Storia della Radiotelevisione Italiana. Toscana, 1973: Costa Etrusca Tv , prodromi via cavo di Telepiombino

Nell’aprile 1973 Ivio Barlettani (foto, corrispondente del quotidiano Il Telegrafo di Livorno e direttore del giornale Costa Etrusca di Piombino) e l’ingegner Ferrante Rossi (titolare del laboratorio di elettronica Intel) diedero il via alle trasmissioni ufficiali della televisione via cavo Costa Etrusca Tv, denominata poi Telepiombino.

Con loro c’erano anche Roberto Fidanzi, il commercialista Marcello Guastino, il direttore tecnico Mimmo Martinucci ed il primo cameraman e grande appassionato di elettronica Salvatore Stecca. L’emittente nasceva da una costola dell’omonimo giornale Costa Etrusca (che diventerà vero e proprio organo della tv via cavo italiana). In realtà, programmi sperimentali della stazione erano partiti già nel febbraio con la proiezione di cartoline della città, ricevute da una trentina di televisori allacciati via cavo posti in gran parte nei negozi del centro. L’emittente ottenne subito un grande successo: ogni sera allacciava circa 1800 utenti e metteva in onda tutto quanto era possibile trasmettere dalla sede di Corso Italia 95, al terzo piano di un palazzo dove si trovava anche la sede del quotidiano Il Telegrafo nel centro di Piombino (Livorno). Il videogiornale alle ore 19.15; le tavole rotonde sui problemi di attualità; le partite di calcio; i dibattiti sul sociale e le trasmissioni per i ragazzi furono il fiore all’occhiello della piccola emittente televisiva, tanto che anche la stampa nazionale dedicò spazi e un certo risalto alla iniziativa toscana. Il successo non bastò però a salvare Costa Etrusca Tv, il 4 maggio, dal decreto legge n. 156/1973 dell’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni Gioia, che metteva fuori legge tutte le stazioni via cavo sorte in Italia. Il giornale Costa Etrusca titolava: "Telecavo: sdegno unanime per la decisione del Governo. Le stazioni televisive "fuorilegge" con un improvviso decreto. Da oltre un mese "Costa Etrusca Tv" teneva banco a Piombino. Gran folla entusiasta davanti ai televisori di Corso Italia. Una nuova voce, libera e indipendente, nell’interesse della nostra città. Ancora una volta Parlamento e commissioni messi di fronte al fatto compiuto". Barlettani, unitamente a Peppo Sacchi (ideatore di Telebiella), al compianto Enzo Tortora e all’avvocato Dall’Ora, costituirono il primo comitato italiano per la liberalizzazione delle frequenze televisive. L’emittente il 16 maggio partecipò come osservatore alla 1^ assemblea della Federazione Italiana Editori Televisioni Via Cavo che si svolse a Venezia con altre 20 stazioni, prima di fermare i programmi per un anno. Nel periodo di pausa la sede venne spostata sul Lungomare Marconi a Salivoli e i tecnici riuscirono a collegare 1300 abitazioni. Con la dichiarazione di incostituzionalità del monopolio Rai in tema di trasmissioni via cavo su scala locale, la tv riaprì il 27 ottobre 1974. La prima pagina di Costa Etrusca diede l’annuncio, come al solito a tutta pagina: "Giustizia è fatta! Torna la libertà d’informazione con la Tv – cavo. Con la sentenza della Corte Costituzionale cade il bavaglio imposto dal Ministro Gioia. I successi delle trasmissioni di Costa Etrusca Tv". Tra i collaboratori entrarono anche Franco Barbaglia e Sergio Grassi e tra gli ospiti dei programmi informativi annoverò Valerio Biondi, Franco Visentini, Giuseppe Averardi, Enrico Berlinguer, Corrado Pani, Mario Carotenuto, Gino Bramieri, Alighiero Noschese. Godettero di seguito le interviste effettuate all’esploratore Ambrogio Fogar, quella al famoso apneista francese Jacques Maiol ed al cantante lirico in pensione Giovanni Gentili e le partite di calcio (che aprirono un contenzioso con la Lega Italiana Gioco Calcio). Con il via all’etere nel 1976 (a seguito della sentenza 202/1976 della Consulta) l’emittente cambiò il nome in Telepiombino e si convertì sul canale VHF H1 (il vecchio nome Costa Etrusca fu dato nel 1979 alla radio, che però ebbe incerta fortuna9. L’emittente chiuse nel 1981. Ivio Barlettani il 29 dicembre 1976 raccontò l’inizio dell’esperienza al collega Augusto Vivaldi de Il Telegrafo per la rubrica "Tv locali: chi sono, cosa fanno, cosa vogliono": "L’idea venne sulla scia di Biella. Se non sbaglio nel febbraio 1973. Come il Rag. Sacchi, decidemmo di mettere su una stazione via cavo. Allora i soci erano due: oltre al sottoscritto c’erano l’ing. Rossi Ferrante, un tecnico che aveva un laboratorio di elettrotecnica a Piombino. Partimmo con pochi fondi, cinque milioni. Andammo a Biella a vedere come era fatta una stazione Tv. Sacchi, che aveva fatto il regista alla Rai, era uno dei pochi in Italia che sapeva che cosa era una telecamera e ci insegnò diverse cose. Iniziammo con un registratore e una telecamera portatili; un quarto di pollice, quasi un giocattolo. Una stanza in corso Italia, proprio nel centro di Piombino, faceva da studio. Iniziammo i collegamenti, allacciando, appunto via cavo, una trentina di televisori, posti in gran parte nei negozi: dove insomma c’era sempre gente che poteva vedere le nostre trasmissioni. All’inizio facevamo vedere cartoline di Piombino; poi nel marzo ci fu il vero e proprio debutto. Un servizio su un ragazzo che era scappato di casa perché il padre voleva che si tagliasse i capelli e lui rifiutava. Insomma la gente cominciò a parlare della Tv toscana. Programmi precisi non ne avevamo. La sera un po’di notiziario locale. La domenica la partita del Piombino; a proposito siamo stati i primi a trasmettere una partita di calcio. Ebbe successo ma poi la Lega intervenne e allora le cose cambiarono. Siamo andati avanti fino al decreto Gioia, nel maggio mi sembra. Biella continuò a trasmettere; noi cessammo le trasmissioni continuando la battaglia sul piano giuridico. E, alla fine, la spuntammo perché la Tv cavo fu liberalizzata, in linea di massima, anche se non c’era una precisa regolamentazione. Abbiamo fatto altri acquisti di materiale audiovisivo, cavi coassiali per collegare altre abitazioni; nel frattempo ci siamo spostati di sede andando sul lungomare Marconi. Siamo riusciti a collegare con i nostri studi 1300 abitazioni. Inizialmente gli utenti pagarono, ventimila lire, ma poi ci siamo visti costretti a restituire i soldi a tutti. Perché noi allacciavamo il centralino di un palazzo: qualcuno era disposto a pagare altri no ma anche questi ultimi col sistema di allacciamento che facevamo potevano vedere le nostre trasmissioni. E quindi non era giusto che alcuni pagassero e altri no. Avevamo previsto un canone di cinquemila lire l’anno. Ma non c’è mai stata una regolamentazione e così non abbiamo mai incassato una lira. Volevamo collegare tutta Piombino, diecimila abitazioni, circa. Vennero rappresentanti di una ditta canadese e una svizzera, ci fecero preventivi. Alla fine ci dissero che per fare un allacciamento, diciamo professionale, occorreva un miliardo e 500 milioni. Trasmettevamo il solito notiziario, qualche inchiesta, partite e poi una volta alla settimana un film, però poi siamo partiti anche noi via etere. O meglio il nostro segnale veniva ripreso da un trasmettitore posto in città, che funzionava sulla terza banda, canale H-1. E siccome su questa frequenza a Piombino ci possono ricevere grazie all’antenna del primo canale Rai, i nostri programmi possono ora essere seguiti da migliaia di cittadini. Un buon 60-65 per cento della popolazione. E’ qui, forse, che abbiamo perso l’autobus. Eravamo rimasti gli unici ad illuderci che la Tv cavo potesse avere qualche successo: abbiamo perso un mucchio di tempo". (R.R. per NL)

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