Gli operatori dei servizi telefonici a valore aggiunto vincono la guerra giudiziale, ma non esultano. Il Consiglio di Stato ha infatti bocciato, con sentenza depositata il 31 luglio scorso, il blocco preventivo delle chiamate telefoniche ai numeri a sovrapprezzo (quelli che oltre al costo della telefonata prevedono il corrispettivo per un servizio fornito da società diverse dall’operatore telefonico, come anche maghi, cartomanti e linee erotiche). Vincono, ma non esultano, dicevamo, perché la delibera dell’Agcom impugnata era effettivamente di competenza dell’Autorità (gli operatori sostenevano che fosse materia del MSE-Com) e il vizio di legittimità (che ha portato all’annullamento del provvedimento impugnato) risiedeva nel fatto che la misura era stata adottata senza allargare la necessaria consultazione con le parti interessate anche "ai centri servizi ed a tutti i soggetti imprenditoriali coinvolti" dal provvedimento. Consegue da ciò che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dovrà meramente rimediare all’errata procedura adottata e censurata dal CdS, disponendo una nuova riunione (si parla del 14 settembre) per illustrare il nuovo provvedimento che assumerà, così ricostituendo il corretto contraddittorio. L’Authority punta infatti a reintrodurre il blocco delle chiamate nel minor tempo possibile: la consultazione allargata che il Consiglio di Stato ritiene necessaria verrà infatti svolta entro 30 giorni. Nel frattempo, l’organo di garanzia nelle tlc ha consegnato agli operatori una copia della sentenza del Consiglio di Stato e ha chiesto loro di prenderne atto e quindi di rimuovere il blocco delle chiamate a sovrapprezzo (nelle more della reintroduzione secondo le corrette modalità). Il provvedimento dell’Autorità, bocciato in appello dal Consiglio di Stato dopo il pronunciamento del Tar, prevedeva un blocco generalizzato su tutte le linee telefoniche di tutte le chiamate a numeri con prefisso 144, 166, 892, 899, delle connessioni satellitari e di altre chiamate internazionali a rischio. Un limite ovviamente disattivabile, su richiesta dell’utente, per consentire il libero accesso ad ogni servizio da parte di chi ne faceva un uso consapevole. (fonte ANSA).