Il testo del Mise sulla banda ultra larga viene approvato dal Cdm, ma solo “a metà”: Anas e Ministero dei Trasporti chiedono maggiore coordinamento. Asstel: “schizofrenia politica”.
Attorno alla questione della banda ultra larga si è sollevato, in questi giorni, il classico polverone all’italiana. Stavolta il pomo della discordia è il decreto fibra, approvato mercoledì scorso dal Cdm, per l’attuazione della direttiva Ue 61 del 2014; ma l’approvazione è arrivata solo in parte, attraverso la clausola “salvo intese”, a causa dei numerosi malumori sollevati da parte degli enti interessati. Antonio Giacomelli, sottosegretario Mise alle Comunicazioni, ha sottolineato l’importanza strategica del decreto nell’accelerazione degli investimenti nelle reti di nuova generazione. Il testo dovrebbe semplificare le procedure nell’ambito della realizzazione delle opere, abbattendo gli oneri di posa e le tassazioni improprie su interventi che andrebbero a valorizzare il territorio. Eppure prima dell’approvazione definitiva del decreto sarà necessaria una consultazione col Ministero dei Trasporti, dopo le parole del Ministro Delrio che si è detto «preoccupato per le ripercussioni che i lavori fatti in fretta possano avere su costi e sicurezza di chi le strade le gestisce, come l’Anas». Proprio Gianni Armani, presidente del gestore della rete stradale italiana, rincara la dose: «Non sono state tenute in conto le nostre richieste di un coordinamento per evitare il lievitare dei costi e problemi alla sicurezza che scavi e tagli dell’asfalto possono creare». Lo stop temporaneo verte principalmente su due punti: il primo relativo all’articolo 5 del testo, che darebbe il via libera all’utilizzo di nuove tecniche di scavo senza dover ricorrere, come succede oggi, all’autorizzazione mediante specifico provvedimento legislativo. Il secondo punto riguarda invece il 3° comma dell’art. 12, che permetterebbe agli operatori di essere tassati solo per l’occupazione di suolo pubblico. Con questo i comuni si vedrebbero privati della possibilità di applicare ulteriori tasse sui lavori, i cosiddetti “oneri non ricognitivi”. Interviene duramente anche Dina Ravera, presidente di Asstel, che si scaglia contro il ritardo nell’emanazione del testo (parlando di «schizofrenia politica»), che renderebbe vani gli sforzi «per accelerare l’attuazione della strategia del Governo sulla banda ultra larga e rendere più efficienti gli investimenti infrastrutturali degli operatori di tlc». Insomma, indubbiamente si stanno facendo piccoli passi in avanti per colmare il ritardo italiano, anche se la figuraccia sembra continuare a nascondersi dietro l’angolo. (G.C. per NL)