C’era una volta il calcio, in Italia. C’era una volta un calcio in cui le partite si giocavano tutte contemporaneamente, alla domenica pomeriggio. Alle 14.30 d’inverno e alle 16 in primavera, quando le temperature erano più miti ed il sole tramontava più tardi.
Il calcio non era fatto di immagini: c’erano gli stadi, le domeniche in festa e le famiglie, c’era l’adrenalina dei bambini che andavano a vedere per la prima volta cosa davvero rappresentava una partita di calcio: i colori, le maglie di lana, il pallone color cuoio, l’ironia paciosa che si respirava. C’era una volta anche chi il calcio lo raccontava, senza bisogno d’immagini, andando a far leva sulla fantasia di quanti, tantissimi, restavano due ore con le orecchie incollate alla radiolina, provando ad immaginarsi qualcosa di cui non conoscevano nulla ma che regalava loro emozioni a raffica. C’era “Tutto il calcio minuto per minuto”, con la sua musichetta inconfondibile, le sue voci calde e familiari, il suo tenere i tifosi col fiato sospeso non appena: “Scusa, ti chiedo la linea da…”. E c’è il calcio di oggi, il calcio delle immagini, il calcio della pay tv, delle partite distribuite in orari e giorni diversi per venire incontro alle esigenze televisive. Il calcio dei diritti tv, della ridondanza delle mille e una trasmissioni sportive, della riproposizione spasmodica e pletorica delle immagini, dei gol, delle interviste, delle zuffe e delle polemiche. Un calcio da divano e telecomando, dove gli stadi si svuotano di gente perbene e si riempiono di fanatici facinorosi e disinteressati, il cui obiettivo ultimo, per salvare le proprie vite dalla noia e la frustrazione, è quello di andare allo stadio a far baldoria, a farsi sentire, a compiacersi nel confondersi con la massa indistinta, tornando a casa magari senza neanche sapere il risultato della partita. In tutto questo calderone degenerato, sempre emozionante ma soggetto a logiche lontane anni luce da quelle del tifo genuino, uno spazio significativo lo occupa ancora quel piccolo pezzo di mondo fatto di fantasia e sobillazioni, di attesa e nostalgia che è “Tutto il calcio minuto e minuto”. Sono passati cinquant’anni, tutto è cambiato, ma oggi, 10 gennaio quelli di “Tutto il calcio…”, trasmissione simbolo di Radio1, ancora sorprendentemente seguitissima, faranno partire la loro inconfondibile musichetta e racconteranno il calcio, alla maniera del cacio che fu, ancora una volta. A farlo, per l’occasione, torneranno per un giorno vecchie voci che ne hanno fatto la storia, ad eccezione di chi la storia l’ha fatta ma purtroppo non c’è più, come Sandro Ciotti (foto in apertura). Ezio Luzzi, Enrico Ameri (foto a sinistra), Enzo Foglianese, Claudio Ferretti, Nicoletta Grifoni, parteciperanno alla festa di una trasmissione che, nel suo restare sempre fedele a se stessa, si è resa immortale. Cinquant’anni fa era il 10 gennaio 1960 e dall’idea di Guglielmo Moretti, allora capo della redazione sportiva di Radiorai, Sergio Zavoli, capo della redazione radiocronache, e Roberto Bortoluzzi, nacque la trasmissione. Inizialmente prevedeva solo la radiocronaca dei secondi tempi e toccò a Nicolò Carosio, storica voce sportiva del passaggio dal solo audio al video, gridare al primo gol. Era un Milan-Juventus e gli ospiti passarono in vantaggio con Stacchini. Dopo cinquant’anni siamo qui a celebrare un programma più in salute che mai, che non risente di nessun tipo di concorrenza sostanziale sul suo mercato, che ha già i diritti per i prossimi due anni e che probabilmente è l’unico del panorama sportivo nazionale che non ha bisogno di rinnovarsi per continuare saldamente ad avere un posto nel cuore degli italiani e nella loro dieta mediatica. “Le radiocronache a pagamento – ha detto ironicamente Riccardo Cucchi, prima voce di “Tutto il calcio…”, durante un incontro di celebrazione tenutosi in Viale Mazzini alla presenza dei presidenti della Lega Maurizio Beretta, della Federcalcio Giancarlo Abete e della Rai Paolo Garimberti, intervenuto in collegamento da Milano, più tutti i protagonisti di ieri e di oggi – non le hanno ancora inventate e spero che non accada mai”. Quindi il programma non ha nessun timore di scomparire, anche perché il pubblico continua a premiarlo. Certo, è un pubblico diverso, fatto prevalentemente di coloro che si trovano in viaggio, in macchina o fuori casa per circostanze fortuite. Ma vuoi mettere l’emozione ed il fiato sospeso nel momento in cui, quando meno te l’aspetti, prendono la linea dal campo della tua squadra del cuore, senti le urla del pubblico e il radiocronista annuncia che siete passati in vantaggio… (Giuseppe Colucci per NL)