"Abbiamo tutti frequenze sulla banda 700 Mhz. E tutto a un tratto ti trovi a dover migrare da un’altra parte, senza tener conto che se le società di telecomunicazioni che vogliono ottenere più clienti si devono basare sui contenuti, che poi sono al centro della nostra attrattività, visto che li produciamo noi broadcasters".
Le parole, tra un misto di scoramento e d’insofferenza, sono del presidente Mediaset Fedele Confalonieri, che le ha pronunciate in occasione del consesso della Confindustria Radio Tv. I Senza considerare, che i giganti del web capitalizzano guadagni «senza sottostare alle regole degli editori tradizionali, restituendo pochissimo al sistema Paese in occupazione e tasse", gli fa eco il presidente della federazione, Rodolfo De Laurentis, che chiede "di poter competere ad armi pari con regole nuove ed eque». De Laurentis, sollecitando una riduzione dei privilegi ai superprovider di internet, ricorda come il settore media abbia perso negli ultimi 5 anni "3,4 miliardi di euro, -35% rispetto al 2008", mentre "Apple ha fatturato nel 2013 170 miliardi di dollari (35 volte il fatturato di Mediaset) e Google 60 miliardi di dollari (17 volte)», senza considerare che «La capitalizzazione in borsa di Apple è oggi comparabile alla metà del valore complessivo della borsa italiana, ma in alcuni momenti in passato lo ha equiparato». Di qui la richiesta di «poter competere ad armi pari con regole nuove ed eque» con i superplayer del web, che «capitalizzano guadagni senza sottostare alle regole degli editori tradizionali» e che, secondo il Garante della Privacy, hanno raggiunto un potere «sottratto a qualunque regola democratica». La critica del vertice del Biscione riassume tutta la contraddizione di una politica nostrana che fino a pochissimo tempo fa era palesemente tivucentrica, ma che nel giro di un battito d’ali di farfalla si è convertita a quello che è stato identificato come un bene di prima necessità, cioè la connessione al web. Banda, banda e ancora banda; da rastrellare in ogni pertugio dello spettro elettromagnetico. Capacità forse in eccesso, se è vero – come è vero – che le risorse frequenziali acquistate all’asta del dividendo esterno (i canali 61-69 UHF) non sono praticamente ancora state sfruttate per il lancio della tanto strombazzata tecnologia LTE. Che infatti è ancora un’utopia. E’ la solita Italia degli eccessi: prima da una parte, con governi piegati agli interessi del piccolo schermo, e poi dall’altra, con esecutivi pronti a saltare sul carro del (apparente) vincitore tecnologico. (M.L. per NL)