Il progetto fu reso noto sulle pagine di Sorrisi e Canzoni Tv il 4 agosto 1974, all’indomani della sentenza 226/1974 del 10 luglio dello stesso anno della Corte costituzionale, che dichiarò l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 (col quale era stato approvato il testo unico delle disposizioni legislative, in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nelle parti relative ai servizi di televisione via cavo.
Rete A 21 (dove A 21 stava per articolo 21 della Costituzione) nasceva da un’idea del vulcanico Peppo Sacchi, deus ex machina di Telebiella, la bomba ad orologeria innescata nel 1971 che tre anni dopo avrebbe fatto saltare in aria il monopolio RAI. Si trattava di interconnettere (presumibilmente a livello funzionale, cioè attraverso pizzoni preregistrati) 19 emittenti televisive via cavo (ormai legittimate all’esercizio dalla predetta decisione della Consulta) distribuite sul territorio nazionale (anche se in maniera ovviamente non uniforme e con diffusione limitata ai grandi centri urbani) per diverse ore al giorno, acquisendo programmazione comune finanziata da pubblicità nazionale e garantendo l’identità locale attraverso la restante programmazione giornaliera. Il debutto di Rete A 21 (che peraltro fu anche il nome dato al sindacato delle tv via cavo organizzato da Telebiella – nella foto un momento di un convegno) era previsto per l’8 ottobre 1974. Sacchi non si rendeva conto che aveva gettato il seme delle reti nazionali che avrebbe, di lì a qualche anno, ritenuto responsabili della distruzione delle tv locali.