Dal 1° gennaio di quest’anno i proprietari degli immobili, anche ad uso non abitativo (negozi, magazzini, sedi d’impresa, locali pubblici), saranno soggetti a severe sanzioni se non doteranno i loro edifici di impianti a norma: fino a 5.164 euro per i proprietari e fino a 258 euro per i committenti dei lavori di adeguamento. Questi, i massimi edittali previsti per effetto dell’entrata in vigore del Capo V del Testo Unico in Materia di Edilizia (D.P.R. 06 Giugno 2001, n. 380), efficace e far data da Capodanno 2008 e già oggetto di un’imbarazzante serie di rinvii. Difatti, in prima battuta, intervenne il decreto legge n. 173/2006, si proseguì con il consueto decreto c.d. “milleproroghe” del dicembre 2006, fino ad arrivare alla legge 26 febbraio 2007, n. 17. Tutti questi interventi hanno permesso la “vacatio” delle norme unificate in tema di sicurezza degli impianti fino allo scorso 31 dicembre. La situazione che ora si configura prevede rigide regole inerenti l’impiantistica civile ed industriale applicabili indistintamente a tutti “gli edifici quale che ne sia la destinazione d’uso” (art. 107).
Invero, nonostante la norma sia stata concepita con effetti diluiti nel tempo al fine di consentire il lavoro ministeriale di riordino delle disposizioni in materia di installazione degli impianti all’interno degli edifici, tale restyling non c’è mai stato. Questo modus operandi del legislatore delegato ha alimentato, negli operatori del settore interessato dalla novella, un giustificabilissimo risentimento ed una profonda insoddisfazione dovuta, soprattutto, alla copiosa mole burocratica introdotta “de plano” dal citato d.P.R. ed a cui le imprese che operano nel settore dell’impiantistica saranno d’ora in poi sottoposte. Il Testo Unico, tra l’altro, è estremamente puntiglioso nel prevedere una serie di adempimenti per gli operatori tecnici, annoverando obblighi di abilitazione per gli stessi al rilascio di dichiarazioni di conformità, subordinata a specifici requisiti professionali (artt. 108 e 109), enucleando linee guida per la progettazione, trasformazione e ampliamento di impianti elettrici, elettronici, termici ecc. (art. 110); per quanto concerne, poi, il necessario collaudo degli stessi, se richiesto dalla legge, non occorre presentare il progetto all’apposito Sportello Unico nel caso in cui i tecnici incaricati dell’incombenza non hanno preso parte alla realizzazione dell’impianto (artt. 110 e 111). I relativi controlli vengono affidati ai Comuni, alle Aziende Sanitarie Locali, ai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco e all’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (art. 118).
Una nota la si deve all’iter tutto italiano che ha seguito la prima applicazione della normativa in discorso. Già si è accennato all’annoso rinvio dell’efficacia del citato Capo V, ma per quanto concerne la terza proroga c’è veramente da rimanere sbalorditi. A tal proposito, la legge 17/2007 riformulò il mandato al Ministero dello Sviluppo Economico per la preparazione del decreto di riordino delle disposizioni in materia di attività d’istallazione degli impianti all’interno degli edifici, che sarebbe dovuto intervenire entro il 31 dicembre 2007. Con tale provvedimento sarebbero stati espunti dall’ordinamento la legge 46/1990, fatti salvi gli artt. 8 “Finanziamento delle attività di normazione tecnica”, 14 “Verifiche” e 16 “Sanzioni” (per chiarezza, si tratta del procedimento c.d. di “delegificazione”, diversamente una fonte secondaria non potrebbe incidere su una di rango superiore, n.d.r.), il d.P.R. 447/1991 e, ci sia permesso di sottolineare l’audacia degli intenti del legislatore nazionale, addirittura l’intero Capo V del Testo Unico in Materia Edilizia. Molti buoni propositi disattesi e aspettative degli operatori mal riposte. Infatti, ad oggi, come ben sappiamo, manca l’intervento regolamentare del Ministero, nonostante le sanzioni del d.P.R. 380/2001 possano essere integralmente applicate.
Senza addentrarci ulteriormente tra le disposizioni del Testo Unico, si da qui conto della richiesta di un’ulteriore proroga dei termini, evidentemente disattesa, che Corrado Sforza Fogliari (foto), presidente di Confedilizia, ha fatto “in limine” all’entrata in vigore della normativa in esame, quando il Governo, lo scorso mese di dicembre, si apprestava a discutere il “maxiemendamento” alla Finanziaria. Il rappresentante sindacale richiedeva a gran voce l’apertura di un tavolo di trattativa tra l‘Esecutivo ed i rappresentanti di categoria che consentisse di poter semplificare il testo della legge: pur mantenendo salde le disposizioni in materia di sicurezza, tra le richieste avanzate, primeggiava senz’altro la soppressione di quell’Albo professionale istituito presso le Camere di Commercio di cui al comma 2° dell’art. 109, al quale dovrebbero iscriversi installatori e manutentori degli impianti emarginati all’ art. 107. Tale sistema di accesso alla professione, secondo il Presidente Confederale, carica di un’ulteriore incombenza le ditte interessate, già ampiamente soverchiate dalla eccessiva mole burocratica prevista dalla legge. Con in testa la CNA (Confederazione Nazionale dell’ Artigianato), le associazioni rappresentative degli interessi delle imprese che operano nel settore dell’impiantistica civile ed industriale, lo ritengono un inutile balzello che non contribuisce affatto ad ampliare le garanzie dei consumatori, né tantomeno ad innalzare gli standard di sicurezza nei settori interessati.
Assolutamente disattesa da parte del Governo anche l’ulteriore istanza di coordinamento del Testo Unico con le leggi già esistenti che, secondo le associazioni di categoria, contribuisce a creare una situazione in cui, talvolta, la normativa di riferimento si presenta incomprensibile e contraddittoria agli operatori tecnici. Questa conclamata fumosità è ciò che più di ogni altra cosa potrebbe recare pregiudizio e pericolo agli utilizzatori degli impianti, in particolar modo sul fronte della manutenzione, spesso rimessa alla mercè di regolamenti amministrativi comunali, per loro natura disomogenei rispetto alle diverse zone d’Italia.
Insomma, la solita novella nazionale degli impegni non mantenuti e della ciclopica burocrazia “tocca sano”. Come se bastasse aumentare le sanzioni ed innalzare gli adempimenti per scoraggiare manovre elusive degli standard di sicurezza. Già qualche secolo fa, però, si era compreso che i più efficaci mezzi deterrenti atti a scongiurare efficacemente comportamenti antigiuridici devono essere rinvenuti nella ferrea applicazione di poche e chiare regole di comportamento (la tanto declamata certezza del diritto, n.d.r.). Più controlli e meno burocrazia, questa, probabilmente, la formula che più di tutte consentirebbe di vivere e lavorare in ambienti sicuri. (Stefano Cionini per NL)