Tlc. La relazione annuale dell’Agcom segna il crollo del sistema delle telecomunicazioni

Dalla relazione Agcom presentata al Parlamento emerge in tutta la sua veemenza l’impatto della crisi economica (anche) sul settore delle comunicazioni, il cui fatturato complessivo che nel 2013 è sceso del 9% a quota 56,1 miliardi (34,5 le tlc, 8,6 radio e tv, 6,9 i servizi postali e 6,1 miliardi l’editoria e internet).

Nel merito, il settore allargato delle comunicazioni è sceso sotto il 4% del Pil e ha fatto segnare una nuova forte contrazione: -11% le tlc, -7% i servizi media, -2% i servizi postali (in controtendenza il corriere espresso, che sale del 2,5). Segno meno del 5,97 % per la tv (la pay 2%); di quasi il 5 % per la radio e del 7% per i quotidiani. I periodici risultano precipitati addirittura del 17,28% e cala anche internet del 2,46%. In totale, rispetto al 2012, il fatturato si è ridotto di ben 5,4 miliardi di euro. Tra i grandi operatori della tv, la galassia Sky scende del 3,5%, ponendosi a quota 2,605 miliardi di euro pur restando prima con una quota del 32,5% del mercato; più contenuto il calo della Rai, che si colloca solo al -1,6% e che, con 2,317, sorpassa Mediaset che scende invece dell’8,2%, assestandosi a quota 2,281 miliardi (in questo mercato il canone vale il 20,6% delle risorse, le offerte a pagamento il 37,2, la pubblicità il 40,6%, provvidenze e convenzioni l’1,6%). Anche i servizi telefonici soffrono: a pagare il prezzo più alto sono soprattutto gli operatori leader il cui traffico su rete fissa ha perso il 7,43% di fatturato sul 2012 (da 18,58 a 17,2 miliardi), quello su rete mobile (17,26 miliardi) è sceso addirittura del 13,87 (in totale sono almeno 4 miliardi in meno di fatturato, pari -10,77%). In calo, ovviamente, anche gli investimenti: -5,4% (ma quelli sulla rete mobile perdono il 9,8%) a quota 5,975 miliardi. E per la prima volta la quota di mercato di Telecom Italia nei servizi a banda larga scende sotto la soglia del 50%. Bene per la concorrenza, un poco meno per l’ex monopolista, che assieme all’altro leader nazionale, Vodafone, vede ridursi le proprie quote anche nel settore della telefonia mobile: su 96,9 milioni di sim attive, l’erede della SIP passa dal 33,1 al 32,2% e Vodafone dal 30,2 al 29,4 per cento. Crescono invece le imprese “minori”: Wind dal 22,3 al 23, H3G (che però dimezza la sua quota tra la clientela affari) dal 9,8 al 10, mentre gli operatori virtuali tutti assieme (Poste mobili, Coop, ecc ecc) passano dal 4,6 al 5,4%. Di contro, segnala l’Agcom, continuano ad aumentare gli utenti mobili che accedono a internet “in mobilità”. Con smartphone o chiavette: erano 38,7 milioni nel primo trimestre di quest’anno contro i 31,5 di 12 mesi prima. Molto forte la mobilità tra i gestori: sono nel 2013 sono stati 13 milioni i clienti che hanno sfruttato la portabilità del numero, 65 milioni in tutto dal 2005 a oggi. Sul fronte più politico Cardani segnala innanzitutto due questioni: rispetto alla riforma annunciata da governo per tutto il comparto delle Authority, il Garante delle comunicazioni afferma che “la riforma della Pa non può prescindere da salvaguardia indipendenza Authority dal potere economico e politico”, ricordando tra l’altro che “l’autorevolezza delle Autorità è difficile da costruire ma facile da distruggere”. Il presidente Agcom sottolinea che in tre anni Agcom ha risparmiato 13,5 milioni di euro in spese correnti, mentre sul fronte della trasparenza ha varato un programma triennale 2014-2016 proprio allo scopo di rafforzare trasparenza e integrità dell’Agcom. Altra questione delicata la par condicio: “Come ho avuto più volte occasione di evidenziare, – sostiene Cardani nella sua relazione- la legge n.28/2000 denuncia sempre maggiori ed evidenti criticità applicative – specie nei periodi elettorali – rispetto alle quali è certamente auspicabile un nuovo intervento del legislatore che possa coniugare la irrinunciabile esigenza di assicurare una efficace tutela del pluralismo informativo, sottesa a valori costituzionali di rango primario, con l’evoluzione del panorama mediatico e politico”. Nel frattempo, “proprio nella consapevolezza di tali limiti applicativi l’Autorità, alla fine del 2013, ha avviato un processo di revisione della disciplina attuativa della legge medesima per il periodo non elettorale al fine di tenere conto, nei limiti consentiti a livello della normativa di rango secondario, dei cambiamenti intervenuti nelle modalità di fruizione del mezzo radiotelevisivo e nei format dei programmi”. L’esperienza delle due più recenti campagne elettorali (elezioni politiche 2013 ed elezioni europee 2014), infatti, ha messo in luce come non mai che la “comunicazione politica”, genere sul quale il legislatore del 2000 aveva costruito il “baricentro” della par condicio, rappresenta in effetti un veicolo di informazione ormai superato: scarso seguito per i programmi nei quali gli spazi sono assegnati ai soggetti politici secondo criteri aritmetici. Mentre di contro, è cresciuta l’attenzione per i telegiornali e per i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, sono realizzati con format nuovi che attraggono l’interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto. Per questo il presidente dell’Agcom sollecita “una profonda riflessione del legislatore, volta ad adeguare l’impianto normativo al nuovo quadro mediatico e politico di riferimento. In questo senso, procederemo quanto prima ad inviare una segnalazione al Governo evidenziando gli specifici profili di criticità della disciplina vigente”. “Oltre alla riforma in materia di comunicazione politica, sappiamo che tre progetti impegneranno il legislatore: la riforma del sistema radiotelevisivo e del servizio pubblico; la natura e la governance della RAI; il ripensamento del modello di sostegno e promozione dei contenuti di informazione e comunicazione del settore dell’editoria – afferma ancora Cardani -. Mi preme sottolineare come tutte queste riforme siano figlie di un cambiamento comune – quello dell’informazione e comunicazione digitale – che richiede uno sforzo verso la convergenza normativa nel riconoscimento del principio di neutralità delle reti, ma che non tralasci le necessarie garanzie del pluralismo, dell’interesse generale e della risposta a bisogni fondamentali dei cittadini nella fruizione dei contenuti. Un’Autorità convergente – che il legislatore lungimirante aveva già ritenuto tale nel 1997 – può fornire a tali riforme un apporto fondamentale”. In quindici anni prezzi tlc sono scesidel 44 per cento, anche grazie alla liberalizzazione fatta dall’Agcom, certifica l’ente di garanzia. Mentre grazie alle conciliazioni dei Corecom, nel 2013 sono tornati nelle tasche degli utenti oltre 25 milioni di euro della regolazione 2.0. L’Autorità, in questo campo, annuncia alcune novità: la decisione finale sui prezzi dei servizi di accesso a rete fissa per i prossimi anni ed una serie di nuovi servizi destinati ai consumatori per conoscere e comparare offerte commerciali servizi banda larga. Ma la sfida forse più grande riguarda l’esigenza di ridefinire tutela dell’utente-consumatore nell’era di Internet. (E.G. per NL)

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