Le ultime settimane hanno segnato un’inversione di tendenza nel mercato dei media in Italia. Dal punto di vista dei grandi broadcaster, internet non è più il nemico da contrastare, ma il nuovo mezzo da sfruttare e trasformare a propria immagine e somiglianza.
Nel mondo degli “over the top” stanno irrompendo le armate televisive, cariche di denari da investire. E i gestori delle autostrade telematiche, alle prese con una richiesta di banda in crescita esponenziale, sono pronti a garantire corsie privilegiate per gli ambíti contenuti video. Poco importa che in gioco vi sia il bene essenziale della neutralità della rete. E’ in atto una battaglia tra due opposte concezioni: da una parte l’ideale dei fondatori del web, la visione di un brainstorming globale e democratico in cui ognuno può far sentire la propria voce e condividere le idee, senza temere discriminazioni; dall’altra il grande business dei contenuti a pagamento, delle offerte “premium”, dei giardini recintati dell’entertainment brandizzato. Un conflitto che coinvolge due diverse visioni del mondo, tra chi predilige l’uso creativo di una tastiera e chi ama rifugiarsi nell’angustia tranquillizzante di un telecomando. La coesistenza appare difficile, senza intervento dei regolatori. Si accettano scommesse su quali saranno le scelte della politica di fronte al dilemma: salvare il cittadino-navigatore, dotato di curiosità e intelligenza critica, o l’utente-telespettatore, docile consumatore di luccicanti contenuti preselezionati? (E.D.*)
(*) Già: da questa settimana gli editoriali di NL non sono più un’esclusiva del direttore…. (M.L.)