L’operatore di telefonia francese Iliad (Free Mobile) scalda i motori per l’ingresso come quarto operatore italiano infrastrutturato (cioè dotato di rete di distribuzione del segnale propria) insieme a Tim, Vodafone e Wind.
Questo periodico era stato tra i primi ad anticipare l’ingresso nel Belpaese della società che fa capo all’imprenditore Xavier Niel, che nel nel primo semestre di quest’anno ha registrato un utile netto di 232,6 milioni di euro, con un aumento del 22,1% rispetto al 2016, portando il fatturato di gruppo a 2,46 miliardi, pari a +7,3%), di cui 1,39 mld nella telefonia fissa (+4,8%) e 1,07 nel mobile (+10,5%).
Confermato anche l’ingresso in Italia con tariffe low cost (probabilmente 15-20 euro/mese), nell’ottica delle connessioni a internet sostanzialmente flat, cioè con un numero di GB mensile (20 o 30) così elevato da renderle di fatto tali.
Certo è che non verrà utilizzato il brand Free Mobile (pare per problemi di pregressa registrazione da parte di altro soggetto): il logo italiano, infatti, dovrebbe essere “Ho”.
Previsti investimenti per oltre 1 miliardo di euro in assunzioni, promozione e soprattutto infrastrutture, posto che andranno integrate le 5.000 torri rilevate da Wind all’esito della conclusione della verifica sulla ridondanza e della riconversione di una quota della rete H3G, demandando poi a Nokia l’attività di implementazione fino al raggiungimento della copertura del territorio. Ricordiamo, sul punto, che il 01/09/2016 la Commissione europea aveva approvato la fusione di Wind e H3G confermando Iliad come futuro nuovo quarto player mobile italiano attraverso misure correttive applicate a Wind-3 e segnatamente la cessione all’operatore entrante di una determinata quantità dello spettro radio mobile della joint venture proveniente da diverse bande di frequenza (900 MHz, 1800 MHz, 2100 MHz e 2600 MHz), il trasferimento/co-locazione di alcune migliaia di siti per l’installazione di stazioni base mobili dalla joint venture al nuovo operatore e un accordo transitorio (per l’accesso a 2, 3, 4 e 5G) che permetterà al neo network provider italiano di usare la rete della joint venture per offrire ai clienti servizi mobili a livello nazionale fino a quando non abbia costituito la propria infrastruttura.
«Nel primo semestre – ha spiegato il cfo di Iliad Thomas Reynaud – abbiamo speso circa 60 milioni; nel secondo semestre ne investiremo circa 300. In seguito, quello che è sicuro e certo è che pagheremo 210 milioni a Wind Tre per parte delle frequenze nel 2018 e altri 180 milioni nel 2019», cui si sommano i 220 milioni da versare allo Stato italiano nella seconda metà di quest’anno e 240 milioni nel 2020-2029.
Come abbiamo più volte sottolineato su queste pagine, l’arrivo di Iliad dovrebbe determinare un circolo virtuoso a vantaggio dei consumatori, perché spingerà le altre compagnie ad abbassare le tariffe o (più probabilmente) ad aumentare i GB a disposizione (come già peraltro sta accadendo).
Effetti rilevanti sono attesi anche per il comparto mediatico, che ci interessa da vicino, anche in conseguenza dell’altro evento che nel 2018 terrà banco: la vendita delle auto interconnesse, inizialmente per ottemperare al protocollo di sicurezza disposto dall’UE. “Dal punto di vista radiofonico, l’approccio commerciale aggressivo di Iliad (che ha già innescato reazioni concorrenziali di altri player), unitamente alla diffusione delle connected car (che negli USA sta già creando un’alterazione degli equilibri ell’ambito del medium), potrebbe determinare un rapido sviluppo dell’ascolto in streaming, facilitando il processo di integrazione delle piattaforme distributive digitali (DTT, sat, DAB+, cioè la cd. “hybrid radio”) mirato a ridurre il radicamento della radio italiana alla modulazione di frequenze, ritenuto in ambito UE eccessivo e distorsivo per la concorrenza”, ha spiegato Stefano Cionini, avvocato dell’Area Affari Legali di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) e confondatore della law firm MCL. (E.G. per NL)