“Anche Netflix ti sta guardando”, titola il New York Magazine, con un lungo articolo che mette a nudo il gigante dell’intrattenimento (la Grande N), i suoi manager e la piattaforma con cui tutti i broadcaster prima o poi avranno a che fare.
Nell’articolo si racconta con minuzia di particolari di una riunione, tenuta a metà maggio, in cui si sono decisi i destini di tre serie Netflix, il superplayer della IP tv inneggiato dal ministro dello Sviluppo Economico con delega alle comunicazioni Luigi Di Maio con un annuncio che ha fatto fare un tonfo in Borsa a Mediaset.
Prima di addentrarci nel tema, è bene precisare che la discussione tra i manager fa largo uso della gergalità interna al player dello streaming on demand. Per esempio riferirsi a “quanta benzina c’è nel serbatoio” significa discutere delle performance di un serie, considerando vari KPI (indicatori chiave di performance). Per esempio, un KPI importante è stabilire se nei diversi territori una serie è underperforming o overperforming, mentre un altro, molto importante, è la “completion”, ovvero la velocità di completamento di una serie da parte dell’audience. Più c’è binge watching, più la serie è evidentemente gradita.
Gergalità e KPI nella Grande N sono totalmente diversi dai broadcaster, che di solito ha un solo territorio da considerare, mentre per la completion il broadcaster non sa manco cos’è.
Utilizzando questi parametri a supporto delle sue decisioni, Cindy Holland, VP dell’Original Content ha appena deciso di rinnovare la seconda stagione di “Lost in Space”, nonostante la tiepida accoglienza della critica, e la terza stagione di “Santa Clarita Diet”, soprattutto grazie alle ottime performance in Asia.
Discusso e luce verde anche all’arrivo di un nuovo progetto, “Away” , che narra di un gruppo di astronauti nel primo viaggio verso Marte, una serie nello spazio, ma con contorno di storia d’amore interplanetaria per interessare anche il pubblico femminile, notoriamente freddo verso la Sci-Fi.
Assistiamo al rovesciamento da parte della Grande N del vecchio modello di business televisivo; fatto reso ancor più stupefacente dalla circostanza che lo sconvolgimento è iniziato solo sette anni fa, a riprova che la dinamica principale del mondo digitale è la velocità.
Sette anni fa segnano il momento in cui una compagnia della Silicon Valley, conosciuta solo negli USA per l’invio di DVD a noleggio in piccole buste rosse, supera AMC e HBO per i diritti di un dramma del regista David Fincher, un remake della serie britannica House of Cards.
Nel 2011 nasceva per il mondo media tradizionale un grosso problema, sia per il denaro che Netflix stava spendendo ($ 100 milioni per solo due stagioni), sia perché era il primo indizio delle ambizioni della piattaforma di streaming di evolvere ben oltre un magazzino digitale la cui proprietà intellettuale era di altri conglomerati.
House of Cards trasmetterà la sua ultima stagione questo autunno, in un momento in cui Netflix produce più televisione di qualsiasi altro network nella storia, con un budget per il 2018 di $ 8 miliardi per la produzione di original content.
La TV ha attraversato importanti trasformazioni nel passato; un esempio degli anni ’80 è stato il cavo e la Fox di Rupert Murdoch, che hanno rovesciato l’egemonia delle Big Three (ABC, CBS, NBC).
Tuttavia il salto del superplayer della Grande N supera di gran lunga tutti gli altri: Netflix non vuole essere un clone di HBO o FOX o NBC in streaming; sta letteralmente cambiando il modo in cui guardiamo la televisione.
Se sia possibile farlo dando profitto agli azionisti è un’altra questione, dati gli oltre 6 miliardi di dollari di debiti accumulati durante la sua espansione. Ma Wall Street sembra ottimista: nelle ultime settimane, la capitalizzazione complessiva di Netflix è cresciuta all’incredibile valore di oltre 177 miliardi di dollari, superando la Disney di 20 miliardi di $, per diventare la società media con più valore al mondo.
A riprova pubblichiamo i dati di capitalizzazione e il grafico, sempre in salita, del valore delle azioni Netflix nell’ultimo anno.
Ma la Grande N come è arrivata ad essere la prima società media al mondo per capitalizzazione?
Il CEO Reed Hastings e il tech entrepreneur Marc Randolph hanno lanciato Netflix nel 1997, distribuendo il per posta i DVD. I due avevano il gusto dell’innovazione e iniziarono innovando pesantemente il business model del noleggio DVD introducendo il modello di abbonamento all-you-can-watch nel 1999. Fu un successo immediato. E non dimentichiamo che con l’innovazione Netflix ha saputo sopravvivere al gigante di allora, Blockbuster (piccola digressione: con le poste che abbiamo in Italia un servizio del genere qui non avrebbe mai potuto nascere).
La rivoluzione per il player IP arriva però con la fornitura di contenuti in streaming nel 2007.
Ma è stata l’entrata nel mercato della produzione dei contenuti con House of Cards il luogo dove la Grande N ha sconvolto così tante norme del business televisivo:
1- Netflix non spreca milioni di $ facendo episodi pilota di spettacoli che non andranno mai in onda, come era d’uso nei network. Quasi tutti i progetti acquistati vengono acquistati con l’intenzione di andare direttamente alle serie;
2- N ha ancora innovato applicando l’idea di binge-releasing – rilasciando alla fruizione del pubblico intere stagioni tutte in una volta, sconvolgendo per sempre la storica abitudine della TV, fin dai tempi di “I love Lucy”, di distribuire gli episodi con cadenza settimanale;
3- Invece di cedere il suo contenuto a partner di distribuzione internazionali, N ha eliminato gli intermediari globali e messo filiali di vendite e acquisti diretti in giro per il mondo, aumentando flessibilità e velocità di uscita, fino al release sincrono in tutto il mondo.
4- La forte disponibilità di capitale ed il supporto degli azionisti hanno permesso a Netflix di distribuire stipendi che valevano, in alcuni casi, più di $ 20 milioni per una costellazione di star dello stand-up comedy (Chris Rock, Dave Chappelle, Ellen DeGeneres). Hanno firmato per la Grande N anche la prossima generazione di conduttori di talk show (Michelle Wolf, Hasan Minhaj), e contemporaneamente ha dato una nuova casa
ai più grandi (David Letterman, Norm Macdonald). Last but not least, il mese scorso N ha annunciato un accordo con Barack e Michelle Obama per realizzare programmi TV.
5- Forse il più importante, e secondo la mia opinione questa è la chiave del valore in Borsa, Netflix ha sostituito i dati demografici con quelli che definisce “taste cluster”, prendendo le decisioni di programmazione elaborando con algoritmi proprietari, immense quantità di big data relativi alle vere abitudini di visualizzazione dei singoli abbonati. In questo modo ha scoperto modi per raggruppare abbastanza spettatori di nicchia per fare buoni affari anche nei piccoli mercati. Goodbye Auditel!
“Come gestiamo Netflix? Questo è il primo argomento in tutte le riunioni del Network” si confida al NY Magazine un dirigente di lunga data dell’industria televisiva. “‘Come possiamo competere con Netflix? Cosa stanno facendo?“, sono le domande che risuonano in ogni riunione che conta nelle grandi media company.
L’acquisto da parte della Disney di gran parte degli asset cinematografici e televisivi della 20th Century Fox,- che ha provocato una rabbiosa reazione e controfferta di Comcast, società madre di NBC Universal, secondo gli analisti è in gran parte una reazione al sorpasso di Netflix.
Robert Iger, CEO della Disney, vuole che gli asset della 20th Century Fox siano portati in dote al lancio del servizio di streaming diretto di Disney il prossimo anno, in diretta competizione con Netflix.
In ugual modo la fusione proposta di AT&T e Time Warner è concepita nello stesso modo: aiutare la prima a competere con Netflix.
Movimenti sismici, di una magnitudine impensabile per i mercati europei, sono stati generati da quella scelta, 7 anni fa, di acquisire i diritti di una misconosciuta serie inglese. Nelle prossime settimane andremo ancora più addentro alle stanze del mondo del player della IP Tv. (P.I. per NL)