Le assoluzioni confermate dal Tribunale Supremo spagnolo per il ‘caso Telecinco’ sono quelle pronunciate il 19 aprile 2007 dall’Audiencia Nacional, il grado di giudizio precedente al Tribunale supremo. Lo ricorda la Efe. Fra gli otto imputati definitivamente assolti figurano l’ex vicepresidente di Telecinco Santiago Munoz, Miguel Duran Campos, Francisco Javier de la Rosa Marti’, Rafael Alvarez-Buiza Diego, Angel Medrano Cuesta, gli italiani Alfredo Messina e Giovanni Acampora, Juan Carlos Lopez-Cid Fuentes.
Secondo le accuse, ricorda la Efe, ”gli imputati, insieme ad altri tra cui il presidente del Consiglio e proprietario del gruppo Fininvest Silvio Berlusconi (la cui posizione era stata poi stralciata), avevano elaborato una falsa rete giuridico affaristica per coprire la violazione della legge sulla televisione privata e quella della legge tributaria e, con queste operazioni, frodare il fisco per oltre 90 milioni di euro”.
La Efe spiega anche le motivazioni alla base della decisione del Tribunale supremo spagnolo di rigettare il ricorso dell’Avvocatura dello Stato contro l’assoluzione pronunciata dalla Audiencia Nacional. Nel ricorso l’Avvocatura dello Stato sosteneva che non erano state prese in considerazione le prove peritali dei funzionari dell’Agenzia tributaria. Invece, sostiene il Tribunale supremo spagnolo, tali perizie sono state esaminate ed il loro contenuto ”rifiutato”.
Immancabile è arrivato il commento da parte di Fininvest. La holding “prende atto con grande soddisfazione dell’esito di un processo che peraltro, vista la totale, palese insussistenza delle accuse, non poteva che concludersi così”. L’azienda italiana ha poi voluto sottolineare “il proprio orgoglio imprenditoriale nel vedere finalmente riconosciuto che il decisivo contributo alla nascita e all’affermazione di una realtà di eccellenza qual è Telecinco”.
La società si è poi tolta dei sassolini dalle scarpe. “Per oltre dieci anni abbiamo assistito ad una furibonda campagna condotta da una ben precisa ‘internazionale della calunnia’, con raffiche di accuse sempre piu’ pesanti e inverosimili, centinaia di articoli sulla stampa nazionale ed estera, interpellanze presso tutti i possibili organismi comunitari che avevano l’unico effetto di supportare titoloni e copertine” ha in tal senso dichiarato Fininvest che non ha mancato di sottolineare come “ancora una volta, pero’, l’incredibile montatura accusatoria non ha retto all’esame di giudici super partes”.
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Undici anni di inchieste e processi fra squilli di tromba, ora un finale che non concede all’accusa nemmeno l’onore delle armi. La zelante avvocatura dello Stato spagnola dovrà pagare pure le spese del giudizio davanti al Tribunal Supremo, l’equivalente della nostra Cassazione. Tutti assolti, dunque, e tutti nel merito, gli otto imputati del filone principale dell’affaire Telecinco. Non resta in piedi nulla del capo d’imputazione costruito nel 1997, su input del Pool Mani pulite, dal pm Carlos Castresana e dal giudice istruttore Baltasar Garzon. In pratica i due magistrati ipotizzavano che la Fininvest avesse violato fra il 1989 e il 1996 la normativa antitrust, che all’epoca poneva un limite del 25 per cento per i soci stranieri, rastrellando sottobanco pacchetti di azioni fino a detenere addirittura l’80 per cento del capitale della tv iberica. Un’operazione accompagnata, secondo questa ipotesi, da un’evasione fiscale valutata in 90 milioni di euro.
Non è così. Già l’Audiencia Nacional, il tribunale di primo grado, aveva detto il contrario e assolto gli otto imputati, fra cui il top manager Fininvest Alfredo Messina, l’avvocato Giovanni Acampora e l’ex presidente di Telecinco Miguel Duran per cui la Procura di Madrid aveva chiesto addirittura una pena di 14 anni. Ora, però, arriva il sigillo della Cassazione, preceduta in aula perfino dalla Procura generale: il rappresentante dell’accusa aveva proposto la conferma del verdetto di primo grado, lasciando sola l’avvocatura dello Stato sulla strada della condanna.
Dunque, della strombazzatissima indagine su Telecinco restano solo le macerie. E l’avvocato Niccolò Ghedini, difensore del premier, va all’attacco: «Si chiude un altro processo, l’ennesimo, avviato anche se indirettamente dalla Procura di Milano, e ancora una volta viene riconosciuta l’assoluta correttezza di Silvio Berlusconi e del management Fininvest. Sarebbe opportuno che i magistrati milanesi e tutta la stampa italiana, che per anni ha utilizzato questo processo contro Berlusconi, ne prendessero atto e finalmente si scusassero per il loro agire».
In verità, le posizioni di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono state stralciate a suo tempo, perché coperte dall’immunità, e congelate, ma è chiaro che anche questo filone è su un binario morto. E finirà, fatalmente, in archivio. Del resto nessuno ha mai risposto al Parlamento europeo che aveva chiesto, per revocare l’immunità a Dell’Utri, chiarimenti alla magistratura di Madrid. Nemmeno una riga è stata scritta per spiegare.
In quaranta pagine la Cassazione ribadisce che le accuse erano generiche e inconsistenti: le prove, documentali e testimoniali, vanno in tutt’altra direzione. Dunque, non ha fondamento il ricorso dell’Avvocatura che si era aggrappata ad alcune circostanze specifiche per rovesciare il verdetto di primo grado (per questi reati in Spagna non è previsto l’appello).
Non solo: sul capitolo poste deducibili, il Tribunal Supremo risponde all’Avvocatura, che contestava la genericità dell’assoluzione, spiegando che semmai generiche erano le accuse; e generica e tardiva viene giudicata anche la contestazione suppletiva, lanciata in extremis per rafforzare il fragile impianto costruito dal Pm e dal giudice istruttore.
Infine, il debito tributario. Matura, proprio come sosteneva la Fininvest, quando gli accordi sulla compravendita delle azioni vengono perfezionati con la concessione dell’autorizzazione amministrativa. Quindi, le tasse sono state pagate al momento opportuno. In conclusione, non c’è stato il falso materiale, non c’è stato il falso in bilancio e tantomeno la frode fiscale.
Di più, ulteriore schiaffo all’accusa, il giudice José Manuel Maza Martin, uno dei cinque componenti del collegio, firma una sorta di dissenting opinion in cui fa proprie le ragioni di uno stuolo di avvocati a proposito di un punto sconcertante e controverso: la promozione sul campo degli ispettori del fisco, trasformati dalla bacchetta magica della magistratura in periti. Per Maza Martin questa metamorfosi non sta in piedi e non doveva essere fatta. Al massimo, gli ispettori avrebbero potuto portare in aula la loro testimonianza. Ma anche questa invasione di campo non è bastata.
Fininvest sottolinea in una nota «il proprio orgoglio imprenditoriale nel vedere finalmente riconosciuto che il decisivo contributo alla nascita e all’affermazione di una realtà di eccellenza quale è Telecinco venne dato senza alcuna ombra di irregolarità. Ancora una volta – è la conclusione – l’incredibile montatura accusatoria non ha retto all’esame di giudici super partes. I verdetti della magistratura spagnola fanno piazza pulita e ristabiliscono la verità così pesantemente oltraggiata».