Le questioni sul piatto sulle quali bisogna ancora trovare un accordo comune non sono molte, in termini numerici, ma sono le piu’ importanti: accesso alle reti Ngn e assegnazione delle frequenze derivanti dallo switch off televisivo (migrazione dall’analogico al digitale) sono i due piu’ intricati nodi da sciogliere. Stando alle parole del Commissario europeo per la Societa’ dell’Informazione Viviane Reding ”il 70% del lavoro e’ stato fatto”. Ma non tutti concordano: durante la conferenza che ha riunito a Praga, lo scorso 17 febbraio, i ministri delle Tlc dei 27 Stati membri, sono stati presentati una serie di emendamenti al testo iniziale della Commissione gia’ revisionato dal Parlamento europeo a settembre 2008 e successivamente recepito dalla Commissione il 6 novembre e nuovamente dal Consiglio il 27 novembre. ”Ma parlare di un accordo vicino e’ ridicolo – sottolinea un diplomatico europeo che preferisce restare anonimo -. Sul 90% del testo non c’e’ concordanza di opinioni. Dunque siamo parecchio lontani dal traguardo”.
IL PUNTO DI VISTA DELL’ETNO.
Il direttore dell’Etno Michael Bartholomew lancia l’appello alla politica chiedendo ai governi di fare lo loro parte.
”L’iter di revisione del quadro regolatorio europeo e’ entrato in una fase critica, alla ricerca di un accordo prima delle elezioni del Parlamento europeo di giugno. Ancora molte questioni chiave rimangono irrisolte – scrive Bartholomew sulle pagine del Corriere delle Comunicazioni -. Le next generation access networks (Nga) e i rischiosi investimenti connessi fanno parte a pieno titolo del dibattito. Come sostiene l’Eu Recovery Plan, lo sviluppo di network veloci a larga banda rappresenta un’opportunita’ importante per l’Europa in tempi di recessione: portera’ a piu’ innovazione, nuovi posti di lavoro, crescita economica.
L’Europa e’ indietro. Le regole esistenti vanno adattate per incoraggiare lo sviluppo delle nuove reti ed incentivare ad investirvi tutti i player. La ”Review” e’ un’opportunita’ unica per raggiungere questo obiettivo. Non puo’ essere sprecata. La legislazione basata su un accesso regolato e’ stata pensata per le reti in rame e puntava a incoraggiare la competizione sul mercato. Questo risultato e’ stato raggiunto a beneficio dei consumatori. Ma le stesse regole non possono essere automaticamente estese ai nuovi network che comportano investimenti rischiosi da realizzare in un ambiente estremamente competitivo. I pochi abbonati alla fibra in Europa sono serviti dagli operatori alternativi. Cio’ dimostra che in molte zone la transizione alle Ngn puo’ portare ad una competizione tra network sostenibile. I politici non dovrebbero scoraggiare lo sviluppo di network alternativi trainato dal mercato, assumendo che gli unici a potere investire assumendosi il rischio siano gli incumbent.
Gli investimenti possono essere incentivati significativamente consentendo agli operatori, sotto il controllo dei regolatori, di negoziare accordi di accesso piu’ consistenti e per un periodo piu’ lungo. Parte del rischio di investimento verrebbe cosi’ condiviso. Stimolare gli investimenti in Nga ed assicurare una competizione forte sono obiettivi complementari: in cambio di impegni a piu’ lungo termine, gli operatori possono ottenere condizioni di accesso piu’ vantaggiose che consentiranno migliori scelte per i consumatori. Senza misure chiave di incoraggiamento degli investimenti, la review potrebbe persino peggiorare le condizioni di investimento piuttosto che favorirle, a detrimento dei consumatori e dell’economia”.
IL PUNTO DI VISTA DELL’ECTA.
Convinto della necessita’ di una veloce approvazione del pacchetto anche Innocenzo Genna, presidente di Ecta. ”Non si tratta certo di una rivoluzione copernicana: i capisaldi fondamentali del framework sono confermati, ma vengono corrette le debolezze, rese piu’ efficaci e circoscritte le norme, aumentati i poteri dei regolatori. Il punto piu’ controverso riguarda le reti d’accesso in fibra ottica (Ngan): mentre il Consiglio Ue e la Commissione difendono un approccio competitivo, per salvaguardare adeguate condizioni di concorrenza, il Parlamento si fa promotore di un’istanza che proviene da incumbent potentissimi quali Telefonica e Deutsche Telekom – sottoliena Genna -. Si tratta del risk sharing, strumento normalmente utilizzato in venture quali l’installazione di cavi sottomarini o il lancio di satelliti.
Qui il rischio viene ”condiviso” sulla base di logiche commerciali e non regolamentari, poiche’ il bene in causa non e’ un monopolio, ma e’ disponibile a tutti. In materia di Ngan la situazione e’ diversa: l’ultimo miglio e’ un bottleneck e deve essere per forza aperto alla concorrenza, pena il ritorno al monopolio. E qui sta il punto: negare l’accesso ad un bene essenziale oppure renderlo disponibile a prezzi impossibili e’ la stessa cosa. Per questo il Parlamento, pur perseguendo obiettivi legittimi quali quello di stimolare gli investimenti nelle Ngan, alla fine si affida allo strumento sbagliato, perche’ non ne ha compreso le implicazioni ultime Ma davvero gli investimenti nelle reti Ngan sono cosi’ rischiosi? Si tratta di investimenti importanti, ma non per questo sono rischiosi per tutti. Per gli incumbent, il rischio e’ calcolabile: essi partono da una posizione di assoluto privilegio godendo di elevatissime quote di mercato broadband, di elevati flussi di cassa e possedendo in via esclusiva l’ultimo miglio. I conti annuali recentemente presentati da Telefonica confermano il quadro: il solo profitto netto per il 2008 (circa 7,5 miliardi di euro) corrisponde a 7 volte gli investimenti programmati in reti Ngan a fronte di una cortese moratoria del regolatore.
Insomma, la verita’ e’ che per gli incumbent la transizione verso le Ngan e’ meno rischiosa di quanto essi vogliano far credere, perche’ puo’ essere finanziata con il cash flow corrente e consente ingenti risparmi in costi operativi.
Il fatto che taluni incumbent stiano investendo poco nelle Ngan e’ una sorta di ”pre-tattica”: sono dominanti nel broadband/Adsl e quindi, prima di passare alle fibre, attendono la possibile deregolamentazione al fine di poter re-instaurare il monopolio, come accaduto nel 2000 quando si passo’ dal dial-up all’Adsl”.