Deve essere ritenuta tacitamente abrogata la normativa regionale che prevede l’adozione di un provvedimento espresso finalizzato al rilascio di un’autorizzazione ambientale-sanitaria per l’installazione di un impianto radiofonico (più in generale destinato ad una rete di tlc), perché in contrasto rispetto a quanto previsto dall’art. 87 D.Lgs n. 259/2003.
Questo, nel merito, quanto statuito dalla magistratura amministrativa del Veneto nella sentenza n. 1786 del 28/11/2011, pronunciata a margine di un ricorso proposto da una nota emittente radiofonica di carattere nazionale – assistita dall’avv. Ugo Bagalà del Foro di Milano – che impugnava una serie di provvedimenti amministrativi adottati dalla Regione Veneto, atti a delegittimare l’esercizio un impianto radiofonico, già autorizzato da punto di vista radioelettrico dal competente Ispettorato Territoriale del Ministero dello Sviluppo Economico. In buona sostanza, la vincente convinzione della ricorrente prendeva le mosse dalla considerazione in base alla quale, trascorsi 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza ai fini del rilascio dell’assenso sanitario-ambientale (60 giorni ex art. 87 D.Lgs n. 259/2003, più ulteriori 30 giorni a mente del disposto di cui all’art. 2 L. n. 241/1990) senza che l’ente locale si fosse pronunciato, la richiesta doveva essere data per accolta ed il diffusore autorizzato. Di diverso avviso gli enti locali che intervenivano nel contraddittorio, prima nell’ambito dell’istruttoria amministrativa e, dopo, in giudizio, censurando la non conformità di un tale intendimento rispetto alla particolare disciplina regionale che, in casi del genere, prevedeva (e prevede) l’adozione di un provvedimento espresso da parte del Presidente della Provincia. Sulla scorta di un tale (erroneo) presupposto, la concessionaria – dopo aver attivato il diffusore per decorso dei termini previsti dalla predetta procedura per silentium – si era vista notificare dalla Regione Veneto una diffida volta ad ottenere chiarimenti in merito ad un’asserita carenza di autorizzazione ambientale-sanitaria gravante sull’impianto in questione. Nella medesima comunicazione, inoltre, si paventava la possibilità per l’Ufficio di adoperarsi ai fini della demolizione coatta del diffusore. Tale provvedimento veniva sospeso dal T.A.R. Veneto che sollecitava alla competente A.R.P.A. lo svolgimento dei prescritti rilievi radioelettrici tesi alla verifica della conformità dell’impianto rispetto ai limiti di emissione previsti dalla normativa nazionale che fissava (e fissa) i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Ciò nonostante, la Regione notificava all’emittente radiofonica un’ordinanza di rimozione del diffusore, anch’essa debitamente impugnata con separato ricorso, gravato da motivi aggiunti agli effetti della manifestata intenzione da parte del medesimo ente locale di voler eseguire l’ordinanza di demolizione agli effetti di una “valutazione modellistica” esperita dall’Agenzia Regionale che evidenziava “il mancato rispetto del valore di 6 V/m da alcune abitazioni”. A prescindere dallo svolgimento in fatto della vicenda sopra brevissimamente riassunta, tranchant si manifestava il giudizio che nel merito forniva l’adita Autorità Giudiziaria Amministrativa con la statuizione in commento, rifiutando tout court il convincimento manifestato dalla P.A. resistente. Conformemente ad un orientamento giurisprudenziale che si sta mano a mano consolidando in tale materia, infatti, il Collegio richiamava preliminarmente talune pronunce della Corte Costituzionale, volte a qualificare il Codice delle Comunicazioni Elettroniche alla stregua di “disciplina volta a promuovere la semplificazione dei procedimenti attraverso l’adozione di procedure che siano uniformi e tempestive al fine di garantire l’attuazione delle regole della concorrenza”, ritenendo altresì principi fondamentali della disciplina legislativa in questione l’esigenza di celerità e la conseguente riduzione dei termini connesse al rilascio dell’autorizzazione all’installazione di impianti per le tlc. Ulteriormente – proseguivano i magistrati amministrativi – risultava contraria a tali canoni “la previsione di ulteriori e autonomi procedimenti, in quanto la duplicazione dei titoli autorizzatori e, quindi, di ciascun iter procedimentale, determinerebbe una evidente compromissione di quelle esigenze di tempestività e semplificazione che assurgono al rango di principi fondamentali del settore”. Ciò rilevato, il Collegio concludeva che “la normativa regionale antecedente incompatibile”, con riferimento – nel caso specifico – all’art. 87 D.Lgs. n. 259/2003, “deve ritenersi abrogata dalla sopravvenuta norma legislativa statale che ha dettato principi fondamentali in materie di competenza concorrente, (…) secondo il meccanismo dell’art. 10 della legge 10 febbraio 1953 n. 62 Costituzione e funzionamento degli organi regionali, n.d.r.”. E’ proprio da tali basilari considerazioni che si evince l’importanza di una pronuncia del genere, tesa ad assegnare alla normativa di carattere regionale ratione materiae prevista, una funzione che potrebbe essere definita servente rispetto al procedimento unico di cui alla richiamata disposizione del Codice delle Comunicazioni. Tale norma speciale, dunque, riveste il carattere della inderogabilità e consente ai proprietari di infrastrutture asservite al settore delle comunicazioni di attivare i propri diffusori – in regola dal punto di vista radioelettrico – decorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza per il rilascio dell’autorizzazione ambientale-sanitaria all’esercizio (o alla modifica) degli stessi. (S.C. per NL)