Streaming video on demand. Dopo il Covid anche Disney deve reinventarsi. Topolino punta ai servizi direct to consumer

Direct to consumer

Quest’anno, anche Disney, la società di intrattenimento più famosa e importante al mondo, si è trovata a dover affrontare i problemi causati dalla pandemia da Covid 19. Infatti, la casa di Topolino ha dovuto chiudere i parchi divertimento, rimandare le uscite dei film e, in definitiva, assistere ad una perdita, nel trimestre aprile – giugno 2020, di 4,71 miliardi di dollari. Ora prova a ripartire con il comparto direct to consumer.

I parchi chiusi

Infatti, come già riportato in precedenti articoli su NL, il gruppo Walt Disney ha subito un danno rilevante dalla chiusura forzata dei parchi, che ancora oggi, in buona parte, risultano inaccessibili o scarsamente frequentati. I ricavi (pari a 983 milioni di dollari) derivanti da questo settore hanno mostrato un calo dell’85% rispetto all’anno scorso, con un risultato operativo negativo per quasi 2 miliardi di dollari.

Direct to consumer

Quanto detto permette di comprendere la necessità di Disney di cambiare strategia, sia per ottenere nuovi introiti, sia per limitare le perdite.
Nello specifico, la casa di Topolino ha optato per rafforzare il comparto direct to consumer, ovvero offrire i servizi direttamente al consumatore, senza passare per intermediari e distributori. A tal proposito, gli investimenti più importanti sono stati fatti sulle piattaforme di streaming a pagamento di cui il gruppo Walt Disney è proprietario, su tutte Disney+.

Questo OTT, a meno di un anno di distanza dal lancio, ha raggiunto 60,5 milioni di abbonati, a cui si devono aggiungere gli 8,5 milioni di Espn+ e i 35,5 milioni di Hulu, per un totale di circa 105 milioni di abbonamenti complessivi.
I ricavi del comparto ad oggi sono pari a 4 miliardi, ma con un ebit ancora negativo per 706 milioni di dollari, a causa dei costi di lancio di Disney+.

Una nuova Stella nel firmamento Disney

Alla vasta offerta già presente, nel 2021 si aggiungerà il nuovo servizio di streaming on demand a livello internazionale (USA esclusi) che avrà nome di “Star”. La programmazione sarà incentrata sull’intrattenimento e avrà contenuti targati Abc Studios, Fx, Freeform, 20th Century Studios e Searchlight.
Pertanto, ci si aspetta che in futuro la competizione con Netflix (che vanta 193 milioni di abbonati) e Amazon Prime (con i suoi 150 milioni di abbonamenti) diventerà ancora più serrata.

Cinema chiusi e nuove opportunità

Sembra che il colosso dell’intrattenimento non veda problemi ma solo opportunità. Infatti, la chiusura dei cinema, per Bob Chapek (Ceo di Disney), rappresenta la possibilità di sperimentare una “disintermediazione del circuito sale”, tramite la pubblicazione del nuovo film “Mulan” direttamente sulla piattaforma Disney+.
Dal prossimo 04/09, infatti, la pellicola sarà disponibile al prezzo di 29,99 dollari. Un prezzo apparentemente alto, ma che, secondo i vertici del gruppo, deve essere ripartita per il numero medio di quattro persone (7,5 dollari a testa, meno del costo di un biglietto al cinema).

Bene tv tradizionale e via cavo

Diversamente dagli altri settori, la tv tradizionale – ovvero Abc e gli altri broadcaster controllati – ha registrato una crescita nei ricavi del 12% (pari a 2,52 miliardi di dollari) e un ebit positivo per 477 milioni (+55% sul 2019). Ciò è stato possibile grazie ai minori costi di palinsesto e di marketing.
Anche la tv via cavo – Espn e Fx –  ha ottenuto buoni risultati, con un ebit positivo per 2,46 miliardi e 4 miliardi di ricavi (anche se in calo del 10% rispetto all’anno passato.
Il settore cinematografico – Pixar, Marvel, Star Wars, 20th Century Studios, National Geographic -, pur con le difficoltà descritte, ha ottenuto comunque ricavi per 1,73 miliardi (-55%) di dollari e un ebit positivo per 668 milioni (-16%), grazie allo stop di numerose produzioni.

Riduzione costi

Nonostante le opportunità che si vogliono cogliere con il comparto direct to consumer, sono stati affrontati sacrifici anche dalle parti di Mickey Mouse. Infatti, sono stati cancellati oltre 20 canali di proprietà nel mondo, i compensi dei manager sono stati ridotti del 50% e sono state licenziate circa 100 mila persone. (A.N. per NL)

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