Secondo alcune indiscrezioni circolate in questi giorni, starebbero per esplodere nuove granate nel vacillante comparto delle tv locali.
Esse farebbero parte della fase finale di un’articolata strategia volta ad eliminare il maggior numero di operatori di rete in vista dell’assegnazione del dividendo esterno, assalendo strumentalmente anche i fornitori di servizi di media audiovisivi. Questa l’offensiva ventilata: 1) obbligare i network provider a sfruttare appieno la capacità trasmissiva ospitando non meno di 6 programmi (ovviamente autorizzati e muniti di LCN) in SD; 2) revocare le autorizzazioni ai fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici privi di attribuzione LCN; 3) introdurre nuovi, stringenti, requisiti per la prosecuzione dell’attività per content e network provider. Così facendo, gli operatori locali vedrebbero notevolmente ridotto il parco dei potenziali acquirenti di banda, già azzoppato dal divieto alla veicolazione di prodotti nazionali su carrier locali a vantaggio dei soliti superplayer. Nel contempo, essi dovrebbero regalare banda per occupare con 6 programmi originali i mux, pena la revoca dell’assegnazione. Ridotti alla fame, i network provider dovrebbero adeguarsi agli “ulteriori obblighi dei titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso più efficiente dello spettro e della valorizzazione e promozione delle culture regionali o locali” (cfr. legge di Stabilità), per i quali c’è da scommettere che sarà favorita/suggerita/praticamente imposta la consociazione. E a quel punto non sarebbe un problema convincere un numero rilevante di soggetti ad abbandonare il settore indennizzandoli con i quattro soldi raccolti dall’asta per il dividendo esterno. A ben pensarci, uno scenario compatibile con il quadro indiziario fin qui offerto da questo governo.