Il futuro della tv (come quello della radio, del resto) sembra si giocherà sul campo dell’LTE broadcast, richiedendo una condizione impiantistica opposta a quella oggi in mano alle emittenti radiotelevisive; il polo unico delle antenne sarebbe per questo una situazione auspicabile.
Dopo la presa di posizione della Commissione europea (in attesa del via libera del Parlamento) riguardo al futuro della banda 700 MHz, si fanno sempre più rilevanti le conseguenze della migrazione di frequenze della tv digitale porta con sé. Una di queste è sicuramente un cambiamento nel modello di business da parte degli operatori televisivi, in favore di tecnologie differenti come l’Lte broadcast, formato che, pur non appesantendo la rete, consente al contempo di fornire contenuti ad alta qualità all’interno di un’area geografica (anche con alta concentrazione di dispositivi connessi) ad utilizzatori di smartphone e tablet. Tuttavia, un cambiamento nel paradigma tecnologico della televisione, comporta un adeguamento tecnologico, soprattutto dal punto di vista delle torri di trasmissione. In pratica, occorrerà adottare impianti più bassi in quota e di poca potenza ma con una presenza capillare sul territorio (come viene fatto oggi dagli operatori tlc) e ciò anche per maggiore capacità di accesso dell’utenza. La logica conseguenza di tale prospettazione, data ormai per inevitabile, sarà ovviamente la perdita di valore di tutti quegli asset costituiti da alte torri (montane e collinari e comunque extraurbane) costruite allo scopo di coprire aree più vaste possibili nella veicolazione del segnale tv radio tv (DTT e FM). E da questo punto di vista, è significativa l’accelerazione che l’Europa vuole far passare: quattro anni di tempo per spostare nella banda sub-700 tutti i broadcaster televisivi, che avranno quindi la necessità di farsi trovare preparati con le nuove infrastrutture. Il futuro della televisione, insomma, sembra orientarsi sempre di più verso l’Ip, utilizzando le tecniche attuali come alternativa. Si può facilmente dedurre, dunque, che chiunque non riuscirà ad ottenere risorse impiantistiche come quelle descritte in precedenza, rischia di vedere il proprio valore colare a picco rapidamente (in sostanza, nel breve termine le high tower finiranno per ospitare solo gli impianti FM). Non è dunque un caso che la Rai abbia avviato sperimentazioni come quella tenutasi in occasione di Expo e in collaborazione con Tim per gli eventi in diretta. La vendita del 45% di Inwit, la società che gestisce le torri di Telecom Italia (low tower), assume dunque un’importanza strategica perfettamente comprensibile in funzione di questa analisi. Diventa inoltre comprensibile l’intervento del sottosegretario Giacomelli del mese scorso, quando affermava l’importanza di mantenere “le infrastrutture di comunicazione strategiche di proprietà pubblica o a controllo pubblico, a garanzia della concorrenza, del mercato e della libera iniziativa” (si è parlato anche di un probabile intervento della Cdp). In pratica, se il controllo di Inwit andasse nelle mani del Biscione, Ray Way si ritroverebbe probabilmente appiedata. Staremo a vedere come si evolveranno le cose, anche in virtù della complessa situazione italiana su diversi fronti. (E.V. per NL)