A quasi tre anni di distanza dal nostro precedente approfondimento sul tema 8K e nonostante l’argomento ancora non attizzi broadcaster e teleutenti nostrani, ci sembra arrivato il momento di aggiornare i lettori sugli ultimi sviluppi raggiunti dalla tecnologia Ultra High Definition. E ciò sia per quanto riguarda la produzione cine-televisiva sia quanto alla sua potenziale fruizione da parte del pubblico.
Le novità non sono mancate
Nonostante la pandemia abbia inevitabilmente impattato sullo sviluppo dell’intero ecosistema e, soprattutto, sugli eventi destinati a promuoverlo presso operatori (NAB e IBC, solo per citare i più importanti) ed utenti finali (Olimpiadi ed Europei di calcio 2020, rinviati con handicap a questo 2021), le novità non sono mancate.
8K alla portata di tutti (o quasi)
Se sul piano della diffusione hertziana l’8K è ancora fermo a sporadici canali-test satellitari, il cui esempio più famoso è senza dubbio rappresentato dal giapponese BS8K (on air da quasi due anni e mezzo ad opera dell’emittente statale NHK) il cui palinsesto appare però ancora un po’ “estemporaneo”, su quello della produzione, possiamo ormai dire che chiunque oggi, persino con budget limitati, è in grado di cimentarsi con questo formato.
Un mixer video interessante
Se, ad esempio, una qualsiasi emittente locale italiana, naturalmente in un contesto scevro da problematiche e caratterizzato da esuberante ottimismo, volesse cominciare a produrre, al pari di altri colossi mondiali, contenuti a risoluzione 7680×4320 pixels potrebbe immediatamente acquistare, con meno di 10.000 euro, un mixer video BlackMagic 8K Constellation. Il quale, grazie ai suoi 40 ingressi e 24 uscite indipendenti (tutti rigorosamente in 12G-SDI), permetterebbe la realizzazione di un completo programma televisivo HD o 4K oppure, riducendo a 10 gli input sfruttabili (in quad link), a risoluzione 8K.
Quale camera scelgo?
Per l’acquisizione delle immagini la stessa emittente, naturalmente budget permettendo, potrebbe equipaggiare i propri set con camere da studio scelte sui cataloghi di alcuni big del settore (citiamo, a puro titolo di esempio, le UHC 8300 di Sony, le SK-UHD 8060B di Hitachi o l’originale AK-SH800 di Panasonic a “regioni d’interesse” con la quale ricavare, da un’unica inquadratura 8K, quattro diverse inquadrature HD, ognuna liberamente zoomabile elettronicamente).
Per finanze limitate
Se invece le finanze fossero limitate, si potrebbe cercare soddisfazione fra i modelli di cine-camere già inserite a catalogo da marche quali, ad esempio, Canon (EOS R5), Sony (Alpha 1), BlackMagic (Ursa Mini Pro 12K), tutte vendute a prezzi ben al di sotto dei 10.000 euro, o altre ancora come Nikon (la cui nuova Z 9, già più volte annunciata, dovrebbe arrivare il prossimo autunno) e Red.
Editing senza problemi
Sempre in ambito “pro” nessun ostacolo si frappone più, ormai, anche tra l’acquisizione delle immagini e il montaggio finale: tutti i principali tools di post-produzione (AvidMedia Composer, Adobe Premiere Pro, Final Cut Pro X, Da Vinci Resolve, Vegas Pro, Lightworks, Edius, ecc.) sono già in grado, fatti girare su workstations adeguate, di finalizzare un prodotto audiovisivo UHD in ogni singola componente.
Per girare basta uno smartphone
Realizzare immagini in 8K, oggi, non è nemmeno più prerogativa esclusiva dei soli professionisti: grazie allo sviluppo di nuovi sensori e processori, specificamente pensati per utilizzi “mobile”, una moltitudine sempre maggiore di smartphones consente tale possibilità anche ai comuni mortali senza, per questo, costringerli ad impegnare cifre eccessive (al riguardo i listini Asus ZenFone, LG, Redmi, Samsung, Xiaomi sono eloquenti).
E adesso come lo guardo?
A questo punto, però, il grande problema che ancora attanaglia tutti gli attori coinvolti riguarda le modalità con cui, alla fine, è possibile veicolare il contenuto 8K, senza eccessive mutilazioni, al grande pubblico. Da questo punto di vista significativi risultati sono già stati ottenuti ma la strada da percorrere, va detto, è ancora molto lunga. Per quanto riguarda la diffusione in etere, a tutt’oggi, l’unico mezzo adatto a garantire un eventuale servizio resta ancora il satellite, il solo vettore in grado di trasportare la grande quantità di dati richiesta dal formato UHD attraverso devices già famigliari agli utenti.
DTT ancora in ritardo
Sul digitale terrestre, invece, occorrerà aspettare perlomeno l’arrivo in pianta stabile del T2 HEVC e decidere, soprattutto, a quali frame rate e compressione sottoporre il segnale per evitare eccessive “castrazioni” che ne compromettano l’enorme qualità audio-video (in Spagna, ad esempio, lo scorso ottobre è stata sperimentata con successo un’ora di diffusione in DVB-T2 di un segnale 8K HDR e HLG, a 50 fotogrammi al secondo, nello standard STD-B67 con audio codificato Dolby AC4). Uno scenario che, rapportato all’attuale situazione italiana, appare quasi fantascientifico.
Il Web ci salverà
Con queste premesse l’unica alternativa praticabile, al momento, rimane il solito Web dove, da alcuni anni, già si stanno muovendo diversi colossi OTT (Dazn, Amazon, Netflix, Disney Plus e la stessa Sky) attraverso l’offerta a pagamento di loro pacchetti all’interno dei quali qualcosa, in 8K, è già stato promesso per il futuro (il presente è ancora fermo al 4K).
UHD
Gratis, velocità della linea permettendo ed escludendo i già citati telefonini, attualmente si possono solo cercare contenuti UHD su You Tube, dove, comunque, la scelta è già piuttosto vasta (si trovano molte clip di paesaggi, città e highlights di eventi sportivi) o, in alternativa, videogiocare con una consolle Playstation 5, X Box serie X o con il pc di casa (purché equipaggiato con scheda grafica capace di risolvere a schermo 4320 pixels verticali).
Smart TV 8K: bene ma non benissimo
A questo proposito però, come dicevamo prima, la strada da percorrere è ancora lunga e irta di ostacoli: all’arretratezza complessiva dell’infrastruttura italiana (a causa dell’effettiva copertura in fibra e/o connettività 5G del territorio) si aggiunge anche il tema della disponibilità di Smart TV in grado effettivamente di ricevere, oltre che riprodurre, segnali 8K.
Leader
Tralasciando prodotti specifici, destinati al broadcast televisivo o alla monitoria informatica, da un paio d’anni a questa parte alcuni marchi leader dell’elettronica di consumo hanno iniziato a distribuire anche in Italia televisori 8K.
Maglia rosa
La “maglia rosa”, per usare una metafora ciclistica, l’ha conquistata Samsung che, per prima, ha creduto nelle potenzialità di questi schermi anche in mercati, come appunto quello italiano, dove l’8K è ancora ben lontano dal diventare un argomento mainstream (nel catalogo del costruttore coreano si contano attualmente 8 modelli di schermi con diagonali da 55 a 98 pollici). Subito dopo anche Sony e LG hanno preso la stessa decisione.
Attenti a quegli HDMI
Gli acquirenti che volessero acquistarli per vedere contenuti ad altissima risoluzione dovranno solo controllare, oltre al prezzo sul cartellino, il numero di prese HDMI 2.1 a disposizione (le uniche, al momento, in grado di accettare flussi 8K poiché le versioni precedenti ne rifiutano la banda passante) per capire quante periferiche esterne poter collegare.
Onda lunga
Una recente previsione formulata dall’americana Strategy Analytics stima, per i prossimi tre anni, un trend di vendite fortemente in crescita per i nuovi televisori 8K, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina. Se tali previsioni si riveleranno azzeccate, l’onda, per quanto lunga, non tarderà ad arrivare in Europa e, quindi, anche in Italia, dove, però, molto probabilmente saremo ancora fermi all’alta definizione. (C.G. per NL)