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Questa è prerogativa esclusiva del management e spetta agli azionisti e al mercato valutarne la bontà. Ciò non significa, però, che, pur nel rispetto dell’autonomia dell’impresa privata, il governo rimanga indifferente al destino di un’azienda, come Telecom, così rilevante per il Paese”. E’ cominciato così l’intervento alla Camera del presidente del Consiglio sul caso Telecom. Il premier ha aggiunto: “Di fronte alle infondate e strumentali accuse di aver mentito sul fatto che io fossi a conoscenza del piano di riorganizzazione societaria varato dal cda di Telecom Italia lo scorso 11 settembre, ho già più volte risposto. Ribadisco, tuttavia, anche in questa sede che negli incontri che i vertici di Telecom Italia hanno richiesto non solo al presidente del Consiglio, ma anche ad altri autorevoli esponenti del governo, non è mai stato fatto alcun accenno a tale piano. E non è certamente un verbale del cda di Telecom Italia a costituire prova che il presidente del Consiglio e con lui il governo, fossero a conoscenza del piano di riorganizzazione”.
“Lo stupore che ho espresso – ha spiegato Prodi – risiede quindi nel fatto che si chieda di incontrare il presidente del Consiglio e non si faccia alcun cenno a quello che di lì a pochissimi giorni sarebbe stata la nuova strategia del gruppo. Vorrei fosse chiaro una volta e per tutte che non anticipare al governo decisioni strategiche rilevanti è nel pieno diritto di qualsiasi azienda. Non era quindi nemmeno obbligo per il management di Telecom Italia informare il governo. In particolre voglio ribadire che il governo, quando era stato infdormato dal vertice di Telecom del profilarsi di una partnership strategica con il gruppo Murdoch, si era limitato ad auspicare che il controllo della più importante azienda di tlc nel Paese rimanesse in mano italiana e, nel contempo, che tale alleanza strategica fornisse l’occasione per rilanciare l’industria italiana delle tlc sui mercati esteri. Su entrambi i punti il governo aveva ottenuto ampie garanzie”.