Pioggia di giuste accuse e di prevedibili lacrime di coccodrillo nella giornata di ieri, dopo la puntata di sabato di “Che tempo che fa”, con ospite Marco Travaglio (foto). Dopo le eccessive dichiarazioni sulle presunte amicizie mafiose del Presidente del Senato, Renato Schifani, infatti, l’intero mondo politico si è rivoltato contro il giornalista, il conduttore della trasmissione, Fabio Fazio, e il direttore di rete, Paolo Ruffini.
Cori di critiche da ogni parte politica si sono scatenati, inducendo la Rai alle ennesime pubbliche scuse (dopo l’allucinante performance di quindici giorni fa di Santoro). Scuse che sono arrivate dal direttore generale Claudio Cappon, che ha opportunamente dato mandato a Fabio Fazio di leggere, durante la diretta di ieri sera, una lettera in cui sottolineava il disappunto a la totale dissociazione dell’azienda rispetto alle parole di Travaglio. Fazio, poi, dopo le accuse di essere un “megafono della calunnia”, si è scusato a sua volta, sostenendo di trovarsi in disappunto rispetto alle posizioni del presenzialista di “Annozero” e di “rispettare “la doppia libertà, quella di chi c’è e quella di chi non c’è”. Politici, esponenti Rai e telegiornali hanno fatto il resto. Il Tg1 della sera ha ospitato Schifani che ha smentito tutte le affermazioni di Travaglio (che, tra l’altro, si trovano anche nel suo ultimo libro, “Se li conosci li eviti”, scritto a quattro mani con Peter Gomez), chiudendo il cerchio. Passando alla politica, maggioranza e opposizione hanno fatto fronte comune nel difendere il Presidente del Senato da quello che, oramai, viene considerato un nemico comune. L’unica voce fuori dal coro, tanto per cambiare, è stato (ma va?) Antonio Di Pietro, che sul suo blog giustizialista ha pubblicato la pretesa “carta d’identità di Schifani”, contenuta nella pubblicazione di Travaglio (capirai…) e dalla quale sono state estrapolate le informazioni riportate a “Che tempo che fa” (e questa la dice lunga sul controllo delle fonti effettuato dalla trasmissione di Fazio…). “Chi racconta dei fatti non ha bisogno di contraddittorio – sottolinea l’ex ministro per le infrastrutture – altrimenti ogni qual volta scrive di una rapina deve ascoltare anche la versione del rapinatore”.