Il 29 aprile 1971 in Piemonte nasce "Telebiella" via cavo, voluta da "Peppo" Sacchi (ex regista della Rai e giornalista amico di Dario Fo e Franca Rame) che la gestisce insieme alla moglie Ivana.
In uno stanzone pieno di fili, di macchine complicate, di luci e di quinte, fra giornalisti esperti e ragazzini appassionati promossi a cronisti, crescono giorno dopo giorno programmi di una vivacità e di una ricchezza informativa assolutamente sconosciute all’universo dei telespettatori italiani. Sacchi ha ottenuto da poco dal tribunale la registrazione del proprio notiziario come «giornale periodico a mezzo video», ma attende ad andare in onda: le trasmissioni ufficiali cominciano infatti solo il 15 dicembre 1972, allo scadere della convenzione tra lo Stato italiano e la Rai per la concessione in esclusiva dei servizi radiotelevisivi. Tra i suoi volti, la tv di Biella può contare su Daniele Piombi, il giovane Ezio Greggio, Fatma Ruffini, Enzo Tortora e Vanna Brosio, giusto per citare i nomi più noti. I pochi utenti sono collegati via cavo (3.000 metri di cavi trasportano i programmi agli apparecchi installati nelle strade, in piazza, sotto la galleria, in bar, ristoranti e abitazioni di privati) e la programmazione consiste esclusivamente in brevi notiziari. La Rai inizialmente sembra non dare importanza al fenomeno, ma ben presto sull’esempio di TeleBiella anche nel resto d’Italia partono iniziative analoghe, tutte ufficialmente basate sulla trasmissione “via cavo”. Da questo momento il tema della tv privata comincia ad assumere i toni di un vero e proprio scontro. Nel marzo del 1973 viene emanato il nuovo codice postale, il quale, riconducendo tutti i mezzi di comunicazione a distanza ad una categoria unica, sostanzialmente estende il monopolio pubblico a tutte le forme di trasmissione. Così anche la tv via cavo privata diventa illegale. Dal 29 aprile 1971 fino al 1° giugno del 1973, Telebiella è un laboratorio creativo incredibile. Almeno finché un oscuro funzionario del ministero delle Poste taglia e sigilla il cavo centrale che instrada sulla piccola rete di distribuzione il segnale dell’emittente, divenuta fuorilegge con un decreto del ministro Giovanni Gioia. Ma la chiusura per decreto non piega Sacchi, che accoglie l’ispettore – immortalato con emblematici occhiali scuri – che avrebbe bloccato la messa in onda negli studi, con il pubblico presente e le telecamere in funzione, attribuendo all’intervento del governo la valenza ideologica di un attentato alla libertà di informazione (cfr. il filmato storico della chiusura di Telebiella su YouTube). Sacchi, come detto, non si dà per vinto e coinvolge nella difesa della sua stazione avvocati e testimonial illustri, come uno dei suoi più validi collaboratori: il volto notissimo della Tv nazionale Enzo Tortora. Con tenacia, stimola attraverso il pretore di Biella l’intervento della Corte costituzionale che, un anno dopo, nel luglio del 1974, si pronuncia a favore della piccola tv libera (e delle tante altre nel frattempo nate sulla sua scia), sentenziando l’illegittimità del monopolio RAI nella radiodiffusione via cavo. Ma la lotta non è affatto finita: Telebiella, il 6 maggio 1975, subisce un secondo sequestro, in occasione del suo sbarco via etere. Sacchi riprende la via giudiziaria ed anche in questo caso l’ha vinta: le tv locali, con la sentenza 202/1976, possono trasmettere anche via etere. Telebiella riprende le trasmissioni ed affronta i difficili anni a venire con l’esplosione di una concorrenza a cui forse non era preparata. Così dopo un periodo di assoluta indipendenza, negli anni ’80 sceglie la strada dell’affiliazione alle reti regionali o interregionali, come Videogruppo e Primantenna. E’ il preludio della cessione del marchio, avvenuta nel 1986 al GAT del mobiliere Giorgio Aiazzone. Il marchio si stempera in altri loghi e negli anni a seguire si succedono diversi passaggi societari. Nel 1992 una rediviva Tele Biella inoltra al Ministero delle Telecomunicazioni la richiesta di concessione che viene accolta, ma, l’emittente fallisce per oltre un miliardo di debiti. L’11 dicembre 1992 viene nominato un curatore giudiziale l’8 dicembre 1992 la stazione chiude. Nel marzo del 1993 la testata viene messa all’asta ed acquistata dalla novarese Pirenei srl, che la ribattezza Rete Biella. Sacchi, però, non si arrende ed apre un’agenzia giornalistica e una scuola per tecnici televisivi a Gaglianico, piccolo comune poco distante da Biella, e alla fine degli anni ’90 dà vita ad una nuova Tele Biella che opera a livello provinciale con la forma giuridica di un’associazione onlus, sbarcando sul web dove tuttora è possibile seguirla. Dopo quarnt’anni dagli esordi. (R.R. per NL)