Lo standard 5G, la nuova frontiera della banda larga a bassa latenza ed altissima velocità, è in via di definizione e i Paesi in tutto il mondo si affannano nell’implementazione delle infrastrutture per non restare indietro.
Dagli Stati Uniti alla Cina, passando per l’Europa la priorità è liberare porzioni di frequenze da dedicare al 5G e collegare tutte le aree, anche quelle rurali o a bassa densità abitativa. Questo impegno notevole si spiega con la convinzione dei governi che il 5G rappresenti un’occasione di colmare il digital divide per chi sta al passo, ma è anche un rischio notevole di sprofondare nell’arretratezza per gli Stati che si faranno cogliere impreparati quando la banda ultra larga diventerà lo standard comune per le comunicazioni (e l’economia) globali.
Ciò è tanto più importante per i Paesi del terzo mondo, dove risolvere la questione del digital divide, cioè della mancanza di accesso e di fruizione alle nuove tecnologie di comunicazione e informatiche da parte della popolazione, è un nodo cruciale per uscire dalla condizione di sottosviluppo. In India – che è il paese più popoloso del globo – il 76% della popolazione (750 milioni di abitanti) vive in zone rurali e piccoli villaggi non serviti dalla connessione a banda larga e con infrastrutture poco affidabili persino per la conduzione di energia elettrica.
Per superare questa situazione critica, l’Institute of Technology di Bombay (ITT, Università pubblica sita a Mumbai) in collaborazione con Intel Communication India sta mettendo a punto “Frugal 5G”, un progetto di implementazione della rete 4G esistente affinché penetri in modo capillare il territorio e raggiunga l’obiettivo di base della connessione disponibile per tutti, trascurando invece i servizi IoT (Internet of Things, cioè l’estensione di internet agli oggetti) e M2M (Machine to Machine, cioè la trasmissione di informazioni automatica tra macchine) che nei villaggi non sarebbero richiesti.
A proposito del nome del progetto, il senior director di Intel Sundararajan Srinivasan, ha dichiarato: “Parliamo comunque di 5G perché oltrepassa i limiti delle comunicazioni in queste aree che hanno una connettività molto bassa o del tutto assente”. Del resto uno sviluppo immediato di tutte le applicazioni del 5G potrebbe essere prematuro in collettività che non hanno una cultura digitale e potrebbero mostrare indifferenza o, peggio, diffidenza. L’ITT punta ad un’introduzione graduale, per poi sviluppare successivamente anche nelle aree più disagiate i servizi legati all’avvento del 5G. Ciò che realmente serve a chi vive nei villaggi è colmare le distanze e la connessione può essere una soluzione: installando dei “chioschi internet” nelle zone rurali si consentirebbe il pagamento online di servizi di base, come la fornitura elettrica, oppure la vendita di prodotti (rilanciando il commercio delle comunità) e la teledidattica. Affinché tutto questo si realizzi, ovviamente, non è sufficiente solo un intervento infrastrutturale, ma è necessaria un’opera di educazione al digitale per sconfiggere le naturali resistenze di chi non conosce lo strumento.
Già un paio di anni fa, il magnate di Facebook Mark Zuckerberg aveva lanciato un progetto di contrasto al digital divide in India, chiamato “Internet.org”, che ha consentito l’accesso alla rete (sebbene con dei limiti) a tariffe molto basse dedicate alle fasce di popolazione più povere, attraverso un operatore telefonico locale. L’iniziativa privata è stata accolta con freddezza perché si teme violi il principio di neutralità della rete: a seconda dell’operatore telefonico scelto, infatti, si avrebbe un accesso differente alle risorse online. Frugal 5G, sebbene supportato Intel Communications, è un progetto di un’Università che, in quanto istituzione pubblica, dovrebbe fornire maggiori garanzie di perseguire l’interesse democratico. (V.D. per NL)