Troppi abbonamenti pay (stacking)? Deloitte: inevitabile che futuro streaming passerà da barra di ricerca unica per accesso a più piattaforme

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L’era dello stacking (letteralmente accumulare, ossia la tendenza della utenti di sottoscrivere più abbonamenti a servizi di streaming standalone, creando una pila di piattaforme diverse) sta raggiungendo il suo apice: uno studio della multinazionale britannica di servizi di consulenza e revisione Deloitte (una delle big four) prevede una trasformazione dello streaming con il ritorno ai modelli di aggregazione tipici della pay TV.
L’evoluzione passerà da aggregatori che ridurranno la complessità gestionale per gli utenti migliorando l’esperienza di utilizzo, con funzioni come una barra di ricerca unica e una guida elettronica ai programmi che rendono l’accesso ai contenuti più intuitivo.
Una previsione di Newslinet di oltre due anni fa.

Secondo il report TMT Predictions 2025 di Deloitte, il modello di consumo basato su abbonamenti multipli a piattaforme standalone (stacking) è destinato a ridursi nei prossimi anni.

Indici di saturazione

La saturazione del mercato, l’aumento dei costi e la complessità nella gestione degli abbonamenti stanno spingendo verso una nuova era di aggregazione, con un ruolo chiave per pay TV, telco e grandi piattaforme tecnologiche.

Ritorno al passato?

Questo cambiamento non solo modificherà il panorama dello streaming, ma segnerà anche un ritorno a logiche simili a quelle della vecchia televisione a pagamento.

Fine dell’era stacking

Lo stacking, la tendenza dei consumatori a sottoscrivere più servizi di streaming in abbonamento, ha raggiunto il suo picco.

Media di 4 abbonamenti negli USA e di 2 in Europa

Negli Stati Uniti, il numero medio di abbonamenti si è stabilizzato a quattro dal 2020, mentre in Europa – come approfondito da Newslinet il mese scorso, anticipando i risultati oggi confermati da Deloitte è fermo a poco più di due.

Un modello insostenibile

Tuttavia, la società di analisi  prevede che questo modello non reggerà a lungo: la frammentazione dell’offerta, i costi in aumento e le strategie delle piattaforme (ad esempio la lotta alla condivisione delle password) stanno erodendo l’entusiasmo degli utenti.

Mercato competitivo

Negli ultimi anni, il numero di servizi di streaming è cresciuto vertiginosamente, creando un ecosistema disordinato e spesso poco sostenibile.

Troppe opzioni e costi di abbonamento in aumento

I consumatori si trovano a scegliere tra decine di opzioni, con costi che aumentano progressivamente.

Selezione naturale

Secondo Deloitte, questa dinamica porterà ad una selezione naturale: solo una manciata di piattaforme standalone sopravvivrà, mentre gli aggregatori per la fruizione cross-platform diventeranno sempre più importanti, essendo una soluzione pragmatica.

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Come funzioneranno gli aggregatori

Il futuro dello streaming somiglierà sempre di più ai modelli di pay TV del passato, con offerte che combinano contenuti di diverse piattaforme sotto un unico abbonamento. Deloitte prevede che gli aggregatori cross-platform offriranno servizi simili ai vecchi bouquet televisivi, con vantaggi per consumatori e operatori.

Le nuove funzionalità

Tra le funzionalità previste: gestione unificata degli abbonamenti, interfacce intuitive, programmazione personalizzata e pacchetti standard con opzioni aggiuntive.

Chi guiderà questa transizione

Gli aggregatori saranno gestiti principalmente da aziende pay TV tradizionali, operatori telco e grandi piattaforme tecnologiche. In alcuni casi, saranno le stesse piattaforme SVOD più grandi a diventare hub di contenuti, unendo le proprie offerte a quelle di partner strategici.

Intermediari

Già oggi, nel Regno Unito, il 43% degli abbonati SVOD ha acquistato almeno un servizio tramite un intermediario come un pay TV provider od una telco.

Un vantaggio per tutti?

Per i consumatori, l’aggregazione rappresenta una semplificazione della gestione degli abbonamenti e una riduzione dei costi complessivi. Per le piattaforme, significa stabilizzare le entrate e ridurre il tasso di abbandono degli utenti. Tuttavia, rimane il rischio di perdere parte dell’autonomia strategica, affidandosi a terzi per la distribuzione dei contenuti.

Un passo indietro o un’evoluzione? Le contraddizioni del nuovo modello

Ed infatti il ritorno all’aggregazione solleva un interrogativo cruciale: si è di fronte ad un’evoluzione necessaria o, piuttosto, ad un passo indietro? Lo streaming era nato proprio per superare i limiti delle pay TV, offrendo flessibilità e costi contenuti. Tuttavia, l’attuale saturazione del mercato ha dimostrato che la frammentazione estrema non è sostenibile.

La sfida dell’esperienza utente

Un elemento centrale per il successo di questo modello sarà l’esperienza utente. Gli aggregatori dovranno offrire interfacce intuitive e funzionalità avanzate, come guide elettroniche ai programmi e suggerimenti personalizzati.

Accesso fluido ed immediato

L’obiettivo sarà rendere l’accesso ai contenuti più fluido e immediato, evitando di replicare le rigidità delle vecchie pay TV.

Bundling eterogeneo

Ed è appunto il bundling eterogeneo, cioè la combinazione di servizi SVOD con contratti pay TV, telecomunicazioni o persino bancari l’approccio più promettente, posto che esso permette di offrire abbonamenti multipli a prezzi scontati in cambio di un impegno contrattuale minimo, generalmente di 12-18 mesi. Ad esempio, negli Stati Uniti, pacchetti come Streamsaver di Xfinity offrono sconti significativi per combinazioni di piattaforme come Netflix, Apple TV+ e Peacock.

Churn

Il bundling non solo riduce i costi per gli utenti, ma diminuisce anche il fenomeno del churn (di cui ci siamo occupati numerose volte su queste pagine), ovvero la cancellazione degli abbonamenti. Negli Stati Uniti, il tasso di churn per le piattaforme standalone si attesta al 40%, ed una quota significativa di consumatori cancella e riattiva i servizi più volte l’anno. I pacchetti vincolanti, invece, aiutano a stabilizzare la base clienti.

Media aggregation e oltre

Tuttavia è bene sottolineare da subito che l’aggregazione non si limita al video: in alcuni mercati, piattaforme come Disney+ offrono bundle che includono servizi aggiuntivi come musica, giochi o notizie.

Barra di accesso unica

Un’integrazione che riduce la complessità gestionale per gli utenti e migliora l’esperienza di utilizzo, con funzioni come una barra di ricerca unica e una guida elettronica ai programmi che rendono l’accesso ai contenuti più intuitivo. Una previsione di Newslinet di oltre due anni fa.

Il comportamento degli utenti

Secondo Deloitte, quasi metà dei consumatori americani trascorrerebbe più tempo sulle piattaforme di streaming se i contenuti fossero più facili da trovare. Questo è particolarmente vero per i millennial e la Gen Z, che desiderano una maggiore integrazione tra i servizi che utilizzano.

Alternative gratuite e declino del modello standalone

Mentre il mercato si ristruttura, emergono modelli alternativi come i servizi FAST (Free Ad-Supported Television) e le piattaforme gratuite come YouTube, altri temi ricorrenti sulle nostre pagine da tre anni a questa parte.

L’ascesa dei servizi FAST e YouTube

Le piattaforme FAST sostenute dalla pubblicità, stanno conquistando terreno, soprattutto tra i giovani: Amazon ha lanciato il canale Freevee negli Stati Uniti, e Crunchyroll, noto per i suoi contenuti anime, ha introdotto una versione gratuita supportata da annunci.

Opzioni attrattive

Queste opzioni attraggono consumatori che ritengono gli abbonamenti SVOD troppo costosi. Nel Regno Unito, il 31% degli utenti che ha cancellato un abbonamento SVOD nel 2024 ha citato l’alto costo come motivo principale.

La sfida del permanent churn

Secondo lo studio Deloitte sullo stacking, con l’aumento delle opzioni gratuite e il costo crescente delle piattaforme a pagamento, molte famiglie potrebbero abbandonare del tutto il modello SVOD, sostituendolo con alternative gratuite o economicamente più sostenibili.

Previsioni di crescita per lo streaming tv di YouTube del 90% tra il 2024 ed il 2029

Deloitte prevede che la visione di YouTube sulla TV crescerà del 90% tra il 2024 e il 2029, in parte a scapito dello streaming tradizionale.

Un nuovo equilibrio

“Il panorama dello streaming sta evolvendo rapidamente. La frammentazione e la saturazione del mercato stanno spingendo verso modelli più integrati e sostenibili”, commenta Giovanni Madaro, ceo di Media Progress, la società italiana (gruppo Consultmedia) di analisi strategica che oltre due anni fa aveva pubblicato su Newslinet il rapporto che anticipava lo sviluppo della ricerca cross-platform. 

Principi di flessibilità ed accessibilità

Tuttavia, questo cambiamento rischia di compromettere i principi di flessibilità e accessibilità che hanno reso lo streaming un’alternativa innovativa alla televisione tradizionale”.

Il futuro

Lo stesso Madaro, due anni fa dichiarava a Newslinet: “Riteniamo che nei prossimi anni assisteremo all’evoluzione di strumenti per la ricerca cross-platform sulle smart tv, evitando la necessità di uscire e rientrare continuamente dalle singole piattaforme.

Superalgoritmo

Sulle prossime tv, probabilmente, non solo avremo una barra di ricerca unica che mostrerà le ultime consultazioni sulle diverse piattaforme, permettendo di entrare ed uscire dalle stesse rapidamente, ma anche una serie di suggerimenti gestiti da un algoritmo che analizzerà le singole offerte incrociandole con le abitudini dell’utente. In definitiva, un superalgoritmo che opererà over the platform”, concludeva l’analista

Ritorno al passato

La sfida per gli operatori sarà, quindi, quella di trovare un equilibrio tra la necessità di stabilità economica e la capacità di rispondere alle esigenze dei consumatori. In questo contesto, i modelli di aggregazione rappresentano una soluzione pragmatica, ma il successo dipenderà dalla capacità di offrire un’esperienza utente superiore e dall’adozione di strategie innovative che mantengano vivo lo spirito rivoluzionario dello streaming.

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