I loro nomi sono Rcs Pubblicità, Manzoni, Publikompass e Mondadori Pubblicità. Queste aziende rendono un servizio essenziale al mondo dell’editoria italiana. Raccolgono pubblicità per la carta stampata e permettono ad un settore in sofferenza di continuare a sopravvivere. E lo fanno in un costante equilibrio precario, stretti tra la morsa delle retrocessioni agli editori e le provvigioni che competono agli agenti che materialmente vendono, sul territorio, gli spazi pubblicitari. ItaliaOggi ha pubblicato un’analisi dei loro bilanci, presentati da Claudio Plazzotta, ed i dati relativi al 2007 che descrivono meticolosamente i mari agitati in cui queste realtà devono navigare. Pur generando bilanci milionari (dai 300 ai 600 milioni di euro di ricavi), con la sola esclusione di Mondadori Pubblicità, non riescono a produrre utili. Agli editori va poi una quota che si aggira a circa l’80% dei ricavi per via del cosiddetto “canone editore” (rectius, retrocessione) – il che significa che quota di competenza sul venduto è del 20% (contro il 40 di qualche anno fa) – mentre agli agenti si versa dal 5 al 7% dei ricavi a mo’ di provvigione. Quel che resta, ovvero il 10-15% dei ricavi, a seconda delle diverse realtà, serve per pagare l’intera struttura aziendale. Pare dura quindi la vita di questo tipo di società, soprattutto considerando che per quanto intraprendenti possano essere, le concessionarie di pubblicità non possono certo fare miracoli: i loro risultati sono strettamente legati all’attrattività delle testate che propongono (cosa su cui potrebbero non avere voce in capitolo) e molto spesso le stesse rappresentano per lo più un peso che una risorsa. Difficile quindi anche valutare l’operato dei loro manager, a cui è richiesta una gran dose di pazienza ed un’incredibile capacità di tenere in equilibrio fattori diversi. Gli unici margini di manovra sono relativi all’organizzazione interna e all’ottimizzazione dei costi. Elementi importanti, ma non certo determinanti, che trasformano questi dirigenti più in tagliatori di teste che in strateghi, almeno nella fase di sofferenza che l’editoria sta attraversando. Questa è la conclusione a cui sembra arrivare anche ItaliaOggi, a cui va il merito di aver fatto luce su una realtà così importante. (Davide Agazzi per NL)