Tlc e salute. La procedura unica prevista dal Codice delle Comunicazioni nell’evoluzione della giurisprudenza

La salvaguardia della salute è, ovviamente, il bene della vita che gli articoli 87 e 88 del D. Lgs n. 259/2003 tutelano in condizione di superiorità rispetto alla libertà di iniziativa economica, ma non senza qualche opportuno distinguo che via via ha enucleato la giurisprudenza amministrativa.

Il cosiddetto procedimento unico semplificato che le richiamate disposizioni introducono quale normativa speciale, scavalca gli adempimenti che prima del 2003 erano previsti dal Testo Unico dell’Edilizia, seppur polarizzando il relativo procedimento autorizzatorio in capo al Comune ed all’A.R.P.A. per quanto concernente valutazioni edilizie, ambientali e sanitarie. In proposito, pare opportuno sottolineare che le infrastrutture per le telecomunicazioni, nella filosofia del Codice e nelle linee guida fornite dalla giurisprudenza intervenuta in materia sono qualificate alla stregua di opere di urbanizzazione primaria che pertanto sfuggono alle logiche di parcellizzazione del territorio da parte degli enti locali. In proposito, si ricordi la sentenza n. 1578/2009 pronunciata dal Consiglio di Stato, in base alla quale si definiva l’istallazione di un impianto di telefonia “compatibile di per sé con qualsiasi zonizzazione, alla stregua di opera di urbanizzazione necessaria ad assicurare la copertura del servizio di telecomunicazione sul territorio comunale”, soprattutto a seguito dell’abrogazione della legge n. 189/1997 nel vigore della quale i Comuni adottavano quale momento istruttorio imprescindibile la Valutazione d’impatto ambientale (VIA). In un tale contesto, vieppiù, si innesta la ratio declinata dalla più recente normativa di settore che sempre più incisivamente spinge per una generalizzata liberalizzazione del mercato delle comunicazioni elettroniche ed in particolare dell’accesso alle reti trasmissive che garantisca tra gli operatori una concorrenza effettiva su tutto il territorio nazionale, in virtù della quale è stata recentemente messa in discussione anche la regionalizzazione delle tariffe dell’A.R.P.A. per il rilascio dei pareri sulle nuove istallazioni o per lo svolgimento dei controlli sugli impianti esistenti (Corte Costituzionale sent. n. 272/2010). Tornando alla normativa citata in apertura ed in particolare all’art. 87 del D. Lgs n. 259/2003 rubricato “Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici”, particolarmente dibattuta la disciplina del silenzio-assenso. A mente del suo comma 9, infatti, la disposizione prevede che “Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda (…) non sia stato comunicato un provvedimento di diniego”. Stando al tenore letterale della norma (soprattutto se decontestualizzato), potrebbe sembrare che l’autorizzazione “implicita” ivi prevista possa prescindere dal rilascio del parere sanitario demandato all’Agenzia Regionale, ma in realtà – sul punto – la giurisprudenza è in passato intervenuta più volte a chiarire l’equivoco. L’ermeneutica seguita dai giudici, difatti, pone, ancora una volta, al centro delle proprie argomentazioni la tutela della salute ed il rispetto dei limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici attualmente contenuti nel D.P.C.M. 8 luglio 2003, subordinando la possibilità di attivare nuovi impianti al favorevole esito dell’istruttoria A.R.P.A., conclusa la quale senza che nei successivi 60 giorni si pronunci il Comune competente, taluni arresti hanno in diverse occasioni ritenuto legittimo il contegno tenuto dal richiedente l’autorizzazione di installare e/o attivare le relative infrastrutture nonostante l’amministrazione comunale non abbia ancora concluso il procedimento con un provvedimento espresso. Un ultima chiosa merita il dibattito che ultimamente si è venuto a creare intorno alle materie di legislazione concorrente che canalizzano la disciplina normativa intorno alla quale si è dipanato il nostro discorso. Come noto, infatti, l’art. 117, comma 3, della Costituzione in tema di “tutela della salute” attribuisce allo Stato la potestà inerente la declinazione dei principi fondamentali, quali – ad esempio – la disciplina inerente i limiti di inquinamento elettromagnetico che le regioni non possono in alcun modo derogare o modificare. (S.C. per NL)

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