Tecnologia e media. Canalys: errore sottovalutare impatto smart speaker. Google e Amazon scommettono su comandi hey. Spotify ringrazia radio musicali. Per ora solo Linus sembra aver capito che e’ inutile competere

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Come previsto, sotto l’albero tanti italiani hanno trovato infiocchettato uno smart speaker. Non si hanno ancora dati a sufficienza per sapere se da noi ha primeggiato Google Home, forte di una rete di vendita fisica attraverso la grande distribuzione e con qualche mese in più di anzianità sul mercato italiano o se, come negli USA (dove un americano su 5 la scorsa estate aveva già uno smart speaker), Amazon Echo lo abbia raggiunto e superato (in questo caso i dati li conosce solo il colosso del commercio online, che li vende in esclusiva attraverso la sua piattaforma).
Certo che chi pensava che gli altoparlanti intelligenti fossero l’ennesimo gadget destinato a finire nel cassetto, ha sbagliato di grosso: secondo gli analisti della società di ricerca tecnologica Canalys, le spedizioni di altoparlanti intelligenti in tutto il mondo sono cresciute del 137% nel corso del 2018 per raggiungere 19,7 milioni di unità (rispetto a 8,3 milioni nel terzo trimestre 2017), in linea con la previsione di 75 milioni per l’intero 2018.
Nel dettaglio, Amazon ha spedito 6,3 milioni di altoparlanti intelligenti Echo nel terzo trimestre, contro i 5,9 di Google (che, consapevole dell’onda d’urto del concorrente, aveva abbassato il prezzo per fronteggiare il Prime Day di Amazon).
Secondo canalys, la lotta per il dominio tra Amazon e Google non solo ha aiutato gli Stati Uniti a crescere del 30%, ma ha anche influenzato altri mercati chiave, come Regno Unito, Canada e Australia. La Cina, il secondo più grande mercato di altoparlanti intelligenti al mondo, ha visto Baidu entrare sul ring nel terzo trimestre e minacciare di rompere il duopolio detenuto da Alibaba e Xiaomi.smart speaker 2018 canalys - Tecnologia e media. Canalys: errore sottovalutare impatto smart speaker. Google e Amazon scommettono su comandi hey. Spotify ringrazia radio musicali. Per ora solo Linus sembra aver capito che e' inutile competereIl mercato cinese, precisa il report di Canalys, è cresciuto di quasi 100 volte, collocandosi a 5,8 milioni di unità, con Alibaba che ha mantenuto la sua posizione globale distribuendo 2,2 milioni di diffusori Tmall Genie ed arrivando terzo complessivamente.
Per parte propria, il Regno Unito ha superato la Corea del Sud per diventare il terzo più grande mercato di altoparlanti intelligenti nel terzo trimestre con spedizioni che hanno raggiunto il milione.
“Gli studenti universitari sono i maggiori consumatori di servizi di streaming musicale grazie a politiche commerciali concluse con le università da Amazon e Google per favorirne la diffusione nei loro alloggi”, ha affermato il ricercatore di Canalys Vincent Thielke.
Ovviamente lo sfruttamento degli smart speaker per l’ascolto di musica è paragonabile a quello dello smartphone per telefonare: la domotica è l’ambiente dove gli altoparlanti intelligenti esprimeranno al meglio le proprie potenzialità. Ma per farlo deve essere ridotta la complessità d’utilizzo, favorendo l’adozione di sistemi autoinstallanti. “La sfida di Amazon e di Google è di abbattere le barriere all’adozione, in particolare da parte di sistemi compatibili che richiedono l’installazione da parte di esperti”, osserva l’esponente di Canalys.smart speaker 2018 canalys 1 - Tecnologia e media. Canalys: errore sottovalutare impatto smart speaker. Google e Amazon scommettono su comandi hey. Spotify ringrazia radio musicali. Per ora solo Linus sembra aver capito che e' inutile competere
Fatto sta che secondo Canalys gli smart speaker arriveranno a 225 milioni di unità in due anni, in un mercato che Deloitte ha valutato per il 2019 di 7 miliardi di dollari.
Non solo: la spesa pubblicitaria globale per gli assistenti vocali, oggi sostanzialmente inesistente, raggiungerà, secondo Juniper Research, i 19 miliardi di dollari entro il 2022.
E’ evidente che Google ed Amazon scommettono in un futuro fatto sempre meno di tastiere e sempre più di comandi vocali (quella che ormai è soprannominata la funzione “hey”), non solo nel mondo virtuale del commercio online, ma anche in quello fisico con smart speaker addetti al custom service, alle reception, alle casse automatiche.

Sul piano mediatico la rapida evoluzione della tecnologia IP impone grande attenzione: chi inizia a vedere Netflix o Prime Video, difficilmente torna a guardare film e fiction sulla tv tradizionale, sfruttata poi perlopiù per approvvigionamento di news, per l’infotainment, per l’approfondimento, per lo sport e per il live in generale.
Analogamente, chi approccia per la prima volta gli smart speaker spesso scopre Spotify, il preferenziale sistema di somministrazione musicale di Google Home o Amazon Musica, l’equivalente del colosso dell’e-commerce che lo promuove con i device Echo e che secondo la BBC (quindi non l’ultimo dei broadcaster) è ormai il principale concorrente delle radio musicali.
Si tratta, come noto, di piattaforme di streaming musicali on demand (SOD) che progressivamente imparano i nostri gusti dalle scelte che inizialmente effettuiamo, arrivando velocemente a profilare playlist verticalizzate sulle nostre preferenze.

Gran parte dei player radiofonici non l’ha ancora capito ed insiste a pensare che il mondo della musica liquida sia appannaggio solo dei giovanissimi o di un target elitario.
Sbagliato. E Spotify ringrazia per questa miopia, come Netflix non finisce di ringraziare gli antichi dominatori dell’etere e del cavo televisivo che, con politiche arcaiche, anche davanti all’evidenza del fenomeno dello streaming video on demand hanno proseguito nell’adozione di strategie anacronistiche, favorendo il consolidamento indisturbato dell’OTT del SVOD.
Qualche segnale di cambiamento tuttavia arriva anche da noi: Linus ha capito certamente prima di altri suoi colleghi la rivoluzione in corso ed ha imposto un fortissimo cambiamento di rotta di Radio DeeJay verso i contenuti, conscio che la musica preconfezionata costituirà un complemento sempre meno necessario in un panorama attualmente ed imprescindibilmente multipiattaforma (ormai sarebbe impensabile non poter “vedere” oltre che sentire DeeJay chiama Italia), ma fra 15 anni totalmente IP (anche se sempre in componente ibrida sul piano sensoriale).
Anche se, parlando dello stesso gruppo editoriale (GEDI), sarà interessante verificare il nuovo corso di m2o – affidato al fratello di Linus, Albertino – una delle emittenti più esposte alla concorrenza dei servizi di streaming on demand, posto il target di riferimento (che comunque inevitabilmente si alzerà per cercare di uscire parzialmente dalla pericolosa mischia).

Radio Capital (sempre gruppo GEDI), Radio 24 e RAI stanno a loro volta potenziando l’area podcast, consapevoli dell’importanza che i contenuti informativi e comunque talk avranno in un imminente futuro dominato nell’indoor e nell’in-car dall’intelligenza artificiale di Alexa ed Assistant.
E se anche in casa Radiomediaset si comincia a guardare con interesse alla decisione di Linus, come dimostra la progressiva tendenza al parlato di Radio 105 (e già si parla di un nuovo importante cambio di direzione contenutistica per R 101), qualcuno si sta cominciando a domandare se il successo dei modelli SOD come Spotify, Youtube Music, Apple e Amazon Music non pongano una pesante ipoteca sul futuro delle web radio tradizionali o dei brand bouquet. Difficile in questo caso dare una risposta definitiva, essendo la trasformazione tuttora in atto.
Ma gli analisti concordano su una cosa: per radio e tv tradizionali, il futuro sarà solo di contenuti originali non replicabili dai software.
Che futuro quindi aspetta quei radiofonici che continuano a puntare tutto e solo sulle hits musicali? (M.L. per NL)

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