"Per anni – scrive in un comunicato l’associazione Codacons – lo Stato Italiano ha costretto gli italiani a pagare un odioso balzello, la cosiddetta "tassa di concessione governativa’, corrisposta dagli intestatari di un abbonamento di telefonia mobile nella misura di 5,16 euro mensili se privati e di 12,91 euro se business".
Introdotta dal DPR sulla "Disciplina delle tasse sulle concessioni governative" del 1972, la tassa è stata estesa nel 1995 ai telefoni cellulari in abbonamento, considerati "beni di lusso’. Ora però la Commissione Tributaria del Veneto, con sentenza del 10 gennaio 2011, non solo ha riconosciuto che a seguito dell’entrata in vigore del Nuovo Codice delle Telecomunicazioni questa tassa non è più prevista, ma ne ha addirittura affermato l’illegittimità e l’anacronismo, in un mercato in cui vigono le regole della liberalizzazione. Si legge nella sentenza: "con il D. Lgs 259 è stata abrogata tacitamente tutta la normativa basata sul presupposto di un rapporto concessionario di tipo pubblicistico, è venuto quindi meno il presupposto per l’applicazione della T.C.G. (tassa di concessione governativa) […] Nella fattispecie ricorre questa situazione perchè il passaggio dal regime pubblicistico a quello privatistico ha costituito una nuova totale regolamentazione della materia ed ha comportato un nuovo assetto normativo. Come conseguenza tutta la precedente disciplina, che era basata sul presupposto della concessione, risulta abrogata". A seguito di tale sentenza il Codacons lancia oggi una class action cui possono aderire in tutta Italia i titolari di abbonamenti di telefonia mobile, finalizzata a chiedere per il futuro la sospensione dell’odioso balzello. "Non solo. Ciascun abbonato privato – spiega il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – può chiedere allo Stato fino a 185,76 euro di rimborso per la tassa pagata negli ultimi 3 anni, che salgono a 464,76 in caso di utenze business. La cifra complessiva da restituire agli utenti si aggira attorno ai 2,5 miliardi di euro".