Tutelare i giornalisti conviene, ma ditelo alla Fieg

Uno studio della University of Missouri e della University of California rivelano: i tagli in redazione sono dannosi, meglio investire nella “news quality”


Nonostante le rivelazioni-shock dell’editore del “New York Times”, secondo il quale, nel giro di cinque anni, la versione cartacea del quotidiano più famoso del mondo scomparirà per lasciar spazio alla sola versione on line, alcuni studi americani sottolineano come, invece, una redazione corposa (come accade nei giornali stampati ma non in quelli sul web) aiuti l’editore a produrre utili maggiori. Alla faccia della Fieg e del suo “muro contro muro” nei confronti del contratto dei giornalisti. Già, uno studio congiunto della University of Missouri e della University of California Davis, infatti, ha rivelato che lo sfoltimento delle redazioni può risultare dannoso per i giornali ed i loro editori, in quanto comporterebbe una rilevante riduzione degli utili. Lo studio, che sarà pubblicato sul “Journal of Marketing” (magazine ufficiale dell’Amercian marketing association) di aprile, è frutto di un’analisi, operata dagli studiosi delle università, sui dati finanziari di quotidiani americani di piccole e medie dimensioni (con un massimo di 85mila copie di tiratura), che ha portato alla creazione di una formula matematica per stabilire il giusto mix di investimenti nei settori principali di una società editrice di quotidiani (redazione, distribuzione, marketing). Lo strano risultato di questa formula porta a concludere che ogni disinvestimento nella “news quality” e quindi nel numero e nella qualità della redazione, porta inevitabilmente e inequivocabilmente dei cali vistosi sui profitti. “Ci sono imprese che si trovano in un ciclo di vita nel quale a ogni disinvestimento nella qualità delle notizie, e quindi nella redazione, corrisponde a un calo di profitti.” – spiega uno dei docenti impegnati nella ricerca – “Si innesta, in tal modo, una sorta di spirale suicida, in cui il disinvestimento porta a un calo della diffusione, e quindi a una riduzione del fatturato, cui seguiranno ulteriori disinvestimento, calo dei profitti, fino alla chiusura”. (Giuseppe Colucci per NL)

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