All’epoca dei social network, di Twitter e Facebook, lo strumento più invasivo è…il telefonino. Per scoprirlo, l’esponente del partito ecologista tedesco Marte Spitz, ventisei anni, ha dovuto impiegare un anno e un lungo carteggio tra i suoi avvocati e quelli dell’operatore telefonico di bandiera, in Germania, Deutsche Telekom.
Al termine di un lungo tira e molla, l’azienda ha reso disponibili i dati circa il “controllo” che il cellulare di Spitz ha permesso loro di effettuare negli ultimi anni, così come lo permette ogni cellulare di ogni persona, in qualunque paese, con qualunque operatore. In particolare, nel semestre che va da settembre 2009 a marzo 2010, Deutsche Telekom ha registrato gli spostamenti del ventiseienne attivista politico, localizzandolo per ben 35.831 volte, con una media di un checkpoint ogni 7 minuti. Cose da pazzi. Come sappiamo, la nostra privacy, all’epoca dei social network e della posta elettronica è messa gravemente a repentaglio dalla molteplicità di input che, volontariamente o no, diamo alle aziende proprietarie dei nostri oggetti di svago (o lavoro). Ogni volta che scriviamo su Facebook ciò che stiamo facendo, lo segnaliamo a un database che immagazzina dati e che è in grado di ricostruire, più o meno fedelmente, la nostra vita, i nostri gusti, i nostri spostamenti. Ora, gli iPhone di ultima generazione sono anche in grado di fornire un servizio per cui, spontaneamente, una persona segnala il luogo esatto in cui si trova. Per non parlare di Twitter, che ha una funzione analoga. Internet, poi, consente a chiunque di localizzare gli spostamenti di una persona prendendo gli input (come una ricerca su Google, ad esempio) che uno dà al suo pc e risalendo alla connessione che sta utilizzando per navigare. In questo marasma, in questo Grande Fratello generale che è la nostra vita in questa epoca, però, lo strumento più invasivo resta il telefono cellulare. Come ha segnalato, appunto, Spitz, che ha reso nota la mappa dei suoi movimenti nel semestre prima citato, e che è disponibile sul sito della Zeit Online (http://www.zeit.de/datenschutz/malte-spitz-data-retention), le aziende telefoniche, la Deutsche Telekom al pari delle altre, in Germania e in tutto il mondo, sono in grado non solo di ascoltare tutto ciò che diciamo, i nostri segreti inconfessabili e le nostre storie personali, ma sono in grado di localizzare i nostri movimenti, sostanzialmente, ventiquattro ore al giorno. E non hanno bisogno di input, come il computer, ma basta semplicemente tenere il telefono acceso perché questo capti una particolare cella (come si dice in gergo tlc), per accedere a una connessione, per fare in modo che si sappia esattamente dove ci troviamo. Ad onor del vero, gli oltre 35mila segnali giunti dai luoghi in cui si trovava Marte Splitz tra 2009 e 2010 sono, secondo quanto scrive ItaliaOggi, pari alla frequenza dei controlli della posta elettronica da parte dell’interessato. Sempre l’articolo del quotidiano economico-finanziario riporta il giudizio, sulla vicenda, di Kevin Bankston, avvocato della Electonic Frontier Foundation, specializzato in leggi sulla privacy. Secondo lui i continui controlli da parte delle aziende, telefoniche e non, non costituirebbero una violazione della privacy, specie in considerazione del fatto che dal settembre 2001, dopo il crollo delle Torri Gemelle di New York, gli Stati Uniti hanno imposto alle proprie imprese di rafforzare ogni genere di controllo sulla vita dei cittadini, perché in ogni uomo comune potrebbe nascondersi un potenziale colluso con il mondo del terrorismo internazionale. Che questa sia stata solo una scusa per penetrare più a fondo alla vita privata delle persone, ai loro gusti e ai loro stili di vita, per vendere questi dati a chi li utilizza per ragioni commerciali? (L.B. per NL)