Tlc. Stefano Bolis: FM? A telco non interessano quei MHz. Refarming servirà per copertura 5G, non velocità. Podcast Media Monitor 18/06/2022

Stefano Bolis

Stefano Bolis: La banda 700 MHz non garantisce velocità ma copertura. In prospettiva queste frequenze basse saranno necessarie al 5G, ma l’ideale è utilizzare i 3.5/3.7 GHz.
Le frequenze allocate al DAB? Poca roba per le telco, ma utili per l’IoT.
WiMAX ucciso dal 4G/LTE.
La Rete Unica indispensabile per affrontare gli ingenti investimenti atti a chiudere il Digital Divide.
Aumento offerta media e difficoltà a rintracciare contenuti è un fenomeno ormai generalizzato: uno svantaggio che dobbiamo imparare a gestire, non certo eliminare.
La banda 88-108 MHz dopo lo switch off? Alle telco quei MHz non interessano. Forse la radio digitale sarà l’unico uso possibile.

Newslinet intervista Stefano Bolis 

Dopo numerose interviste a esperti e tecnici con background analogico – persone che operavano nel settore broadcast già prima del passaggio al digitale – abbiamo pensato di parlare con un nativo digitale.

Target

Obiettivo: cercare una diversa prospettiva sulle questioni a noi care. Dall’efficacia del trasporto di radio e TV nella classica modalità broadcast rispetto a quella a pacchetto tipica delle reti cellulari, all’attuale uso delle bande allocate a DAB e DTT (è davvero il migliore possibile?), passando per il valore del singolo megahertz in funzione dell’uso che ne viene fatto.

Rete Unica

Ci siamo anche confrontati con la questione della rete unica, per cercare di capire se la nuova entità opererà nell’interesse del consumatore o dei propri stakeholders. Come di consueto l’intera discussione è disponibile nella versione podcast che verrà pubblicata successivamente.

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Stefano Bolis 

Conosciuto al grande pubblico per il canale YouTube che porta il suo nome, Stefano è laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso il Politecnico di Milano; in ambito professionale svolge attività di consulenza per o principali operatori di telecomunicazioni per conto di un’azienda del settore.

Stefano, il divulgatore

(NL) – Hai un canale YouTube con 15.700 subscriber. In quanto tempo sei arrivato a questo risultato e quale è il tuo pubblico?
(Stefano Bolis) – Ho cominciato 5 anni fa e devo dire che il mio pubblico si divide in due. Da una parte tutti coloro che lavorano nel settore, ma non hanno una formazione tecnologica. Molti ad esempio le persone delle divisioni commerciali o marketing di queste aziende, bisognose di avere informazioni tecniche. Poi ho un circa 50% di studenti, molti universitari.

Refarming: indispensabile farlo?

(NL) – Parliamo di frequenze. Il settore Radio TV e’ stato impattato dal refarming (canali UHF 49-60 che corrispondono a 96 MHz, precedentemente allocati alla TV digitale e che ora andranno a favore del 5G). Processo che ha causato infinite difficoltà ai broadcaster e all’utenza. Era davvero indispensabile ?
(Stefano Bolis) – Intanto ti confermo che le difficoltà esistono ormai soprattutto lato utenza. Sono indispensabili questi MHz ? Ni.

Una scelta (non indispensabile) europea…

Voglio essere chiaro: il 5G non deve per forza lavorare a 700 MHz, ma a livello europeo questa banda è stata definita come frequenza di riferimento per le frequenze basse.

… dall’alto

È una scelta arrivata dall’alto. Tutti gli stati europei hanno dovuto adeguarsi, anche per questioni di interferenze.

Copertura e velocità

Ora, se guardiamo la cosa solo dal punto di vista del 5G, si, la banda è preziosa. Ovviamente, se pensiamo al 3G, vediamo che esistono altre frequenze molto vicine alternative. Ma trovo che dedicare una frequenza bassa al 5G sia una scelta saggia, negli USA hanno scelto ad esempio i 600 MHz [eliminando canali UHF differenti, ma pur sempre canali televisivi N.d.R.]. 

Debito pubblico

(NL) – Hai parlato di decisioni europee. Viene il sospetto che, visto che dando frequenze alle telco se ne ricava un bel gruzzolo, gli stati abbiano trovato un brillante modo per ripianare una parte del loro colossale debito pubblico.
(Stefano Bolis) – Sicuramente affidando le frequenze alle telco il loro valore aumenta, fuori di dubbio. E tra l’altro questo è un punto sul quale le telco non sono affatto soddisfatte, considerando che i valori delle aste italiane sono stati mediamente superiori a quelli del resto dell’Europa.

O si paga lo stato o si investe in infrastruttura

La grande spesa che hanno dovuto sostenere (sei miliardi solo per un diritto d’uso) chiaramente non può andare nello sviluppo delle infrastrutture e della rete.

Valore autoalimentato

E comunque le comunicazioni wireless sono sempre più importanti, dunque dare queste frequenze alle telco automaticamente ne fa aumentare il valore.

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Penuria di spettro?

(NL) – In che misura tutti questi MHz sono davvero utilizzati? In fondo anche prima del refarrming le reti mobili funzionavano egregiamente e – visto dalla parte dell’uomo della strada – non si notavano né chiamate fallite né rallentamenti del servizio.
(Stefano Bolis) – Beh, la penuria di spettro è un tema che circola da molto tempo. Era importante che si iniziasse ad operare in tutte tre le bande (bassa, media e alta) allocate al 5G. Incluse le frequenze basse, che non garantiscono grande velocità ma offrono un’ottima copertura del servizio.

Una necessità concreta…

Dunque direi che la necessita c’era anche se si sarebbero forse potute prendere da un’altra parte, in altre bande. Ma considerando le previsioni di crescita senza frequenze addizionali ci saremmo ritrovati davvero in difficoltà tra un paio d’anni.

…ma attorno ai 3 GHz

Soprattutto sulle frequenze medie, quelle che offrono il giusto trade-off tra velocità e copertura.  

Efficienza

(NL) – Chi utilizza meglio le frequenze? Meglio il DTT e il DAB, digitali ma ancora con una tipologia piuttosto classica (trasmettitori più o meno potenti che servono grandi aree), oppure con il 5G, con una magliatura a trama molto più serrata, antenne e potenze basse e possibilità di riutilizzo della frequenza?
(Stefano Bolis) – Come ti accennavo, le frequenze basse hanno una funzione di creare un layer 5G che copra il territorio in modo omogeneo senza salti di tecnologia.

Aspettative

Con queste frequenze possiamo infatti aspettarci velocità attorno ai 500 Mbps, non basse ma lontane dal massimo del 5G che puo’ tranquillamente arrivare sopra i 2 GBps quindi…
(NL) – Usando quanto spettro e quali frequenze?
(Stefano Bolis) – Beh ad esempio negli USA usano le frequenze millimetriche e ci arrivano tranquillamente.

Bande millimetriche

Qui da noi con la banda del “refarming” non garantiamo gran velocità. Ma la loro funzione è appunto il layer di copertura. 

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Pensionare il DAB

(NL) – Anche il DAB ha beneficiato del refarming – anche se in maniera indiretta – e sta per disporre di ulteriori 56 MHz, i vecchi canali D-H2. Uno spazio enorme per la radio: ci stanno anche 600 stazioni considerando il bitrate scarsino deciso finora dagli editori radiofonici. Anche per la radio vale dunque la stessa domanda: stiamo utilizzando al meglio questi megahertz?
(Stefano Bolis) – Mah, effettivamente questa tendenza di monopolizzare un po’ tutto si palesa anche nel settore radio, dunque mi aspetto che possa arrivare una soluzione che possa pensionare il DAB. Va però detto che 56 MHz di spettro in frequenze così basse sono poca roba per una Telco.

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Una banda ideale per l’IoT

Certo, è un range con una capacità di propagazione importante, anche in termini di capacità di penetrare ostacoli. Mi viene da dire che sia una banda ideale per la IoT, penso a sensori sotto il manto stradale, o altri oggetti connessi. Questa frequenza sarebbe ideale per questo tipo di device.

Reperibilità

(NL) – Oltretutto con 600 emittenti c’è un problema di reperibilità. Ma in Internet è anche peggio…
(Stefano Bolis) – E’ un fenomeno ormai molto generalizzato. Tutti i media hanno a che fare con molti più concorrenti: stazioni radio, webtv, quotidiani, siti web. È un trend diffuso, si applica a tutti i settori. Uno svantaggio che dobbiamo imparare a gestire, non certo a eliminare. 

WiMAX: missing in action

(NL) – Agli albori del WiFi si parlava di WiFi e WiMAX alla stessa stregua, due tecnologie parallele con utilizzi differenti che sarebbero entrambe diventate molto importanti. Poi del WiMAX nessuno ha più parlato, neppure per dire “ci siamo sbagliati”. Semplicemente il silenzio. Che è accaduto?
(Stefano Bolis) – Il WiMAX ha avuto una vicenda interessante. A un certo punto sembrava avrebbe monopolizzato la comunicazione fixed wireless access, quelle per reti fisse, ma effettuate via radio.

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WiMAX vs LTE

Sembrava che si sarebbe preso quella fetta, peraltro di grande importanza. Ma ha avuto problemi di scala e di eccessivo costo degli apparati. E alla fine la sua funzione è stata offuscata dall’arrivo del LTE.
Tutti si sono detti “Anziché’ il WiMax uso il LTE, che oltretutto mi dà anche tutte le funzioni di una rete mobile”. Lo usecase del WiMax è stato realizzato in LTE. 

Eolo

(NL) – Ci viene da pensare ad Eolo.
(Stefano Bolis) – L’architettura è quella. Ma Eolo usa un protocollo proprietario che si chiama EoloWave che è … un derivato del 4G. E Linkem usa il 4G.

Tutti in 4G

Tutti sono passati sul 4G. E ricollegandosi al discorso frequenze, per il WiMAX c’è stata un’asta delle frequenze. Che sono state allocate ad un costo non molto alto.

Una ridotta tangente allo stato

Ora gli operatori che le hanno acquisite le hanno rinnovate, ma con l’intento di utilizzarle in 5G. Facendo insorgere gli altri operatori che – ovviamente – per gli stessi megahertz hanno pagato molto, ma molto di più. Ancora una volta, il 5G aggiunge valore ad uno spettro di frequenza, molto di più delle altre tecnologie. 

Banda 3.5 GHz

(NL) – Insomma un effetto leva, come direbbero i trader. Di che frequenze parliamo?
(Stefano Bolis) – 3.5 GHz 
(NL) – Vicino alla banda intermedia del 5G (3.7 GHz)…  I terminali utente sono già compatibili, visto che si parlava di 3.7 GHz ?
(Stefano Bolis) – Sì, perché’ questi device, gli smartphone, sono compatibili con un range molto ampio in ciascuna banda allocata. 

Rete Unica

(NL) – Newslinet segue da tempo la vicenda della Rete Unica che sembra non avere fine. Nessuno però dice perché si vuole questo merge, visto che in linea di principio i monopoli non sono nell’interesse del consumatore e la concorrenza è un valore tutelato.
(Stefano Bolis) – La prima cosa da dire è che ci troviamo in un periodo storico in cui la richiesta di investimenti è talmente elevata che sta un po’ cambiando anche l’ottica dei vari antitrust. In altre parole, pur grandi, le varie telco spesso non riescono da sole a sostenere gli investimenti necessari per le nuove reti in fibra e in 5G.

Partnership o morte

Si va sempre più verso l’ottica di partnership e consorzi per affrontare questi investimenti. Se vuoi vederla da un altro punto di vista, come paese non possiamo permetterci di avere due operatori che creano infrastruttura nelle stesse parti del paese lasciandone altre indietro: più importante che si riesca a coprire la totalità del territorio, anche se questo implica un solo operatore 

Digital Divide

Dal punto di vista regolamentare, se fino a poco fa l’Unione Europea sottolineava quanto fosse importante la concorrenza, da qualche anno nel nuovo codice delle comunicazioni europee son state disciplinate nuove forme per favorire modalità di investimento congiunte, nelle quali può fare parte anche l’incumbent, l’ex monopolista. 

Il ruolo di TIM

E’ però vero quanto dici tu: la presenza importante di TIM come monopolista. Uno può dire “stavamo giusto riuscendo ad uscire da questa situazione ed ora ci ritroviamo dentro”. Ma da quanto capiamo questa nuova rete unica dovrebbe abbracciare i vincoli europei, in quanto TIM non farebbe parte di questa nuova realtà. O meglio, ne sarebbe cliente e costruttore dell’infrastruttura, ma non shareholder.

Una carenza storica

Dunque ritengo che questa impostazione potrà portare numerosi vantaggi. Va anche detto che in Italia abbiamo sempre pagato l’assenza di un operatore di TV via cavo che altrove ha fatto da contraltare all’incumbent telefonico. Come ad esempio situazione in Francia…
(NL) – Dove effettivamente c’e’ Numericable, voluta (con il suo vecchio nome “Paris Cable”) da Francois Mitterand e che nel 1982 aveva effettivamente la più grande rete nazionale in fibra ottica, una società distinta da France Telecom.
(Stefano Bolis) – Infatti, una situazione non unica. 

Backbone

(NL) – Dunque la Rete Unica non deve farci paura. Il sospetto è anche che l’operazione serva per riportare il backbone in mani italiane. Draghi si è espresso in merito? 
(SB) – Non conosco il pensiero di Draghi e tendo a stare lontano da tematiche politiche. Ma l’evidenza ci dice che il controllo della nuova società sarà nelle mani di Cassa Depositi e Prestiti.

Italianità

Senz’altro non daranno il controllo del tutto a Fibercop e Open Fiber, gruppi esteri. Quindi si, è possibile che questo sia uno dei motivi. Inoltre va sottolineato che Vivendi dovrebbe rimanere ma solo nella parte di TIM, quella dei servizi.

Freeze! I’m DAZN…

(NL) – Parliamo di DAZN e della distribuzione di eventi di grande popolarità in modalità streaming. Un debutto difficile l’agosto scorso. Sulle reti esistenti in Italia si è poi implementato il multicast, una tecnologia già usata nel 1994, agli albori dell’era web?
(Stefano Bolis) – Già da tanti anni si parla di multicast, come appunto con il Multicast Backbone di inizio anni ‘90. Il punto oggi e’ portare il multicast più avanti del backbone. Di fatto il più avanti possibile, fino a casa dell’utente finale.

TIM team leader

In questo TIM è la società più avanti, avendolo implementato già da tempo. E i vantaggi si vedono, perché anche durante i primissimi tempi di DAZN utilizzando il TimVision BOX – che era abilitato al multicast – soffrivi molto meno i problemi di freeze e di scarsa qualità. Congestione veramente ridotta. La speranza è che non resti solo TIM a implementare questa tecnologia, tutti gli operatori devono puntare ad attivarla.

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AGCOM

(NL) – Agcom aveva auspicato che tutti adottassero questa tecnologia
(Stefano Bolis) – L’Autorità ha chiesto che fosse garantita la possibilità di applicare il multicast a tutti, non solo alla società che ha siglato l’accordo con DAZN (TIM). Poi sta agli operatori.

Che fare della banda 88-108 MHz ?

(NL) – I telefoni cellulari vengono sostituiti dopo pochi anni, molto meno le radio. Quindi è più facile adottare nuove frequenze su un cellulare che su una radio. Quando sarà spenta la FM – la pratica di modulare in frequenza una specifica ventina di megahertz cui siamo molto affezionati – quale uso potremmo farne?
(Stefano Bolis) – Mah, per le Telco penso siano poco utili. Si tratta solo di 20 MHz e poi a frequenze veramente basse. Diciamo così: se proprio non sapremo come usarle, le Telco se le prenderanno. Ma non fanno certo la coda per allocarsele. Forse, come ho letto nei vostri articoli, un riutilizzo DAB resta la scelta migliore. (M.H.B. per NL)

 

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