In queste settimane l’Agenzia delle entrate sta ultimando una verifica fiscale nei confronti di Spotify, la nota piattaforma di streaming on demand. Sotto esame ci sono gli anni di imposta dal 2014 al 2019.
Nello specifico la società avrebbe dichiarato ricavi per oltre nove milioni di dollari, pagando imposte per soli 69 mila euro. Gli accertamenti riguardano l’assolvimento degli obblighi relativi all’imposta sul valore aggiunto e, più precisamente, l’applicazione del meccanismo del reverse charge.
Il meccanismo dell’inversione contabile
L’inversione contabile, o reverse charge, consiste nell’addebito dell’Iva a colui che acquista un determinato bene, ovvero a colui che riceve un determinato servizio. Normalmente il debitore dell’imposta sarebbe il fornitore o il venditore.
Nel caso in esame, la società Spotify Italia acquista i servizi dalla casa madre svedese che rivende ai consumatori italiani. Applicando il principio dell’inversione, la sede italiana risulterebbe il soggetto obbligato al pagamento dell’Iva.
Le verifiche dell’Agenzia delle entrate
Gli accertamenti tributari mirano a provare che Spotify avrebbe una stabile organizzazione in Italia e che sia questa, e non la sede italiana, il soggetto tenuto all’adempimento del pagamento dell’Iva. Infatti, le cessioni nei confronti di privati consumatori sono assoggettate all’imposta sul valore aggiunto nel Paese di residenza del consumatore finale. Da qui sarà necessaria l’identificazione diretta, oppure la nomina di un rappresentante fiscale, richiedendo l’adempimento direttamente alla società svedese.
Le verifiche in atto potrebbero, peraltro, dimostrare il superamento delle soglie per cui si applicano le norme del D. Lgs 74/2000 in materia di reati tributari.
I rapporti tra la casa madre e Spotify Italia
Dall’ultimo bilancio depositato dalla società italiana risulta che questa è interamente controllata da Spotify AB (la startup originaria), controllata a sua volta da Spotify Technology SA.
Inoltre si osserva che la divisione italiana si è occupata di servizi pubblicitari, display advertising, pubblicità audio e pubblicità video.
Non resta che attendere gli esiti dei controlli dell’Agenzia delle entrate per sapere se sarà provata o meno la stabile organizzazione in Italia, nonché la corretta applicazione del meccanismo del reverse charge. (A.N. per NL)