Perché si parla così tanto di switch-off FM/DAB+? Cosa c’è di probabile e cosa d’inverosimile nella ridda di interventi sul controverso tema, da oltre un anno a questa parte?
Intanto va detto che quello che fino al 2020 era un tabù, ora trova insospettabili proseliti. Ad avere fatto cadere il velo sull’ipotesi di uno switch-off FM/DAB+ entro il 2030 è stato, proprio su queste pagine, Roberto Sergio, direttore di Radio RAI.
Lapidato…
Immediatamente attaccato da gran parte della radiofonia privata italiana.
… e rivalutato
La quale, però, nel tempo, si è molto ammorbidita. Arrivando, anche in qualche caso autorevole, a togliere dal piedistallo la diffusione analogica della Radio.
In medio stat virtus
Sebbene un abbandono completo della FM (cioè uno switch-off FM/DAB+) entro il 2030 potrebbe essere poco probabile, è ragionevole attendersi pesanti contraccolpi all’infrastruttura analogica ben prima di tale data (il 2025 non è utopico).
Scenari
Come anticipato qualche giorno fa, NL ha potuto visionare un documento d’indirizzo politico che ipotizza alcuni scenari di regolamentazione del settore alla luce di contingenze tecnologiche e giuridiche (necessità di coordinamento internazionale).
Il crollo del muro
Si prevede, nella sostanza, il crollo di quel muro di Berlino che ha impedito l’attuazione del Piano FM, previsto dal 1990, ma mai attuato. Non tanto per indisponibilità del Ministero, va detto, ma per precisa volontà degli stessi operatori. I quali avevano compreso, da una parte, che un piano di assegnazione avrebbe destabilizzato profondamente equilibri consolidati e rallentato avvicendamenti e, dall’altra, che il trading delle frequenze era un gran bel business.
Lo status quo FM non è più un dogma
Perché a oltre 30 anni di distanza – e proprio in prossimità di un forte avvicendamento digitale – occorrerebbe pianificare la modulazione di frequenza?
Ordini
Per due ordini di motivi.
Il primo, giacché senza una pianificazione sarebbe impossibile giungere a quell’improrogabile coordinamento internazionale FM per cui il nostro Paese si è impegnato.
Il secondo è, invece, connesso inscindibilmente al primo: solo a seguito della risoluzione delle problematiche interferenziali FM potrà essere definito l’impiego coordinato con gli stati confinanti delle frequenze necessarie per lo sviluppo del DAB+. In altri termini, bisogna impedire che il cane continui a mordersi la coda.
I conti non tornano
Lo sviluppo della radio digitale, tuttavia, non dovrebbe contemplare necessariamente lo spegnimento della FM, in quanto, a differenza del refarming tv, con la radiofonia non abbiamo condivisione di frequenze. In sostanza, non occorre dismettere una piattaforma distributiva per far posto all’altra.
Allora dove sta il problema?
Il nodo gordiano, piuttosto, è che le frequenze FM italiane coordinabili con gli stati esteri non superano il 60-70% delle attuali (secondo qualcuno il 50, secondo altri, più possibilisti, l’80%). E’ vero che un Piano di assegnazione non potrà prevedere le attuali ridondanze; ma, comunque, è chiaro che spazio per tutti (gli attuali esercenti) non ci sarà. E quindi una cernita sarà imprescindibile.
Come?
Attraverso il procedimento selettivo adottato per la tv: piani, bandi e graduatorie.
Defezioni
Va però detto che, prima di allora, vi saranno defezioni determinate dall’insostenibilità della multipiattaforma da parte delle emittenti minori.
Il dilemma
Quindi, per rispondere al dilemma iniziale: lo switch-off FM/DAB+ è altamente improbabile.
E’ invece in concreto attendibile uno switch-over relativamente ravvicinato. Con un progressivo abbandono della diffusione analogica partendo dalle aree meno rilevanti dal punto di vista demografico e/o commerciale. O magari da quelle dove il consolidamento della distribuzione digitale sarà stato, medio termine, conseguito.
Quando accadrà?
Probabilmente entro il 2030.
Insomma, cambia la prospettiva, ma non la scadenza.