Del gruppo RTL, multinazionale del broadcasting con base in Germania, si è sentito parlare ultimamente a proposito dei fantomatici partner prossimi venturi di Mediaset.
E le voci hanno fatto salire immediatamente le quotazioni del Biscione in borsa. Questo perché RTL è una delle poche realtà televisive europee che può vantare un trend discretamente positivo, tenendo conto della contingenza di crisi. Le strategie adottate per combattere la contrazione del mercato pubblicitario (problema principe di tutto il settore) sono sintetizzate nelle dichiarazioni di Anke Schäferkordt e Guillaume de Posch, CEO del gruppo, nell’ultimo rapporto semestrale. Innanzitutto, la diversificazione dell’offerta e l’espansione verso nuovi territori meno toccati dalla crisi (significativa in questo senso la presenza di RTL in India); poi gli investimenti nella creazione di contenuti originali e nell’acquisizione dei diritti su format di successo; infine l’attenzione al mondo digitale e alle nuove piattaforme di fruizione, nel tentativo di costruire una televisione accessibile on-demand in ogni condizione e tramite qualsiasi tipo di dispositivo fisso o mobile. Tutte queste aree di intervento presuppongono che i ricavi possano provenire anche da sorgenti diverse da quella tradizionale, ovvero la pubblicità, che comunque rimane la fonte primaria da cui nessun broadcaster ad accesso libero può prescindere. Il fatto è che il mercato risulta ancora in netta decrescita in tutta Europa, e non si vedono ancora segnali di evoluzione positiva nel prossimo futuro. Per cercare di rivitalizzare il settore, si sta aprendo un dibattito, nel mondo televisivo tedesco ma non solo, sulla necessità di orientare gli investimenti su nuovi target di riferimento. Lo standard del rilevamento delle audience si concentra ancora, come sempre, sulla fascia di età considerata più “profittevole”, quella dai 14 ai 49 anni. Ma la realtà sociale e demografica dell’Europa sta mutando in una direzione che potrebbe presto rendere questo modello obsoleto e poco significativo: aumenta il peso della popolazione anziana, e sotto la morsa della crisi anche la distribuzione della ricchezza, e quindi la predisposizione all’acquisto, si sta spostando verso le fasce di età più avanzata. Così, se ora il settore televisivo ritiene di dover puntare sull’innovazione tecnologica e i nuovi modelli di fruizione per raggiungere più facilmente le ultime generazioni, in futuro esso dovrà probabilmente rimodulare i propri contenuti per attrarre (o riconquistare) il suo pubblico più maturo, improvvisamente diventato motivo di interesse per l’advertising di ogni tipo di prodotto. Una sfida importante anche per i pubblicitari, che dovranno rivedere i propri modelli culturali storicamente legati al giovanilismo e alla connotazione positiva di un universo semantico caratterizzato da gioia di vivere, dinamismo, salute, benessere, ecc. La nuova comunicazione commerciale dovrà ora confrontarsi non solo con un’atmosfera sociale europea inevitabilmente meno proiettata nel futuro, ma anche con nuovi stili di vita più consapevoli che si vanno affermando, a causa della crisi, in contrasto con la spinta sfrenata al consumismo degli anni passati. (E.D. per NL)