Ricordate i continui allarmi lanciati su queste pagine a riguardo degli aspetti critici degli emanandi bandi per i fornitori di servizi di media audiovisivi?
Ecco, quegli scenari si stanno verificando. E sono anche peggiori del previsto.
Come noto, il Mise ha pubblicato nei giorni scorsi un aggiornamento delle “Linee guida sui criteri e le modalità adottati per la formazione delle graduatorie dei fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA) operanti in ambito locale” – rese note il 22/07/2019 -, sottoponendolo a consultazione pubblica.
Tra le modifiche, quella dell’art. 6 è estremamente preoccupante
Nella sua nuova formulazione l’art. 6 recita: “Secondo quanto stabilito dal PNAF, la capacità trasmissiva necessaria per la trasmissione di un marchio è stimata in un bit rate di circa 2,5-3 Mbit/s per un programma in alta definizione (HD) e di circa 1 Mbit/s per un programma in definizione standard (SD)”.
Incapacità trasmissiva
Prima facie potrebbe sembrare un aggiornamento non particolarmente stravolgente. Analizzando più a fondo la questione se ne coglie però tutta la sua dirompenza.
Tagli di capacità
A parte la definizione rigida di tagli di capacità trasmissiva come “circa 1 Mbit per un programma SD” e “circa 2,5-3 Mbit/s per un programma HD” appare improbabile che un FSMA locale possa ambire a veicolare contenuti HD in senso pieno (quali tv lo fanno “veramente”?).
Trust
Esiste pertanto il rischio che tale opportunità sia strumentalizzata per limitare l’accesso alla concorrenza da parte di soggetti dotati di maggiori risorse economiche che si posizioneranno meglio nelle graduatorie. I quali potrebbero chiedere ciascuno fino a 3 Mbit/s conducendo immediatamente all’esaurimento della capacità disponibile.
Mpeg4 per pochi e HEVC per nessuno
D’altro canto, è evidente che tale opportunità sarà perlopiù sfruttata dai più non già per trasmettere in HD (cioè con la vera finalità del termine), ma per veicolare contenuti in mpeg4/H264.
Orbene, in quest’ultima ipotesi, la citata esperienza insegna che già con 1,7 MB è possibile veicolare un contenuto in formato H264 con qualità buona. A riguardo non sarebbe peregrina la richiesta di un aggiornamento ad Agcom, anche sulla scorta del notevole tempo trascorso dall’iniziale determinazione della quantità di banda necessaria per qualificare un contenuto come SD e HD.
Ratio stravolta
Peraltro, la formulazione adottata non sembra essere in linea con la ratio del PNAF che aveva in animo di preservare la massima quota possibile del panorama editoriale televisivo locale esistente.
Perso il senso dell’HEVC
Circostanza che emergeva chiaramente dalla previgente formulazione dell’art. 6 delle Linee Guida, allorquando era precisato che l’impiego di sistemi trasmissivi DVB-T2 HEVC avrebbe consentito il trasporto di circa 40 marchi in SD o circa 15 in HD sulle reti locali di 1° livello .
Strumentalizzazione
E proprio la presenza della precisazione di formato HEVC impediva la strumentalizzazione descritta attraverso l’impiego del formato H264.
-75% degli FSMA esistenti
Ove pertanto non venisse riformulato, l’art. 6 potrebbe condurre facilmente all’esaurimento della richiesta trasmissiva disponibile per mux da parte di poco più di una decina dei primi classificati. Col risultato che nelle aree tecniche dove esiste solo un unico mux pianificato, i fornitori SMA potrebbero ridursi del 75%.