“Nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali, non rientrando tra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione”.
È quello che sancisce il Tribunale di Belluno con la sentenza numero 124 depositata il 15 marzo 2011, coerentemente col consolidato orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità riguardo all’esercizio della consulenza fiscale. Nella causa in questione il tributarista, in mancanza di pagamento per la sua prestazione d’opera intellettuale, aveva citato in giudizio il cliente inadempiente. Le due società clienti, dopo aver beneficiato per 5 anni delle attività fiscali, avevano negato il compenso al professionista perché non inscritto a nessun ordine professionale. Il giudice, dopo aver esaminato la documentazione prodotta dal tributarista, ha però valutato la legittimità della tenuta e dell’elaborazione delle scritture contabili, della compilazione e della trasmissione in via telematica delle dichiarazioni dei redditi, nonché delle altre attività oggetto dell’opera del professionista. A fronte delle generiche e non specifiche contestazioni delle società clienti del consulente, il giudice, ha ribadito che se la prestazione prestata esula da quelle attività riservate in via esclusiva ex lege ad una determinata categoria, vige il principio generale di lavoro autonomo. Ergo: il tributarista ha diritto al compenso per l’attività svolta, determinato in base al tariffario dell’associazione tributaristi Lapet. “Sentenza pregevole” agli occhi del presidente Lapet Roberto Falcone – come si legge nelle dichiarazioni pubblicate nell’articolo del 23 aprile 2011 su Italia Oggi – in quanto fa chiarezza sulla consulenza fiscale, sulla doverosa netta separazione tra attività libere e riservate nonché sull’inviolabile diritto al compenso dei professionisti non iscritti ad albi professionali. Nulla di nuovo all’orizzonte rispetto al già assodato orientamento della Corte di Cassazione, sul quale sembra non esserci più nessuna traccia della sentenza 285 della VI Sezione Penale, la quale, solo un mese fa, ha dichiarato imputabile il reato di esercizio abusivo della professione al consulente del lavoro che esercita consulenza e assistenza fiscale. Per mettere la parola fine a questa assurda contesa fomentata dagli strenui difensori delle anacronistiche corporazioni professionali non resta che approvare rapidamente la legge sul riconoscimento delle nuove professioni. (C.S. per NL)