Si potrebbe star qui a discutere per ore, forse giorni, della rivoluzione che i social network hanno portato all’interno della rete e delle vite dei milioni e milioni di utenti che li utilizzano. Il profilo dell’utente di questi laboratori di socializzazione digitale, però, è difficile da tracciare: giovani, certo; ma anche adulti, lavoratori, operai, manager d’azienda, anziani (in Italia può sembrar strano, ma è così). C’è chi li usa saltuariamente, chi ci dà un’occhiata ogni tanto per rintracciare qualche amico e chi, invece, ne abusa come una vera e propria droga e non riesce a staccarsene per molte ore al giorno. Il concetto alla base del social network è semplice: mettere in contatto persone lontane e vicine, conosciute e sconosciute, favorire la socializzazione e, quando quest’ultima non resta fine a se stessa (come spesso accade), far incontrare persone. Da questo punto di vista Facebook ha una marcia in più: un accordo tacito (che, però, non tutti rispettano) tra gli utenti indica loro di presentarsi col proprio nome e cognome, cosicché, pur non avendo nessun tipo di contatto, a qualcuno potrebbe venire in mente di andarsi a ricercare l’amico dell’asilo, il compagno delle elementari, delle medie o delle superiori, piuttosto che la ragazza conosciuta la sera precedente a cui ci si è dimenticati di chiedere il numero di telefono. Ed ecco che Facebook la trova. Sempre che anche lei sia un utente, eventualità peraltro verosimile.
Come tutti gli esperimenti di questo genere, anche il social network più diffuso del mondo è nato senza pretese espansionistiche, dal genio di qualche ragazzo, rinchiuso in qualche scantinato, negli Stati Uniti. Oggi conta 700 unità: 700 persone che lavorano per tenerlo in vita. Gli utenti nel mondo sono 125 milioni ed il suo valore di mercato, ad oggi, si aggira intorno ai 15 miliardi di dollari. Valore cresciuto anche in virtù dell’ingresso nell’azionariato da parte della Microsoft di Bill Gates, che detiene l’1,6% della società e si occupa prevalentemente di ricerche in rete ed annunci pubblicitari.
“Più che un investimento si è trattato di una partnership”, precisa l’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg (foto), intervenuto pochi giorni fa nel corso di una conferenza a San Francisco sul futuro di internet. Durante il suo discorso, Zuckerberg ha portato l’accento sulla diffusione epidemica che il social network da lui ideato sta avendo nel mondo (per lo meno nella parte del mondo che ha accesso alla rete). “La crescita è qualcosa di strategicamente importante per noi. Prendete la Francia, il nostro successo lì è stato formidabile”, ha detto, prima d’abbandonarsi alla scaramanzia: “Speriamo che tra qualche tempo, però, non scoppi la bolla finanziaria dei social network”. Per ora, tuttavia, questo tempo appare molto lontano.
Abbandonata la scaramanzia, infine, Zuckerberg, si è lasciato andare ad una confessione un po’ narcisistica: “Sono più felice del boom di popolarità che dei profitti ricavati”, ha detto. E a chi gli domandava quando Facebook avrebbe fatto il suo ingresso in Borsa, ha risposto: “Non mi sembra opportuno entrare in Borsa in questo momento. Ora punto a diffondere Facebook in tutto il mondo”. (Giuseppe Colucci per NL)