Radio Libera Partinico nasce alle ore 19 del 25 marzo 1970 nei locali del Centro Studi ed iniziative di Partinico (Palermo) su iniziativa di Danilo Dolci, Franco Alasia, Pino Lombardo e Antonino Uccello.
Con due trasmettitori militari riadattati ed alimentati da un generatore a benzina, i pirati trasmettono clandestinamente notizie e documentari fonici e raccontano le disgrazie dei terremotati del Belice, dello Jato e del Carboni. Le trasmissioni hanno luogo in modulazione di frequenza (sui 98.5 MHz) e in onde corte sulla lunghezza d’onda pari a m 20.10; scelta, questa ultima, che consente un ascolto in vaste aree del territorio italiano e all’estero (pare persino negli Stati Uniti). "Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza. Siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo, ascoltate: si sta compiendo un delitto di enorme gravita’, assurdo. Si lascia spegnere una intera popolazione. La popolazione delle valli del Belice, dello Jato e del Carboi, la popolazione della Sicilia occidentale non vuole morire". Si aprono cosi’ le trasmissioni di "Radio Libera". Dal terrazzino di palazzo Scalia un’antenna lancia nell’etere il grido di denuncia di Danilo Dolci (nella foto con Peppino Impastato, che sei anni dopo avrebbe ripetuto l’esperienza con Radio Aut), intervallato da segnali di "Sos" in alfabeto Morse realizzati al flauto da Amico Dolci (il figlio di Danilo) per "difendere la vita delle popolazioni delle zone terremotate". La programmazione comprende una serie di documenti audio e testimonianze raccolti su nastri preregistrati (qui per ascoltare l’audio originale), che vanno in onda a ciclo continuo: un appello all’opinione pubblica nazionale e internazionale (durata: 19′); la voce della gente delle Valli Belice, Jato e Carboi (bambini, donne, agricoltori, sindaci, sindacalisti, medici, educatori) (durata: 75′); il punto esatto sulla mancata ricostruzione: inadempienze e responsabilita’ (durata: 25′); il poema ‘Il limone lunare’, con musiche per flauto dolce di Alessandro Scarlatti) (durata: 60′); alcuni messaggi di solidarieta’ provenienti da tutto il mondo e una canzone popolare con versi di Ignazio Buttitta (durata: 15′). Le testimonianze della popolazione terremotata e abbandonata colpiscono per la loro semplicita’ e durezza. Ma la sera del giorno successivo, 26 marzo, verso le ventidue e trenta arrivano, con uno spiegamento grande tanto l’indignazione che determineranno, le forze dell’ordine che subito spengono la radio, sequestrando tutto. Le trasmissioni sono durate soltanto 27 ore. La notizia si sparge con una velocita’ incredibile e con grande sorpresa il piazzale davanti a palazzo Scalia alle ventitrè si riempie di giovani disposti a fare una barriera umana per cercare di impedire in qualsiasi modo che gli ideatori vengano arrestati. Solidarietà immane che però non manderà indenni i pionieri dell’emittenza libera dall’inevitabile procedimento penale per violazione delle norme del codice postale. Giudizio che, in un primo grado rapido, si concluderà sfavorevolmente agli imputati. Dolci e Alasia appelleranno la sentenza di primo grado con esito negativo e nel luglio 1973 saranno condannati in via definitiva dalla Corte di Cassazione rispettivamente a 2 anni e 1 anno e mezzo (pena condonata). Ma il dado della libera radio nel libero stato era tratto. (R.R. per NL)