di Tommaso Tessarolo
Roma – Siamo un paese di pettegoli della televisione. Ne parliamo tanto, spesso e quasi sempre con discorsi paragonabili alle chiacchiere di condominio. Qualsiasi argomento si tratti dai dati di ascolto, alle star tv, alle grandi acquisizioni finiamo immancabilmente per ragionare in un ottica da paesino, concentrandoci solo sulle beghe locali nella inconsapevole e radicata convinzione che tutto il mondo finisca dove terminano i confini del nostro amato stivale.
Il provincialismo della critica italiana riguardo a moltissimi temi strategici come lo sviluppo della televisione sta diventando un problema enorme. Sembriamo incapaci di dare un respiro più ampio ai nostri ragionamenti rimanendo ciechi, e facendo rimanere inconsapevole l’opinione pubblica, su quello che sta realmente accadendo. La stragrande maggioranza delle critiche che ho avuto modo di leggere in questi giorni riguardo l’acquisizione di Endemol da parte di Mediaset rientra a pieno in questa definizione. L’unica preoccupazione emersa è che anche RAI usa format di Endemol, quindi Mediaset ha il potere di controllare il futuro di molti programmi che decretano il successo di RAI in fasce importanti del palinsesto. Fine del ragionamento. Polemiche, dibattiti, accuse etc. Questo l’unico tema trattato, quasi da tutti.
Paragoni del tipo: è come se ci fossero due ristoranti nella piazza di un paese ed uno comprasse il fornitore di viveri del suo concorrente. Questo il livello. Ma lo vogliamo capire che la televisione è diventato un affare globale? Ce ne vogliamo rendere conto? I format ormai da anni attraversano i continenti, i diritti si stanno liquefacendo, la distribuzione sta travalicando le reti di broadcasting classico. Sta cambiando tutto, e ad un ritmo impressionante.
Tutta la televisione viene da almeno 15 anni di progressiva perdita di creatività. Soprattutto qui in Italia. Il modello vincente, che sembrava eterno, è stato quello dei packager. Aggregatori di contenuti comprati altrove. Eventi sportivi, telefilm, film, giochi, reality. Tutti pezzi di televisione costruiti altrove e “semplicemente” acquistati, impacchettati e distribuiti. Attenzione, non che questo non sia importante: saper scegliere, aggregare e quindi distribuire in un bouquet unico un’offerta vincente è un merito enorme. Ed è forse l’unico modo ancora esistente per offrire contenuti di qualità alle masse. Ma tutto ciò sta velocemente cambiando.
Se quando ci si siederà di nuovo intorno ad un tavolo a discutere l’acquisizione dei diritti, arrivasse qualcun altro con più risorse, si perderebbe in un sol istante tutta la forza acquisita. Pensiamo a FOX che con l’insieme dei suoi canali nell’offerta SKY fa uno share non distante di quello di La7. Cosa è FOX prevalentemente oggi? È un packager, ovvero propone una serie di contenuti per i quali ha acquistato i diritti di distribuzione satellitare in Italia. FOX ha messo insieme un’offerta strepitosa, che contribuisce significativamente al traino della piattaforma SKY. Ma FOX è perfettamente consapevole che la politica del puro packaging non può essere il solo centro delle strategie future. Cosa succederebbe infatti quando dovesse arrivare in Italia un player come iTunes capace di offrire puntate di LOST, 24, Heros, House, Friends a 99 centesimi, il giorno dopo la messa in onda? O ancora qualsiasi altro attore in grado di fornire un abbonamento per la visione “in affitto” degli stessi contenuti ad una frazione del prezzo? Accadrebbe probabilmente quello che già si sta misurando in mercati come quello statunitense e quello inglese: la gente, fatti due conti, comincerebbe a scegliere queste nuove forme di distribuzione, più economiche ma anche incredibilmente più comode perché non più legate al palinsesto. Poter vedere quello che si vuole, quando si vuole ad una frazione del costo è sicuramente un mix di fattori motivanti che non lascerebbe alcun dubbio.
È solo necessario rendere questo tipo di offerta semplice da fruire come lo è oggi la televisione, ma questa è solo una questione di tempo. Neanche l’arretratezza italica nella penetrazione della banda larga sarebbe più di tanto un problema perché i contenuti verrebbero scaricati con tutta calma durante tutto il giorno, pronti per essere visti quando serve. In sostanza, basare le proprie politiche editoriali solo sul packaging è già oggi per un broadcaster troppo rischioso. E allora FOX Italia cosa ha fatto? Ha comprato Wilder, una splendida realtà italiana che produce format di successo per diversi attori, RAI compresa. Con Wilder, e non solo, FOX ha cambiato rotta, ha ricominciato pesantemente a produrre contenuti originali, qui in Italia. Un esempio su tutti è Boris, serie TV sulla TV, che sta avendo uno straordinario successo. Fare contenuti è diventato centrale per un broadcaster. Solo chi ha suoi propri contenuti non ha nessun timore e potrà giocarsi appieno la strategia distributiva cosiddetta “3 screen” che dominerà la scena negli anni a venire. Televisione, Mobile e PC, diventano, per chi possiede i contenuti, le 3 interfacce che gli utenti potranno indifferentemente usare per la “guardare la TV”.
Ma chi acquisisce la capacità di produzione lo fa per diventare abile ed arruolarsi in questo nuovo tipo di business, non per distruggerlo. Per intenderci, non c’è nessuna intenzione da parte di FOX di impedire che Wilder continui a produrre contenuti per la RAI, anzi. È proprio questo il senso: produrre contenuti originali, avere in mano la leva di gestione dell’asset più importante della nuova rivoluzione televisiva. RAI, SKY, Telefonini, Internet, Alta Definizione saranno solo canali, interfacce, modalità con cui valorizzare questa capacità. Se poi si è cosi bravi da saper fare contenuti che possano essere esportati anche all’estero, si riuscirà a completare il quadro.
Questo è esattamente il senso della strategia dietro l’acquisizione di Endemol da parte di Mediaset, con l’enorme vantaggio da parte di quest’ultima di aver incamerato una azienda che già produce format “3 Screen” e che è fortissima su scala internazionale. Vendere questi contenuti a diversi network, su diverse piattaforme, in varie modalità è esattamente l’obiettivo delle nuove Media Company (furono broadcaster). Non fare la guerra del paesino, dove una trattoria toglie il vino a quella di fronte. RAI non perderà nulla da Endemol dopo questa acquisizione. E se vogliamo fare un ragionamento serio, dovremmo semmai preoccuparci di cosa stia facendo RAI per riacquisire a pieno la sua grande capacità di generazione di contenuti originali.
Tommaso Tessarolo
Il blog di T.T.