “cos’altro c’è”. Questo fenomeno non avviene, o è molto più attenuato, per esempio sul Web (ancorché mutuato dalla skip philosophy) e anche sulla radio.
“La durata dell’interruzione, di molti minuti, consente allo spettatore questa possibilità. A poco è servita l’escamotage di sincronizzare le interruzioni su tutti i canali della stessa emittente. L’offerta è ormai così ampia che, di fatto, si trova sempre il modo di bypassare “l’ostacolo” e sbirciare altrove. Guardando qualunque grafico degli ascolti “minuto per minuto”, il crollo quasi verticale sui “neri” non è cambiato di molto rispetto al passato.
“Per ridurre questo uso “selvaggio“ del telecomando si hanno diverse opportunità di scelta per tenere “agganciato” lo spettatore. Molte si decidono nei primi 5 secondi (non a caso la durata dello skip intro di YouTube, ndr)”, puntualizza Di Salvo.
La scelta dei comunicati (fino a ora accorpati in maniera più quantitativa che qualitativa) secondo una sequenza omogenea e congruente fra un comunicato e il seguente, ha più possibilità di essere seguita. Meglio poi se essa saprà definire una linea di qualche continuità con la situazione del programma-contenitore: per argomento, per trama, per personaggi, per ambientazione, per storia narrata, per stimoli uditivi o visivi, per toni, per ritmo, etc. Il criterio ideale sarà, in questo senso e generalmente, di “passaggio morbido” e meno percepibile possibile almeno nei primi secondi, per sfruttare i limiti di skip.
Non sono però esclusi espedienti per creare effetti particolari e stati d’animo diversi: stupore, paura, commozione, etc., che devono però essere immediatamente sollecitati e percepiti dallo spettatore, con tutte le difficoltà del caso. In questo senso, per esempio, immagini di contenuto voyeuristico- sessuale certamente avranno più possibilità di “agganciare” molti spettatori ma i rischi connessi saranno alti e altri.
La congruenza deve essere quindi “anche” col contenitore: una interruzione di “9 settimane e mezzo” con una pubblicità di una carne in scatola crea immediatamente uno scostamento pericoloso. Se si pensa però a un altro prodotto, sempre alimentare, come il miele, si intuisce che già cambia tutto.
L’orario e le oscillazioni crono-biologiche dello spettatore andranno tenute in maggior conto (vale anche per i programmi televisivi indipendentemente dalle pubblicità).
“Nell’immediato dopo pranzo, per esempio, un eccesso di movimento di immagini o un balletto troppo impegnativo, o la visione di eccessivi sforzi fisici (fatto salvo forse lo sport e pochissimo altro), possono avere effetti negativi sugli ascolti e sulle vendite stesse dei prodotti pubblicizzati – spiega Di Salvo – La questione è dimostrata anche volendola vedere al contrario: i programmi che trattano di cucina (fatti salvi quelli, come per es. Masterchef, in cui la cucina è solo una scusa per fare leva su altri meccanismi) sono spesso in onda nelle ore intorno a quella di pranzo. Dovrebbe essere consequenziale che nelle stesse ore, prodotti medicinali che abbiano a che fare con diarrea, flatulenza, alito cattivo e disturbi intestinali vari, non siano collocati nel momento più adatto. Pensate se, sempre alla stessa ora, in un film si vedessero scene di qualcuno che vomita: il meccanismo non è molto dissimile”.
Il momento di una interruzione ha un peso significativo, del quale non si è mai tenuto conto. Per es.: prodotti a caratteristiche “tensive” (per capirci subito: la pubblicità di un preservativo) non andrà bene se inserita in un momento di de-tensione del programma, per esempio dopo la soluzione di un quiz o dopo l’arresto del colpevole in un giallo. Il problema riguarda anche lo spot al suo interno rispetto al momento in cui il Brand appare
o viene nominato. Stesse considerazioni valgono per per prodotti con caratteristiche diverse: narcisistiche, edonistiche, salutistiche, etc. e il loro rapporto col momento dell’interruzione pubblicitaria.
E questi sono solo pochi cenni sul rapporto fra il messaggio, il contenitore, il contesto e l’orario nel quale il comunicato viene proposto. Poi ci sono tutti gli altri ambiti coinvolti nella nuova realtà televisiva 4.0, come quello, enorme, della struttura stessa degli spot, della situazione narrata, dei testimonial utilizzati e delle loro caratteristiche, delle interazioni fra di loro e con lo spettatore, del quale andranno indagati meglio i bisogni palesi, latenti e profondi, etc. etc.
Appare già ben chiaro che una interattività sempre più spinta, richiederà adattamenti importanti di tutta la “filiera”. Si dovranno introdurre nuovi criteri, rapporti, investimenti, soluzioni, e anche a modalità di tariffazione degli spazi, totalmente diversi da quelli adottati fino a ora.
In mancanza di questa consapevolezza è probabile che il conto maggiore lo pagherà, come già sta succedendo, proprio il mondo della TV a tutto vantaggio di altri media (il web skip oriented, per essere chiari).
“Bisognerà probabilmente pensare a produzioni modulari con incipit, sviluppi e finali differenziati e ricomponibili secondo esigenze diventate più specifiche e forse verso format molto più brevi (e per questo più complessi da pensare efficacemente), forse su spazi dedicati e meno affollati all’interno del programma, magari in situazioni di interscambio con altri utenti, o ancora, a espedienti grafici particolari ma che richiederanno però competenze molto specifiche“, osserva l’esperto di strategie e tecniche di comunicazioni. Saranno argomenti che affronteremo nei prossimi articoli. (E.G. per NL)