Alcuni telespettatori avvertono che il panorama televisivo italiano si sta ampliando. Per altri, si tratta semplicemente di un momento di complicatissima transizione. Altri ancora lamentano che non ci sarà mai pace per gli abbonati proprio perché obbligati, almeno dal 31 luglio (data del lancio di Tivù Sat, nonché scadenza del contratto Rai-Sky), a scegliere “liberamente” uno dei tre diversi decoder: Sky, DTT o Tivù Sat. Qualunque sia la scelta, la guerra è iniziata e sembra che possa durare un bel po’. Come è stato brillantemente illustrato sulla copertina dell’ultima edizione de l’Espresso, Murdoch e Berlusconi si trovano schiena contro schiena nel far west della televisione italiana, nel quale RAI ha solo il compito di scondinzolare al comando del pistolero di Arcore. In tal caso il paragone storico è d’obbligo. Tivù Sat è stata ragionevolmente paragonata ad una Triplice Alleanza. E se invece si trattasse della Triplice Intesa? La Triplice Alleanza del caso dovrebbe essere costituita da una Mediaset che detta le regole del gioco; da una RAI, che per necessità si accoda a chi è (politicamente) il più forte e da Telecom Italia Media, che in Tivù Sat detiene una quota di testimonianza così piccola – nemmeno il 5% – da poter battere in ritirata all’ultimo momento. Il quadro, non c’è dubbio, regge. Ma il paragone con la Triplice Intesa potrebbe esser ancora più azzeccato. Ci sarebbero infatti Mediaset e Rai che, dopo un intenso periodo di rivalità per problemi di natura prettamente coloniale (l’isola del digitale terrestre) ed una pax imposta politicamente, si trovano a concludere accordi con Telecom Italia Media (già poco coinvita della sua missione televisiva terrestre), la cui collaborazione si dimostra, almeno in apparenza, tardiva, ma pur sempre efficace per sconfiggere Sky. Qualunque sia il paradigma preferito dai lettori (e dai telespettatori) il conflitto c’è e le vittime sul terreno di battaglia potrebbero essere molte. Come suggerisce un altro contributo recentemente pubblicato su queste pagine, le tv locali sarebbero le prime, soprattutto in un momento di duplicazione dei segnali (digitali e satellitari). Questa scelta renderebbe infatti inutile la presenza di una piattaforma digitale terrestre duplicato della tv numerica satellitare, dove, oltre alla lussuosa seconda abitazione dei soci di Tivù Sat, si potrà guardare (da opportuna considerevole distanza) al polveroso ghetto delle emittenti locali. Lasciate al proprio complicato quanto segnato destino. (Marco Menoncello per NL)