In questi giorni la Fondazione Ugo Bordoni (www.FUB.it), ente di ricerca nel settore delle ICT e telecomunicazioni, sta avendo il suo momento di notorietà come gestore designato del “Registro pubblico delle opposizioni”, ovvero l’elenco a cui si dovrebbero iscrivere i cittadini-utenti telefonici che vogliono dichiarare la propria volontà di non ricevere più chiamate dagli operatori del telemarketing.
Nel dibattito aperto in rete tra utenti, associazioni di consumatori ed esperti di diritto, alcuni osservatori hanno posto l’accento sulla struttura dei finanziamenti della FUB, che un tempo provenivano da un prelievo percentuale sui ricavi delle società telefoniche pubbliche, mentre ora vengono da contributi ripartiti tra Stato e soci fondatori, ovvero tutte le maggiori imprese italiane del settore telecomunicazioni. Proprio la presenza di questi ingombranti sponsor ha dato adito già in passato a dubbi sull’imparzialità degli studi e dei progetti a cui la Fondazione ha partecipato in ambiti particolarmente delicati quali ad esempio quello dell’inquinamento elettromagnetico. Il nocciolo della questione è sempre lo stesso, ovvero: controllati e controllori non dovrebbero stare dalla stessa parte. Anche se, a onor del vero, a difesa della Fondazione va detto che almeno qui la partecipazione degli operatori è trasparente e regolata da statuto e appositi codici, mentre in altre sedi istituzionalmente più “autonome” i condizionamenti possono ugualmente sussistere con i consueti meccanismi sottotraccia, meno evidenti ma probabilmente più efficaci. Recenti voci, peraltro, parlano di un sempre minore interesse dei finanziatori privati nei confronti delle attività della FUB, evidentemente considerate non particolarmente strategiche in termine di “ritorni”, di know-how o immagine che siano. Così si ritorna a parlare del riassorbimento della Fondazione all’interno del Ministero dello sviluppo economico, soggetto che peraltro ne costituisce il maggior interlocutore istituzionale, avendo sottoscritto un gran numero di convenzioni e progetti tra i quali spicca quello relativo al supporto nella transizione alla tv digitale terrestre. E proprio l’affidamento da parte del Ministero alla FUB della gestione del Registro delle opposizioni è stato letto da alcuni come un tentativo di lanciare un’estrema ciambella di salvataggio all’ente di ricerca. La gestione del registro pare infatti essere un compito più adatto ai burocrati piuttosto che agli scienziati e tecnici di alto livello che la Fondazione annovera nelle sue file. Se l’assorbimento dovesse avverarsi, si compirebbe un processo inverso rispetto a quello avvenuto tra il 2000 e il 2001, quando la Fondazione venne liquidata e successivamente ricostituita con un nuovo modello di governance, quello attuale. Un ritorno al passato di “braccio” scientifico-tecnologico della PA di settore, ma anche il fallimento del tentativo di porsi come ente autonomo e “terzo” tra soggetti pubblici e privati delle TLC. (E.D. per NL)