Lo spegnimento integrale delle reti FM della SSR (la radio pubblica elvetica articolata nei programmi cantonali SRF, RTS, RSI) a favore dell’ambiente only digital (DAB+IP), secondo i primi risultati della indagine ufficiale Mediapulse (condotta attraverso meter e quindi dotata di significativa affidabilità), sta dando ragione, quanto a stime, all’azienda pubblica: un fisiologico calo c’è stato, ovviamente, ma non nella misura prevista dai disfattisti.
E, soprattutto, come supposto, dopo la riduzione immediata dell’ascolto nell’ordine di 1/3 dei primi 60 giorni, nei 30 giorni successivi si sono registrati evidenti segnali di recupero (riducendo il gap ad una media del 24% intercantonale), determinati dal peso specifico della qualità dell’offerta. Il pubblico si adegua tecnologicamente nel ricercare una proposta contenutistica non rinvenibile su altre emittenti.
Non solo: fra poco più di un anno (a fine 2026) l’intero sistema radiofonico elvetico sarà completamente digitale (lo switch-off FM/DAB+IP sarà obbligatorio per tutte le emittenti) e se è vero che in questi mesi qualche concorrente privato intercetterà utenza SSR impedita o restia a seguirla in digitale (soprattutto in auto), la zavorra economica del simulcasting ed una inevitabile minore propensione a conoscere meglio le logiche DAB/IP, profondamente differenti per tecniche di ingaggio, favoriranno nel lungo termine, per competitività ed acquisizione di know how, la SSR.
Quel che è certo è che i risultati di ascolto migliori delle attese della radio pubblica svizzera hanno rilanciato la riflessione europea sull’architettura distributiva della radio del futuro, only digital.
Transizione controllata vero l’hybrid broadcast broadband radio
Il caso della SSR sta dimostrando che una transizione pianificata e controllata dal broadcast analogico ad un ambiente only digital sotto forma di hybrid broadcast broadband radio (DAB+IP) può, medio tempore, rafforzare, anziché indebolire, il sistema radiofonico nazionale.
Il digitale non va in una sola direzione
Certo, il fatto che, in Svizzera, la copertura digitale (DAB e IP) avesse al 31/12/2024 (data dello switch-off FM/DAB+IP della SSR) raggiunto livelli strutturali sufficienti se non ottimali, così da spingere la radio pubblica ad anticipare, anche per logiche di spending review, l’archiviazione della FM – all’evidenza ex post senza contraccolpi drammatici – rende ciò una condizione per ora impossibile per l’Italia. Anche per il fatto che da noi si sta commettendo ancora una volta un errore: considerare il digitale radiofonico in un’unica direzione.
La forza del dualismo DAB+/IP: interoperabilità, non alternativa
Uno degli insegnamenti chiave del modello svizzero riguarda infatti la complementarietà tra DAB+ e IP. Lungi dall’essere un aut-aut, i due vettori sono stati trattati in terra elvetica come assi convergenti per la distribuzione radiofonica. Da un lato, il DAB+ garantisce un’infrastruttura robusta, gratuita (semmai ciò, possa essere rilevante, considerata la diffusione di tariffe di telefonia flat con GB a disposizione degli utenti quasi sempre superiori alle potenzialità di sfruttamento) e lineare, capace di garantire continuità anche in mobilità. Dall’altro, l’IP ha spalancato le porte a funzionalità evolute, come on-demand, metadata avanzati, contenuti visual, interattività.
Questione di peso
I dati ufficiali elvetici parlano chiaro: a fine 2023 (quindi quasi un anno e mezzo fa), ben oltre la metà dell’ascolto radiofonico in Svizzera era già digitale.
Oggi, addirittura, solo un residuale 8% risulta ancora legato esclusivamente alla FM, mentre DAB e IP sono equiparati, rispettivamente con il 42 ed 41% di penetrazione (ed è significativo che questi dati siano stati dichiarati a Newslinet dalla concorrenza della SSR!).
E proprio questo rapido upgrade ha spinto la SSR verso un ambiente only digital anzitempo, con una anticipazione dello spegnimento, da molti considerato un salto nel vuoto.
Switch-off senza panico: quando la transizione è governata
Tuttavia, come abbiamo visto, così non è stato.
Forse anche perché la costante dell’esperienza elvetica è stata l’assenza di caos: lo switch-off FM/DAB+IP non ha generato veri malumori diffusi, né polemiche sociali, né particolari frizioni nel comparto industriale.
Il motivo? Una governance sistemica.
Lavoro coordinamento
La SSR e l’UFCOM (Ufficio federale delle comunicazioni) hanno infatti efficacemente lavorato su più piani contemporaneamente: normativo, industriale, comunicativo. Ogni stakeholder – dalle emittenti alle autorità locali, dalle concessionarie pubblicitarie ai venditori d’auto – è stato coinvolto in un processo graduale, trasparente, condiviso.
Comunicazione precisa e puntuale
Un ruolo determinante lo ha giocato la strategia di comunicazione pubblica: il cittadino è stato informato con largo anticipo, con strumenti chiari, linguaggio accessibile e supporto tecnico capillare.
Risultato? Il passaggio è stato percepito in massima parte (ed al netto delle inevitabili strumentalizzazioni politiche, rivelatesi, comunque, poco significative) come un’evoluzione naturale, non come una perdita.
Italia: una digitalizzazione a metà, tra slanci e retromarce
Da noi, come noto, la situazione è ben diversa.
Sebbene l’infrastruttura DAB+ sia in progressiva espansione – grazie soprattutto all’impulso degli operatori privati, considerato che il servizio pubblico ha dimostrato fin qui di non crederci particolarmente – il quadro fattuale resta imperfetto, mentre quello normativo lacunoso e disomogeneo.
Cronoprogramma
Non è tanta l’assenza di un cronoprogramma nazionale per la dismissione della FM a rallentare lo sviluppo del digitale.
Uno switch-off, lo abbiamo sempre scritto, sarebbe deleterio per la radiofonia italiana: la strada da percorrere, piuttosto, dovrebbe essere quella della dismissione volontaria, come per le onde medie.
Perciò essa dovrebbe essere, in qualche modo – anzi, in più modi – favorita.
Ma come?
Favorire la dismissione
Anzitutto incentivando la dismissione volontaria di impianti FM, non solo attraverso misure di sostegno (che siano sgravi fiscali od altri sussidi, poca rileva), ma soprattutto garantendo a chi lo farà la preservazione senza compromessi dei diritti dei concessionari FM.
Preservare i diritti, non solo i doveri
Finché solo quest’ultimi potranno accedere ai contributi ex DPR 146/2017 od iscriversi alle indagini d’ascolto (Audiradio, che, assurdamente, fotografa ancora solo l’universo parziale dei concessionari, sebbene molti nativi digitali siano ormai realtà consolidate sul piano imprenditoriale ed editoriale), nessuno potrà permettersi di puntare alla dimensione only digital rinunciando alla componente FM, anche se magari non più rilevante nello specifico.
Consapevolezza del digitale eterogeneo
In secondo luogo, prendendo coscienza, come detto, che il digitale radiofonico non è solo DAB, ma anche e soprattutto IP (perché nessuno ha dubbi che questa sia la destinazione unica finale della veicolazione di contenuti audio/video).
Prominence, prima di tutto
Una scarsa consapevolezza che passa anche dal rallentamento dell’applicazione di una indispensabile prominence (definita dalla delibera Agcom 390/24/CONS), che, viceversa, sta inducendo il settore automotive, dove la radio (in particolare quella italiana) concentra oltre i 3/4 del suo ascolto, a governare in maniera sovrana la somministrazione di contenuti a/v ( i recenti casi di BMW ed Audi sono indiziari della tendenza).
Scarsa conoscenza della vastità del mondo IP
Va detto che gli editori stessi non hanno ancora acquisito sufficiente convinzione dell’eterogeneità dell’universo IP, come dimostrato dalla cattiva gestione di codici PI, metadati, scarso popolamento delle piattaforme di distribuzione di contenuti radiofonici (database automobilistici, aggregatori di flussi streaming radiofonici), comandi vocali, presidio di smart tv, smart speaker, ecc.
Diffidenza culturale
A questo si aggiunge una certa diffidenza culturale e tecnologica verso l’IP, percepito ancora da molti imprenditori radiofonici come un ambiente instabile, economicamente fragile, poco tutelato dal punto di vista regolamentare e, soprattutto, troppo vasto per consentire un’emersione dei contenuti.
Ascoltare in streaming non costa più nulla. Anzi, restituiamo ogni mese il 50% dei GB inutilizzati
Eppure, i numeri indicano altro.
Le ultime rilevazioni forniscono dati coerenti: l’ascolto radiofonico via IP è in crescita costante, spinto dalla diffusione dei device mobili, dagli smart speaker, dagli infotainment di nuova generazione e, soprattutto, come detto in precedenza, dalle tariffe flat che rendono il consumo dei dati (e quindi i costi sostenuti dagli utenti) irrilevanti (il 50% dei GB a disposizione di ogni abbonato non viene utilizzato).
Copertura: da parametro tecnico a fattore strategico
Un altro elemento di riflessione dell’ambiente only digital riguarda il concetto stesso di copertura radiofonica, che nel passaggio all’ambiente only digital assume un significato più complesso.
Alfabetizzazione digitale
Se nell’era analogica la copertura è una questione di watt, torri e bacini, oggi diventa un parametro multifattoriale: penetrazione del DAB+ sul territorio, qualità della rete dati, compatibilità dei device, alfabetizzazione digitale dell’utenza (e degli editori).
Servizio universale
Nel caso svizzero, la combinazione verso l’universo only digital di DAB+ e IP ha permesso una copertura funzionale quasi totale, con pochissime aree di digital divide. Il concetto di “servizio universale”, tipico del servizio pubblico, è stato reinterpretato in chiave tecnologicamente inclusiva.
Salto concettuale
L’Italia, in questo senso, è chiamata a fare un salto concettuale: non basta avere copertura tecnica, serve una copertura d’uso. Che include educazione digitale, aggiornamento del parco ricevitori e semplificazione dell’accesso alle piattaforme dei servizi di interesse generale (la citata prominence).
La sfida delle autorità: regolamentare l’ibridazione
L’ibridazione DAB+/IP pone, d’altra parte, interrogativi regolatori.
Come garantire la neutralità tecnologica nella distribuzione? Come evitare che il mercato venga dominato da gatekeeper digitali, che sempre più spesso sono le case automobilistiche? Quali standard tecnici adottare per garantire la compatibilità tra vettori?
La regia pubblica svizzera
In Svizzera, lo spegnimento analogico della SSR è passato da una solida regia pubblica, che ha indirizzato lo sviluppo senza soffocare l’innovazione.
In Italia, le autorità competenti (Agcom in primis) sono chiamate a definire un quadro più chiaro.
Il rischio della doppia velocità
Il rischio, altrimenti, è un mercato a doppia velocità, in cui solo i grandi gruppi potranno permettersi investimenti significativi nella distribuzione digitale, come avvenuto con la televisione attraverso le piattaforme OTT.
La radio nel contesto mediatico europeo
L’esperienza della SSR sta, inoltre, riaprendo il dibattito sulla centralità della radio nei media europei.
In un contesto in cui lo streaming on-demand (video, ma ormai anche audio) è dominante, la radio può ancora giocare un ruolo rilevante? La risposta in Svizzera sembra essere affermativa: se si rinnova, la radio resta competitiva, perché offre compagnia, autorevolezza, immediatezza. Ma per restare centrale deve parlare il linguaggio del presente.
Transizione digitale non è solo opzione tecnica
Per questo motivo la transizione digitale non deve essere vista come un’opzione tecnica, ma come l’unica via possibile per la sopravvivenza culturale ed economica del mezzo. E questa consapevolezza deve diventare patrimonio anche del mercato italiano.