Con sentenza in data 20/03/2015 (n. 1519) la Sez. 3 del Consiglio di Stato ha fissato un importante precedente a riguardo dei limiti nell’esercizio del potere/dovere di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale ex art. 14, comma 1, della l. 36/2001 ed ex art. 54, comma 4, del T.U.E.L. nell’ambito dell’adeguamento degli impianti ai limiti di emissione dei campi elettromagnetici.
La decisione ha preso le mosse dall’appello proposto, avverso una sentenza del TAR Abruzzo , da un’impresa di radiodiffusione sonora a carattere commerciale in ambito nazionale esercente, da numerosi anni, un diffusore ubicato in località San Silvestro, nel Comune di Pescara oggetto di un’ordinanza del Comune di Pescara che, in dichiarata applicazione dell’art. 54, comma 2, del D. Lgs. 267/2000, aveva diffidato la società dal continuare l’esercizio delle trasmissioni in condizioni di superamento dei valori di attenzione rilevate nelle postazioni intimando di adeguare i propri impianti per ricondurre i valori dei campi elettromagnetici all’interno delle previsioni del d.P.C.M. 08/07/2003, anche per quanto riguarda il rispetto dei limiti relativi al concorso delle emissioni. Nel merito, la ricorrente aveva, in prime cure, articolato tre distinti motivi di censura, deducendo rispettivamente l’ordinanza impugnata sarebbe stata viziata da: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 10 della l. 241/1990, in quanto con la stessa sarebbe stata disposta la riduzione a conformità dei campi elettromagnetici basandosi su misure effettuate senza contraddittorio con la ricorrente; 2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 6, lett. a), della l. 249/1997, violazione del d.P.C.M. 08/07/2003, violazione e/o falsa applicazione del d.l. 5/2001, convertito con modificazioni in l. 66/2001, nonché incompetenza e difetto di motivazione, per l’incompetenza del Sindaco ad emettere provvedimenti, come quello impugnato, in questa materia, anche nella forma dell’ordinanza contingibile ed urgente; 3) difetto di presupposto, in quanto l’ordinanza sarebbe stata emanata sul presupposto che l’impianto della ricorrente avrebbe superato i limiti di esposizione di cui al d.P.C.M. 08/07/2003, mentre tale impianto non supererebbe tali limiti. I giudici di secondo grado hanno accolto il ricorso, censurando in primo luogo il fatto che il primo giudice aveva inteso negare al provvedimento amministrativo, impugnato in primo grado, la natura di ordinanza contingibile ed urgente, affermando che il richiamo all’art. 54 del T.U.E.L. in esso contenuto è “del tutto superfluo”, posto che il Sindaco avrebbe invece inteso esercitare, come prevede l’art. 14, comma 1, della l. 36/2001, “una doverosa vigilanza sugli impianti per assicurare il rispetto dei tetti di radiofrequenza”. Tale valutazione, secondo i giudici del CdS è erronea, poiché il provvedimento impugnato ha, al contrario, natura di ordinanza contingibile e urgente non solo sul piano formale, per il richiamo espresso alla disposizione dell’art. 54, comma 4, del T.U.E.L., ma anche e soprattutto sul piano sostanziale, per la ritenuta urgenza di adottare (come si legge in esso) “un provvedimento idoneo alla eliminazione degli inconvenienti segnalati già da anni e non ulteriormente differibili nel preminente interesse della comunità, trattandosi di limiti imposti a tutela della salute pubblica”. Così correttamente inquadrata l’ordinanza n. 239, nel suo significato letterale e sostanziale, per i giudici di secondo grado, “è allora assorbente e radicale il vizio di legittimità oltre che di difetto di motivazione, denunciato dall’odierno appellante, in quanto il Comune ha inteso, con l’ordinanza impugnata in primo grado, esercitare il potere di cui all’art. 54, comma 4, del T.U.E.L., senza che ne ricorressero i presupposti, giacché non è possibile ravvisare nel caso di specie l’urgenza qualificata prevista dalla disposizione, essendo la situazione evidenziata dal provvedimento – il preteso superamento dei c.d. valori di attenzione – tutelabile con gli strumenti ordinari e non integrando essa quel carattere di straordinarietà capace di giustificare l’emanazione dell’ordinanza contingibile ed urgente”. Secondo il supremo organo di giustizia amministrativa, era anzi la stessa ordinanza a sottolineare che il proprio fine era quello di eliminare “gli inconvenienti segnalati già da anni e non ulteriormente differibili nel preminente interesse della comunità”, risultando ben chiaro, dalla sua lettura, la permanenza di una situazione che, laddove i valori di attenzione fossero stati effettivamente superati, si sarebbe potuta e dovuta fronteggiare con gli ordinari strumenti. Sul punto, la G.A. ha ricordato, anzitutto, come l’art. 9 della legge 36/2001 affida alle Regioni l’adozione dei piani di risanamento ambientale al fine di adeguare, in modo graduale, gli impianti radioelettrici già esistenti alla data della entrata in vigore della legge ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della stessa legge e che, inoltre, la realizzazione del piano è controllata dalle Regioni, che possono prevedere anche la delocalizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia e degli impianti di diversa tipologia in siti idonei. Per i giudici di ultima istanza, “non è neppure dubbio che, conformemente a tale previsione legislativa, l’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 (Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico) ha previsto in capo alla Regione l’adozione dei piani di risanamento e dei provvedimenti eventuali di delocalizzazione degli impianti”. A tale quadro normativo, che riguarda nello specifico il piano di risanamento ambientale (che non risulta sia stato adottato nel caso di specie), deve poi aggiungersi quella per il CdS è “la fondamentale e successiva regolamentazione introdotta dal D. Lgs. 177/2005 che, nel riordinare sistematicamente l’intera materia, prevede ora nell’art. 28, comma 7, che, in attesa dell’attuazione dei piani di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora e televisiva in tecnica digitale e sonora in tecnica analogica, gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti di cui al comma 1, sono trasferiti, con onere a carico del titolare dell’impianto, su iniziativa delle Regioni e delle Province autonome, nei siti individuati dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica analogica e dai predetti piani e, fino alla loro adozione, nei siti indicati dalle regioni e dalle province autonome, purché ritenuti idonei, sotto l’aspetto radioelettrico dal Ministero dello Sviluppo Economico, “che dispone il trasferimento e, decorsi inutilmente centoventi giorni, d’intesa con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, disattiva gli impianti fino al trasferimento”. Divergendo dall’orientamento assunto in precedenza dalla sez. VI dello stesso Consiglio di Stato con sentenza 1260/2013, i giudici hanno quindi ritenuto che “alla luce di tale quadro normativo difettino o, comunque, non siano stati adeguatamente motivati i presupposti per l’emanazione di una ordinanza contingibile ed urgente”. “Non va trascurato, infatti, – si legge nella sentenza disaminata – che il potere di ordinanza contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da una istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, ed in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale (Cons. St., sez. V, 25.5.2012, n. 3077)”. A supporto dell’orientamento adottato, è stata richiamata la costante giurisprudenza del CdS che afferma che la contingibilità deve essere intesa come “impossibilità di fronteggiare l’emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell’accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi” e l’urgenza come “l’assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile”. Invero, ha spiegato il Collegio, “l’ordinamento, in questa materia specifica, già prevede strumenti tipici per fronteggiare il pericolo derivante dal superamento dei valori di attenzione – e tra questi, la delocalizzazione degli impianti e, in via di urgenza, la disattivazione degli impianti stessi da parte del competente Ministero – sicché l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente, a fronte di una situazione fronteggiabile con gli ordinari strumenti previsti dalla disciplina in materia, non si giustifica e non appare debitamente motivata nel caso di specie”. “Non si vuol negare certo – hanno puntualizzato i giudici – che, in situazioni eccezionali, il Sindaco – nell’esercizio del potere/dovere di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale riconosciutogli dall’art. 14, comma 1, della l. 36/2001 – possa esercitare i poteri di cui all’art. 54, comma 4, del T.U.E.L. anche in questa materia, come ha del resto chiarito anche la citata sentenza di questo Consiglio, sez. VI, 4.3.2013, n. 1260, essendo tale disposizione una norma di chiusura intesa ad ovviare a pericoli eccezionali e, cioè, a situazioni contingibili ed urgenti, nei termini sopra specificati, extra ordinem, ma appunto di pericoli eccezionali deve trattarsi, che non consentono il ricorso ad ordinari e tipici poteri amministrativi, e non di situazioni gravi, per quanto consolidatesi nel tempo, rimediabili con l’esercizio di poteri tipici”. L’art. 54, comma 4, del T.U.E.L., in altri termini, non consente al Comune di sostituirsi all’esercizio o al mancato esercizio di poteri spettanti ad altre autorità amministrative, che non risulta nel caso di specie – al di là di un generico e non chiaro riferimento ad “inconvenienti segnalati già da anni” siano state tempestivamente interessate o sollecitate dal Comune, posto che è la stessa ordinanza sindacale ad avvertire, nella sua parte dispositiva, che “in caso di accertamento di situazioni di persistenza dei superamenti dei limiti fissati dalla legge per le emissioni di campi elettromagnetici” sarebbero stati “adottati dalle autorità competenti provvedimenti per la cessazione delle attività delle emittenti responsabili delle violazioni, in San Silvestro colle di Pescara”. Per tale assorbente profilo, i giudici di ultima istanza hanno ritenuto l’ordinanza comunale viziata da violazione di legge e quindi da annullare con la conseguenza che la sentenza impugnata, che aveva erroneamente inteso negare al provvedimento impugnato la natura di ordinanza contingibile e urgente, doveva essere dunque riformata, con conseguente annullamento, in parte qua e con riferimento alla posizione soggettiva dell’odierna appellante, dell’ordinanza emessa dal Comune di Pescara. (M.L. per NL)