Altro schiaffo dei giudici amministrativi neri confronti dell’attività dell’Ispettorato Territoriale della Lombardia del Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento Comunicazioni, da decenni oggetto di infinite polemiche.
Con sentenza n. 2613, depositata nella Segreteria del T.A.R. Lombardia lo scorso 3 novembre, avente ad oggetto il silenzio mantenuto proprio dall’I.T.L. su di un’istanza di delocalizzazione avanzata da un’emittente radiofonica di Milano, pendente da circa tre anni, l’organo giurisdizionale lombardo ha censurato per l’ennesima volta il silenzio della P.A. di specie. Onestamente, conoscendo chi scrive la vicenda anche dal punto di vista stragiudiziale, non può non essere rilevato un atteggiamento da parte dell’Ispettorato in parola che sembrerebbe volutamente ostruzionistico (senz’altro pregiudizievole) nei confronti di tale stazione radiofonica: vuoi probabilmente per una serie di iniziative non condivise dall’Amministrazione addebitabili alla società gestrice dell’emittente che è altresì operatore di rete e vuoi per la motivazione evergreen inerente la carenza di organico, proverbialmente ostativa alla conclusione dei procedimenti amministrativi nei termini di legge. Ad ogni buon conto, nella statuizione in parola si conferma la piena legittimità delle comunicazioni che le società esercenti l’attività radiotelevisiva si sono spesso trovate a dover inoltrare ai fini del riesame di decisioni adottate dall’Amministrazione, adducendo circostanziati elementi di fatto e di diritto ai fini della revisione delle conclusioni scaturenti dai procedimenti amministrativi. Nel caso specifico, a seguito di un primo diniego opposto – ex art 10-bis L. n. 241/1990 – dall’organo periferico lombardo del MSE-Com alla delocalizzazione di un impianto radiofonico della ricorrente, la stessa provvedeva con successiva comunicazione interlocutoria a rappresentare “la propria disponibilità a modificare il progetto radioelettrico”, istanza sulla quale la P.A. aveva mantenuto il silenzio, poi oggetto di impugnativa giudiziale. Tale contegno veniva valutato dall’adito Giudice alla stregua di inadempimento. Infatti, considerato che l’I.T.L. aveva a suo tempo avviato il procedimento amministrativo, sullo stesso gravava – ai sensi dell’art. 2 L. n. 241/1990 – un preciso “obbligo di conclusione”, risultando inammissibile che l’istruttoria potesse rimanere appesa sine die ad un preavviso di rigetto formulato in relazione alla prima configurazione impiantistica proposta dall’emittente. Su tale circostanza, l’Avvocatura dello Stato aveva articolato una memoria difensiva fondata sull’inammissibilità del ricorso. La difesa erariale, in merito, aveva allegato l’omessa impugnazione da parte della ricorrente di detto preavviso, con un argomentazione non ritenuta accettabile dai giudici amministrativi, anche in considerazione della circostanza in base alla quale la censurata inerzia era stata riconosciuta dallo stesso Ispettorato con atto ufficiale depositato in corso di causa. Insomma, leggendo la sentenza, è lo stesso T.A.R. che – condannando la P.A. al pagamento delle spese di giudizio liquidate in 1.500 euro – ha ritenuto ingiustificabile il contegno mantenuto dall’organo periferico lombardo del MSE-Com, ordinando la prosecuzione dell’istruttoria. Pronunciata la decisione e superato l’impasse, in giudizi di questo tipo, è comprensibile che possa emergere una questione di etica e morale pubblica, trovando cittadinanza nei privati che – gioco forza – siano costretti a relazionarsi con Amministrazioni che operano con la stessa leggerezza descritta nella sentenza in questione, un comprensibile sentimento di indignazione nei confronti della P.A., soprattutto se, come nel caso di specie, le attività poste in essere presentano carenze che – anche se segnalate dai soggetti privati – si perdono spesso nella superficialità dei funzionari che le conducono. (S.C. per NL)