Sei tu, sono io, siamo tutti noi; una comunità che conta centinaia di milioni di persone, sparse per tutti e cinque i Continenti, con culture, interessi, stili di vita totalmente differenti; gente di diverso credo religioso, di diverso orientamento politico e sessuale, con l’unica caratteristica in comune che è quella di far parte del mondo degli internauti, coloro che “succhiano” ogni tipo di conoscenza dal web. Ad affermarlo è “Time”, il prestigioso settimanale americano, che annualmente assegna il premio al personaggio dell’anno, in genere una star, un uomo o una donna importante della politica, dell’informazione, dello show business. Il premio di “Time” è molto ambito, tant’è che, annualmente, si scatena il toto-vincitore, già alcune settimane prima dell’assegnazione. Quest’anno il periodico ha scelto di andare controcorrente o, probabilmente, di porre l’accento su ciò che davvero sta mutando la fisionomia del nostro mondo. Non si tratta di questo o di quel personaggio, ma di tutti noi, o quasi, che ogni giorno mettiamo in moto la macchina del sapere, rappresentata dalla rete internet, che ci mette in contatto, da un capo all’altro del mondo e permette a noi, in Italia, di ricevere notizie dirette dal Sudafrica, dalla Nuova Zelanda, dal Trinidad e Tobago, notizie spesso più autentiche e meno filtrate di quelle che l’informazione di stato può darci. Questa sorta di “democrazia digitale” è un passo avanti di dimensioni impressionanti, fomentato, in questi ultimi dodici mesi, dalla creazione di nuove piattaforme di scambio, come YouTube (invenzione dell’anno) o MySpace, magazzini composti di milioni di video su tutti i temi, provenienti da ogni parte del mondo, semplicemente messi in comune, lasciati nelle mani di milioni di fruitori che intendono “cibarsene”. Secondo il “Time”, tutti quelli che hanno contribuito all’espansione del fenomeno World Wide Web, meritano di essere designati quale personaggio dell’anno, in una batteria di papabili che, oltre alla popolazione della rete, comprendeva il presidente iraniano Ahmadinejad, il leader nordcoreano Kim Jong-Il, il premier cinese Hu Jintau ed il segretario di Stato Usa, James Baker, capo della commissione bipartisan sull’Iraq. In passato era già accaduto che il premio fosse assegnato a delle macrocategorie, in occasione di particolari momenti storici, di svolte importanti per l’umanità. Nel 1966, ad esempio, la generazione degli under 25, la cosiddetta beat generation, fu eletta “person of the year”, in virtù delle lotte politiche e sociali, del cambiamento repentino, in termini di stili di vita, gusti musicali ed ideali, dell’emancipazione delle nuove generazioni nei confronti dei dettami conservatori dei loro genitori e dei loro nonni. Nel 1975 furono elette le donne americane, come simbolo di un percorso d’emancipazione che le ha portate ad ottenere grosse conquiste (ciò, però, non vale solo per le americane). Nel 1983, fu designato il computer, presagendo ciò che questo mezzo avrebbe rappresentato da lì a quindici, vent’anni per l’intera popolazione del globo. A vent’anni di distanza, nel 2003, sembra paradossale come personaggio dell’anno sia stato eletto “il soldato americano”, una specie di salto indietro, nel passato, vent’anni dopo la glorificazione della “democrazia digitale”. Tornando alla rete, dal mondo dell’antropologia ci giunge una curiosità, secondo la quale internet, la “democrazia tecnologica”, il popolo del world wide web, rappresenterebbero, nientemeno che la superazione dell’Homo Sapiens Sapiens, soprattutto oggi, con l’esistenza della prima generazione dei “net nativi”, i bambini di oggi, e classe dirigente del futuro, nati con la rete, per i quali la navigazione ed il web rappresenteranno la norma, non la novità. Questi, più di noi, appartenenti alla generazione precedente, probabilmente l’ultimo esempio di Homo Sapiens Sapiens, potranno essere considerati Homo Tecnologicus. (G.C. per NL)