Che la pandemia, con lo sviluppo esponenziale della connettività, abbia fatto fare affari d’oro alle telco è un pensiero comune. Errato.
I ricavi complessivi delle principali aziende che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche, si sono infatti ridotti nel periodo 2016-2020 del 10,1%, passando da 31,5 miliardi di euro nel 2016 ai 28,3 miliardi di euro nel 2020.
La pressione competitiva del settore rappresenta il principale fattore alla base della tendenziale riduzione della redditività del settore (in primo luogo del margine operativo lordo), osservabile in particolare nel triennio 2016-2018.
Focus Agcom su tlc periodo 2016-2020
È quanto emerge dai bilanci d’esercizio di oltre 30 imprese operanti nel comparto nel segmento temporale 2016-2020, analizzati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni con un apposito focus che fotografa, in maniera sintetica, lo stato di salute del settore attraverso l’analisi delle principali grandezze economico-patrimoniali.
Il Covid non ha aiutato
Dopo un miglioramento ottenuto nel 2019, la nuova flessione osservata lo scorso anno (l’ebitda tra il 2019 ed il 2020 passa dal 38,5 al 36,6%) appare legata alla crisi pandemica che ha caratterizzato l’esercizio 2020. Il margine netto (Ebit), pur scendendo di 0,9 punti percentuali rispetto al 2019 (dal 10,4 al 9,5%), rimane superiore a quanto registrato nel 2016 (7,8%). L’utile ante-imposte, dopo i valori negativi del 2017-2018, torna in area positiva nel 2019 (3,7%), per migliorare ancora nello scorso esercizio (6,2%).
Politiche aziendali
Va tuttavia ricordato come le specifiche politiche aziendali in materia di ammortamenti e svalutazioni di cespiti, oltre agli oneri sull’indebitamento, naturalmente impattino sul livello del margine operativo netto e sul risultato d’esercizio ante imposte.
2010-2020
Considerando un periodo di tempo maggiore (2010 – 2020) rispetto a quello analizzato (2016-2020), è interessante notare come il settore delle comunicazioni elettroniche, limitatamente alle imprese considerate, ha registrato complessivamente, a fronte di oltre 365 miliardi di euro di ricavi, un risultato netto aggregato, valutabile in circa 900 milioni.
Pressione competitiva
Tali dati sembrano testimoniare sia gli effetti della pressione competitiva sui prezzi, sia la natura fortemente “capital intensive” del settore, con flussi di investimenti (in infrastrutture fisiche e asset immateriali) che nel periodo 2010-2020 sono stati pari a 77,1 miliardi di euro, valore di poco inferiore al complesso degli ammortamenti e delle svalutazioni operati nello stesso periodo (circa 85 miliardi di euro).
Investimenti 2026-2020
Gli investimenti effettuati tra il 2016 ed il 2020 sono valutabili in 40,6 miliardi di euro e, nel periodo considerato, hanno mediamente assorbito oltre il 95% dei flussi di cassa generati dall’attività operativa.
A fine 2020, gli addetti diretti nel settore risultano essere 60.600, con una riduzione complessiva nell’ultimo anno di poco più di 1.400 unità lavorative.
Trend riduzione addetti
Il trend di riduzione degli addetti è in atto da tempo (nel 2016 gli organici del comparto erano, in termini omogenei, circa 70.000) ed è conseguente ai processi di riorganizzazione aziendale che hanno interessato alcuni tra i principali operatori storici (Tim, Vodafone e Wind Tre in particolare).
Tendenza attenuata
Allo stesso tempo, la progressiva strutturazione e la crescita degli operatori che più di recente sono entrati sul mercato, sia nel segmento retail, sia in quello wholesale, attenuano tale tendenza.
Gli operatori post 2016
Al riguardo, va sottolineato come Iliad e Open Fiber (di fatto, non presenti sul mercato nel 2016) abbiano superato complessivamente, a fine 2020, i 1.300 addetti, mentre i livelli occupazionali dei principali operatori FWA (Eolo e Linkem) nel periodo osservato siano cresciuti di oltre 300 unità.
Aumenti organici
Anche alcuni tra gli operatori di minori dimensioni considerati nel campione analizzato nel 2020 hanno visto, seppure in misura contenuta, aumenti negli organici. (E.L. per NL)